19/11/2008, 00.00
CINA
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Guerriglia urbana a Longnan. Coprifuoco e strade sbarrate

In 10mila sono scesi in piazza per difendere i diritti di poche decine di persone. La gente, vessata da autorità e grandi imprese, senza mezzi per tutelare i diritti, sempre più spesso protesta e trova la solidarietà di migliaia di scontenti. Crisi economica e disoccupazione rendono la situazione esplosiva.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Sono proseguite con maggior violenza le proteste ieri a Longnan (Gansu), con scontri tra circa 10mila persone e la polizia, decine di automobili incendiate e oltre 60 feriti. Oggi nella zona regna una calma innaturale, dopo che è stato ordinato il coprifuoco notturno e sono state chiuse grandi vie e centri commerciali. Intanto su internet circolano filmati degli scontri.

Le proteste sono iniziate 2 giorni fa a sostegno di 30 residenti del piccolo centro di Dongjiang, cacciati dalle case nel 2006 e da allora in ripari precari, che hanno chiesto al governo di Longnan di onorare la promessa di avere un’altra abitazione. Oltre 2mila persone sono scese in piazza, si sono scontrate con la polizia, hanno devastato 2 palazzi pubblici. Le proteste sono continuate ieri e la notte centinaia di poliziotti sono rimasti schierati per controllare le migliaia di persone ancora in strada. E’ una zona molto povera, dove il terremoto del 12 maggio ha causato 1,8 milioni di senzatetto e la ricostruzione ritarda.

L’episodio, con la folla che prende le difese di cittadini vessati dalle autorità, è solo una delle molte proteste per la violazione di fondamentali diritti civili. La popolazione, priva di mezzi per ottenere giustizia e persino del diritto di protestare, come ultima possibilità di far valere i suoi diritti scende in piazza, dove coagula il sempre più diffuso malcontento. La polizia interviene a difendere persino gli interessi delle grandi ditte, protette da funzionari locali. Come a Tonggu (Jianxi) il 24 ottobre, quando in migliaia hanno protestato contro una ditta che tagliava il loro bosco e si sono scontrati con la polizia, con decine di feriti e auto date alle fiamme. O a Jishou (Hunan) con oltre 10mila che si scontrano con la polizia per protestare contro espropri di terreni. O il 7 novembre a Shenzhen quando in centinaia sono scesi in strada perché la polizia ha sparato e ucciso un motociclista a un posto di controllo, come pure il 17 luglio nella contea Boluo (Huizhou nel Guangdong) sempre per la morte di un motociclista, in entrambi i casi con gravi scontri e auto della polizia incendiate o distrutte.

Hu Xingdou, professore di economia all’Istituto di Tecnologia di Pechino osserva che “il governo locale è diventato la prima linea dello scontro”.  Il malcontento si accresce con la crisi economica,  l’aumento dei prezzi e la crescente disoccupazione. Per ora Pechino, tramite il ministro alla Pubblica sicurezza Meng Jianzhu, si è limitata a raccomandare alla polizia “di essere ben consapevole dei problemi causati dalla crisi finanziaria globale e di far quanto possibile per mantenere la stabilità sociale”.

Ma si cercano anche altre vie: alle ditte dello Shandong e dell'Hubei è stato ordinato di chiedere “un’autorizzazione ufficiale” per licenziare più di 40 persone, dopo che nel solo Shandong già circa 700mila persone hanno perso il lavoro nel 2008. Nel Guangdong hanno già chiuso decine di migliaia di fabbriche e in molte altre il salario è stato ridotto del 25%: spesso troppo poco per vivere.

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