09/10/2025, 08.53
RUSSIA
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Gli effetti a catena del discorso di Putin a Soci

di Vladimir Rozanskij

Di fronte alle posizioni sempre più radicali del presidente nella contrapposizione con l'Europa, i comunisti sperano di ritrovare un ruolo centrale nella politica russa, uscendo dal dominio assoluto del partito putiniano Russia Unita, e in concorrenza con i liberal-nazionalisti del partito Ldpr, i “populisti di destra” della politica nazionale.

Mosca (AsiaNews) - Il discorso del presidente russo Vladimir Putin al centro internazionale Valdaj di Soči dello scorso 2 ottobre è stato minuziosamente analizzato da molte realtà politiche e sociali della Russia, tra cui il Centro per le ricerche di cultura politica della Russia Zipkr, fondato nel 1989 dai migliori politologi sovietici alla fine del regime, e il dipartimento del partito comunista Kprf per l’organizzazione delle campagne elettorali. I comunisti sono convinti che le valutazioni di Putin sulla politica estera sono destinate a diventare sempre più radicali, e questo sviluppo incontra tra di essi un grande favore.

I politici russi di sinistra hanno notato nel discorso presidenziale alcuni accenni a possibili cambiamenti anche nelle prospettive di politica interna, che potrebbero portare ad un grande “repulisti” dei tanti burocrati adagiati da troppo tempo sulle poltrone del potere, e magari anche delle “quinte colonne” che frenano la realizzazione dei grandi piani della Russia. Le analisi dello Zipkr hanno evidenziato una trasformazione delle visioni di geopolitica di Putin nelle frasi “dalla concorrenza al confronto dei principi”, “dalle illusioni ideologiche alle lezioni storiche” e “dalla filosofia al pragmatismo”.

Il cambiamento viene visto soprattutto nel fatto che Putin ha sempre criticato e rimproverato l’Occidente per vari motivi, mentre ora lo accusa apertamente, a cominciare dall’Unione europea, di mettere in pericolo la stabilità dell’ordine mondiale. I comunisti ricordano molte citazioni dei discorsi presidenziali degli anni passati, che si evolvono sempre più in questa dimensione accusatoria, soprattutto a cominciare dal 2022 quando l’invasione dell’Ucraina è stata giustificata come “difesa dalle aggressioni occidentali”.

I comunisti e i politologi concordano che Putin ha inteso dimostrare che “la Russia sta cercando di ottenere dall’Occidente delle proposte di incontro e dialogo, con termini sempre più incalzanti, ma senza radicalizzare le azioni”. Le conclusioni degli analisti si concentrano sul fatto che nel discorso di quest’anno Putin abbia inteso “trarre le conclusioni di anni di geopolitica, soprattutto in seguito agli eventi bellici, in cui le posizioni fondamentali rimangono stabili, ma si evolvono dalla critica analitica del 2022 alla retorica della mobilitazione e della missione della Russia nel 2024-2025”.

Risulta evidente la critica dell’ordine mondiale globalista, anche se ormai non si usa più il termine desueto del “capitalismo”, sostituito nei discorsi con la “globalizzazione neo-liberale”, il “neocolonialismo” e “l’ordine liberale”, al posto delle abituali concezioni ideologiche condannate ai tempi sovietici. Rimane comunque attuale il tema della rovina dell’Urss, che da semplice riconoscimento del fatto come “la più grande tragedia del XX secolo” diventa una critica molto severa sugli “errori storici” che hanno condotto ai conflitti attuali.

I comunisti insistono sulla necessità di combattere i “traditori interni” al Paese, riferendosi alle critiche di Putin alla “casta burocratica” che frena tutte le iniziative e le azioni, compresa la strategia di unione con la Cina, che non decolla per le lungaggini relative alla realizzazione del gasdotto “Forza della Siberia-2” e di altri importanti progetti. Questi accenni di Putin possono essere interpretati a vari livelli, non solo intorno ai vertici del Cremlino, ma anche rispetto ai funzionari regionali e di tante istituzioni statali e sociali in tutta la Russia.

I comunisti sperano di ritrovare un ruolo centrale nella politica russa, uscendo dal dominio assoluto del partito putiniano Russia Unita, e in concorrenza con i liberal-nazionalisti del partito Ldpr, i “populisti di destra” della politica nazionale. Il discorso del presidente conferma la concezione fondamentale della “fortezza assediata” che deve essere salvata dal “Sud-Oriente globale”. Ma cercando di aprire le porte a tutte le forze disponibili a entrare in questa fortezza, da Trump ai tanti partiti solidali dell’Europa come l’Ungheria e la Slovacchia, a cui nei giorni scorsi si è aggiunta la Cechia di Babiš, per non parlare della crisi politica in Francia e della crescita della destra filo-putiniana di AfD in Germania.

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