13/01/2009, 00.00
LIBANO – ISRAELE – PALESTINA
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Guerra a Gaza: esili risultati e un alto prezzo di sangue

di Fady Noun
Il conflitto fra Israele e Hamas sembra in uno stallo. Per il Kadima c’è qualche vittoria e maggiori consensi in vista delle elezioni; per Hamas c’è la “vittoria” di essere sopravissuti. E a pagare è la popolazione civile.

Beirut (AsiaNews) – Tutti gli esperti militari vi diranno che il grande pericolo nella situazione attuale a Gaza, sta nel fatto che i due attori del conflitto si sono messi nella peggiore posizione e che non possono più tirarsi indietro senza perdere la faccia.

Ma possono andare avanti? Un esperto militare libanese afferma che con le spalle al muro, Ismail Haniyeh – primo ministro di Hamas – sa che si gioca il tutto per tutto. Dopo aver visto le sue istituzioni annientate rinunciare a proseguire significa perdere credito sul piano politico e militare. Per lui, andare avanti significa impedire a Israele di vincere, trascinando nel tempo il conflitto e facendo leva sulla pressione psicologica dell’opinione pubblica mondiale per ottenere la fine dell’offensiva.  

In parallelo, Hamas fa di tutto per attirare l’esercito israeliano in una vera e propria guerriglia urbana, in cui esso non potrà più utilizzare la sua artiglieria pesante o l’aviazione, a causa della vicinanza dei due fronti in lotta. Nelle strade di Gaza Hamas risulterà vincitore, anche se le perdite palestinesi, in termini di vite umane, saranno alte.

Dall’altra parte, il governo israeliano tentenna. Esso è consapevole che una offensiva contro i bastioni urbani di Hamas “non sarà una semplice passeggiata”, per citare un eufemismo ben noto. In altri termini, essa sarà costosa sul piano umano.

L’esitazione di Israele è evidente sul terreno. Dopo aver conquistato le strade principali, questa armata non ha compiuto alcun progresso fra le viuzze di Gaza. Si accontenta di lanciare brevi attacchi contro alcuni punti nevralgici dei bastioni di Hamas, dove è costretta - per raggiungere i suoi scopi - a distruggere praticamente tutti gli edifici, con perdite di civili che fan venire il crepacuore. Per Israele, questa tattica ha un doppio vantaggio: dà l’illusione di un progresso nell’avanzata e si conclude con perdite assai limitate in termini di vite umane. Una vasta offensiva significherebbe elevate perdite in vite umane per Israele e un esodo massiccio o persino il genocidio per la popolazione di Gaza.  

In questa situazione, come interpretare la chiamata dei riservisti? Secondo la fonte già citata prima, questa chiamata serve a controbilanciare l’effetto prodotto sull’avversario dai negoziati in corso al Cairo, dove si stanno riunendo le principali diplomazie internazionali. Il “messaggio” è dunque duplice: militare e diplomatico. L’esperto sottolinea che questo avvertimento non intimidisce Hamas: per modificare l’equilibrio militare, i riservisti debbono essere ben addestrati, ciò che non è il caso, come  la guerra del 2006 in Libano ha dimostrato con ampiezza.

Come si vede, la situazione è un rompicapo per i mediatori che tentano di trovare una via d’uscita al conflitto che possa risolversi in una doppia vittoria (una situazione “win-win”) o almeno un pareggio: la vittoria di Israele sarà quella di aver raggiunto alcuni dei propri obiettivi (e, al margine, qualche voto in più alle prossime elezioni per il partito al governo, cresciuto nei sondaggi);  quella di Hamas sarà di aver impedito a Israele di raggiungere tutti i suoi obiettivi e, in particolare, quello di eliminarlo. L’Egitto si augura di raggiungere un cessate-il-fuoco a Gaza entro la fine della settimana. La domanda che emerge è la seguente: per arrivare a questo punto, erano davvero necessari tutti questi morti, feriti, questa indicibile sofferenza?

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