31/08/2020, 08.19
EDITORIALE
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Gli Istituti Confucio e il dialogo Oriente-Occidente

di Bernardo Cervellera

Nati nel 2004 per diffondere lingua e cultura cinesi, gli Istituti Confucio sono sospettati di spionaggio industriale, di influenzare la politica dei Paesi ospitanti e di tacere su problemi scottanti: Tiananmen, Tibet, Taiwan, Uiguri, le questioni di libertà religiosa. Il silenzio in Italia sulle manifestazioni di Hong Kong e sulle repressioni della polizia. Il divieto di libri e cultura occidentale nelle università cinesi. L’accordo sino-vaticano dovrebbe chiedere che le università pontificie aprano spazi “cattolici” nelle università cinesi.

Roma (AsiaNews) - Alcuni dissidenti cinesi all’estero hanno chiesto alla University of Western Australia (UniWA) di Perth di permettere loro di parlare della loro personale esperienza sul massacro di Tiananmen, di cui sono stati testimoni diretti nel 1989, quando l’esercito cinese ha travolto studenti e operai con carri armati e fucili, uccidendo fra le 200 e le 2mila persone.

Secondo il Scmp (25/08/2020), giorni prima, parlando con la televisione australiana ABC, la direttrice dell’Istituto Confucio presso l’UniWA, Jiang Ying, aveva detto che sarebbe stata felice di ospitare per una discussione alcuni dissidenti per affrontare un problema così sensibili, di cui si tace in Cina e di cui molti giovani cinesi non sono a conoscenza. La proposta dei dissidenti è un tentativo per costringere la dott.ssa Jiang Ying a passare dalle belle parole davanti alla tivu ai fatti. Secondo resoconti di giornali, dopo quella proposta, la dottoressa non si fa trovare nemmeno al telefono.

L’episodio ha scatenato nuovi interrogativi sugli Istituti Confucio. Nati nel 2004 sotto l’egida dell’Ufficio di propaganda del Partito comunista cinese, essi hanno il compito di diffondere la lingua e la cultura cinesi all’estero. Vista l’importanza della Cina sullo scacchiere mondiale, e disponendo di enormi mezzi finanziari, questi istituti si sono diffusi in tutto il mondo: al presente vi sono oltre 500 istituti, dei quali 12 in Italia. Essi riescono a diffondere un’immagine positiva e attraente della Cina, presentando i successi economici, le conquiste moderne, ecc. Ma vi sono alcuni temi di cui non si parla per nulla: Tiananmen, Tibet, Taiwan, Uiguri, le questioni di libertà religiosa.

Ho avuto l’occasione di parlare con alcuni giovani usciti dall’istituto, che hanno perfino compiuto degli stage in Cina. Ma da loro non ho ricevuto alcuna riflessione su quali problemi viva la Cina contemporanea: “Tutto è bello, tutto è solido… forse c’è qualche contraddizione, ma non saprei quale”.

La professoressa di un Istituto Confucio del Nord Italia è famosa perché quando si parla di persecuzione religiosa dei cattolici (vescovi imprigionati, preti uccisi, fedeli in prigione, …), riassume queste esperienze drammatiche in una parola diminutiva: “difficoltà”.

Gli Istituti Confucio sono da tempo sospettati di diffondere non solo una visione benevola e acritica verso la Cina, ma anche di svolgere influenze sulla politica della nazione ospitante per favorire la Cina, e di praticare spionaggio industriale. Lo scorso novembre, il Comitato parlamentare britannico per gli Affari esteri, ha presentato un rapporto in cui evidenzia che attraverso gli Istituti Confucio, la Cina si sta infiltrando nelle università del Regno unito, fino a minacciare la “libertà accademica”. In Italia ha fatto scalpore il fatto che gli Istituti e i professori ad essi collegati siano stati in silenzio davanti alle manifestazioni della popolazione di Hong Kong e alle violenze della polizia.

Certo, anche gli Istituti Confucio sono caduti nel tritacarne del braccio di ferro fra Cina e Stati Uniti, per cui gli Usa li hanno definiti come una “missione straniera”, una specie di dipartimento distaccato del ministero degli Esteri di Pechino.

Prima di preoccuparci di schierarci per l’una o per gli altri, sarebbe importante utilizzare gli istituti Confucio e le università come un vero ponte culturale fra oriente e occidente, senza chiusure ideologiche a priori. Ad esempio, sarebbe importante che nelle università cinesi ci siano uffici di università estere che abbiano possibilità di tenere rapporti e colloqui con gli studenti cinesi. Alcune università Usa hanno aperto degli “American corners”, ma a quanto pare, le autorità “rendono impossibile agli studenti cinesi di parlare con gli americani”.

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