28/11/2005, 00.00
CINA
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Harbin: le "bugie a fin di bene" del governo cinese preoccupano il mondo

Ripristinate le forniture d'acqua in città, ma consigliato non usarle ancora per bere o lavarsi. "Scuse ufficiali" alla Russia. Il mondo si interroga sulla "abitudine" dei governi cinesi a tacere la verità e non dare notizie.

Harbin (AsiaNews/Scmp) - La massa d'acqua tossica ha superato Harbin e scorre verso la Siberia. Ma cresce la polemica sulle "bugie" dei governi cinesi e sul tentativo di risolvere tutto con ammissioni tardive e scuse formali.

Oggi è ripreso l'approvvigionamento idrico della città (300 mila tonnellate d'acqua al giorno). Ma le autorità avvertono che l'acqua non è idonea per il consumo umano o per fare il bagno: occorre prima vedere se ci siano residui di nitrobenzene. Vi è il rischio che le sostanze tossiche siano rimaste nelle parti ghiacciate del fiume e che solo dopo il disgelo ogni pericolo sarà scongiurato.

Con riferimento alla previsione di riaprire l'acquedotto entro 4 giorni, Zhang Zuoji, governatore dell'Heilongjiang, ha dichiarato: "Il Partito comunista e il governo mantengono le promesse".

Nei media nazionali e di altri Paesi cresce la preoccupazione per la radicata abitudine dei governi cinesi a nascondere le cattive notizie. Le 100 tonnellate di sostanze tossiche sono finite nel fiume Songhua il 13 novembre scorso, ma l'annuncio ufficiale è arrivato dopo 10 giorni, durante i quali pubbliche autorità e responsabili della fabbrica hanno negato con decisione qualsiasi inquinamento. Anche ad Harbin si è negato l'inquinamento, che è stato ammesso solo dopo che la voce si era già diffusa in città creando panico. Le pubbliche autorità ritengono comunque legittimi e opportuni il silenzio e le menzogne. "Una bugia [detta] con buone intenzioni" - ha ripetuto Zhang ieri - poco grave perché "corretta entro 10 ore", "con il sostegno del governo centrale".

Tutto il mondo osserva che forse milioni di persone ignare hanno continuato per giorni a bere e pescare nelle acque tossiche. Questa vicenda contraddice le affermazioni di Pechino di volere agire con la massima trasparenza. Lo scorso settembre il governo centrale ha decretato che le morti causate per disastri naturali non erano più classificate come "segreto di Stato", la cui violazione è punibile con gravi pene.

Il black out nell'informazione, che molti media attribuiscono a pressioni dei governi locali, ha contribuito a rendere meno tempestivo ed efficiente l'intervento pubblico. Gli osservatori paragonano la vicenda a quanto accadde per la Sars nel 2003, quando Pechino per mesi negò l'esistenza del contagio (che colpiva centinaia di persone); quando lo ammise, chiese "scusa" al mondo. Anche in questi giorni la Cina, dopo avere nascosto la notizia, ha presentato - il 26 novembre tramite il ministro degli Esteri Li Zhaoxing - scuse ufficiali alla Russia, dove l'inquinato Songhua confluisce nell'Amur che attraversa la città di Habarovsk in Siberia. Il premier Wen Jiabao si è recato il 26 ad Harbin per assicurare il massimo interessamento e per promettere la punizione dei pubblici ufficiali che erano venuti meno al loro dovere. Ma ancora non è chiaro chi sia ritenuto responsabile. (PB)

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