20/06/2025, 12.03
IRAN - AFGHANISTAN
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Giornata del rifugiato, l'appello: 'Gli afghani in Iran vivono nella paura e nell’abbandono'

Maryam Marof Arwin, fondatrice del Purple Saturdays Movement, denuncia su AsiaNews le condizioni spesso disumane dei profughi afghani in Iran, aggravate dai recenti bombardamenti israeliani nei quali si conta già almeno una vittima tra chi è fuggito da Kabul. Donne, bambini, dissidenti e attivisti rischiano la vita se rimpatriati, ma anche in esilio affrontano fame, precarietà e discriminazioni. “Serve una collaborazione tra difensori dei diritti umani e il rispetto del diritto umanitario”, dice l'attivista.

Kabul (AsiaNews) - “Anche prima dei recenti attacchi israeliani sul territorio iraniano, i rifugiati afghani, in particolare donne e bambini, vivevano in condizioni estremamente difficili e disumane”. A spiegarlo ad AsiaNews è Maryam Marof Arwin, presidente di Purple Saturdays Movement, un’organizzazione che si batte per i diritti delle donne e delle minoranze perseguitate. “Discriminazione sistematica, privazioni, la costante paura del rimpatrio forzato e l’umiliazione quotidiana erano la norma”.

Oggi, 20 giugno, mentre il mondo celebra la Giornata mondiale del rifugiato, l’attenzione si sposta ancora una volta su coloro che sono stati costretti a lasciare le proprie case in cerca di sicurezza. Ieri un ragazzo afghano di 18 anni, Abdul Wali, è rimasto ucciso nei bombardamenti israeliani contro Teheran. Secondo le informazioni raccolte da agenzie locali, si era recato in Iran sei mesi prima alla ricerca di opportunità lavorative. 

Dopo il ritorno al potere dei talebani, nel 2021, la situazione economica e umanitaria è precipitata. Le agenzie internazionali stimano che almeno 22,9 milioni di persone – quasi la metà della popolazione totale di 46 milioni – avranno bisogno di assistenza umanitaria quest’anno. Circa il 30% della popolazione si trova in situazione di insicurezza alimentare acuta e circa 3,5 milioni di bambini soffrono di malnutrizione.

Iran e Pakistan, che ospitano il maggior numero di rifugiati afghani, dal 2023 hanno cominciato a rispedire indietro i profughi, aggravando ancor più la crisi umanitaria. Non si conosce il numero esatto di afghani presenti in Iran: l’UNHCR e il governo iraniano suggeriscono che ci siano tra 3 e 5 milioni di afghani in Iran, di cui circa 780.000 sono rifugiati registrati e il resto sono non documentati o detentori di permessi di soggiorno temporanei. 

Gli afghani sono anche la nazionalità più rappresentata nelle carceri iraniane (il 95% dei detenuti stranieri) dove vengono trattenuti con le accuse di traffico di droga, furto e attraversamento illegale del confine. Secondo l’Iran Human Rights Organization, nel 2024 è stata eseguita la condanna a morte di 80 afghani e almeno altri 25 hanno incontrato la morte nei primi mesi di quest’anno.

Maryam Marof Arwin, che nel 2017 aveva fondato anche l’ong Afghanistan Women’s and Children Strengthen Welfare Organization (AWCSWO), spiega che molti rifugiati sono stati costretti a fuggire dagli attacchi israeliani spostandosi in altre aree dell’Iran. Si tratta perlopiù di difensori dei diritti umani, donne che si oppongono al regime oscurantista dei talebani, giornalisti ed ex membri dell’esercito afghano con le rispettive famiglie. Tutte persone che metterebbero in pericolo la loro vita e quella dei loro cari se tornassero in Afghanistan: “Queste persone affrontano le gravi condizioni umanitarie e di sicurezza più gravi. Molti non hanno accesso neanche alle necessità più basilari, come acqua potabile, cibo, cure mediche e un riparo adeguato”, denuncia Arwin.

Il Purple Saturdays Movement ha fornito un modesto aiuto, riuscendo a ricollocare alcune donne afghane da Teheran ad altre città come Karaj, dopo aver raccolto circa 2,5 milioni di toman iraniani (41,60 dollari USD) per coprire i bisogni immediati. Tuttavia, questo è solo un palliativo. “È una piccola somma, e la situazione generale rimane estremamente critica e allarmante”, afferma Arwin. “I rifugiati afghani in Iran, in particolare le famiglie a cui siamo stati in grado di fornire un limitato sostegno finanziario, stanno attualmente vivendo in uno stato di paura, ansia e abbandono. Sono famiglie che sono fuggite dai talebani con grande speranza e sono riuscite a trovare un riparo minimo in Iran”.

Il Purple Saturdays Movement nasce in Afghanistan due giorni dopo la presa di Kabul da parte dei talebani, il 17 agosto 2021. Maryam Marof Arwin, che ha organizzato anche alcune proteste di donne contro i talebani, ritiene che “l’unico modo per superare l’attuale situazione, specialmente per le donne, i gruppi etnici vulnerabili e le minoranze religiose, sia attraverso una resistenza strategica, intellettualmente fondata e organizzata, volta a indebolire il regime talebano e la sua ideologia estremista”.

Spiegando il significato del nome, la presidente ci dice che “il sabato simboleggia un nuovo inizio, mentre il viola per noi è il colore della speranza e della forza. per cui i ‘purple saturdays’ vogliono rappresentare un rinnovato slancio di speranza all’apice della disperazione”. In che senso l’apice della disperazione? “Dopo la presa dell’Afghanistan da parte dei talebani, un profondo senso di disperazione ha avvolto il Paese, in particolare le sue donne. Molte credevano che avessimo solo due opzioni: fuggire dall'Afghanistan a qualsiasi costo, oppure restare e diventare cittadine obbedienti sotto il dominio talebano. Abbiamo scelto una terza strada: non siamo fuggite né ci siamo arrese. Abbiamo superato il momento buio della disperazione e abbiamo deciso di restare in Afghanistan per resistere”.

Il gruppo, oggi è composto da sette comitati specializzati che spaziano dalla salute e lo sport alla leadership politica delle donne, dall’arte e cultura alla mobilitazione nazionale contro i talebani, fino alla protezione dei gruppi etnici vulnerabili, delle minoranze religiose, dei giornalisti dissidenti e del personale che faceva parte del precedente governo afghano. Le loro attività si estendono alla protezione di bambini, rifugiati e tutti coloro che sono stati colpiti dalle politiche repressive dei talebani. 

“Una donna afghana in Iran ci ha detto di aver lasciato la sua casa per sopravvivere, ma ora teme di morire di fame e senza un tetto. E ha detto che la sua vita è diventata insopportabile perché la paura ha messo radici da ogni parte. Come Purple Saturdays Movement ci stiamo impegnando a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa doppia vittimizzazione, dove coloro che sono fuggiti dalla guerra e dalla violenza in Afghanistan si trovano a fronteggiare nuove sofferenze in Iran”.

L’appello di Maryam Marof Arwin è di pace e solidarietà e rivolto a tutti gli attivisti per i diritti umani in Afghanistan, Iran e Israele, “affinché si uniscano per proteggere le vite dei civili e delle vittime di guerra e sfollamento forzato”, dice. “Serve uno sforzo collettivo, regionale e umano per sostenere i rifugiati afghani in Iran”. Mentre alle Nazioni unite chiede che “prendere di mira i civili costituisca ancora un crimine di guerra secondo i principi del diritto internazionale umanitario”.

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