14/07/2005, 00.00
ISRAELE - PALESTINA
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Il Muro che costruisce rabbia e disoccupazione

Voci da Gerusalemme est parlano delle minacce della barriera di "sicurezza", dello stato d'animo della gente e chiedono ai governi internazionali: "Mettete in agenda il problema economico legato al Muro, serio ostacolo alla pace".

Gerusalemme (AsiaNews) – Stili di vita e abitudini stravolte, la minaccia della disoccupazione e dell'emigrazione, famiglie divise e la perdita totale di una prospettiva futura, quando non si sa neppure se e a che ora si riuscirà a ad arrivare al lavoro. Sono solo alcune delle conseguenze che i palestinesi vedono nella costruzione del Muro di "sicurezza" a Gerusalemme est, il cui tracciato definitivo è stato approvato da Israele il 10 luglio scorso. AsiaNews ha raccolto più voci dalla città santa che all'unisono parlano di "un incubo senza risveglio, una catastrofe di cui è impossibile limitare i danni".

Il progetto del muro, da completare in pochi mesi, taglierà fuori dalla città 4 sobborghi arabi con circa 55 mila residenti, includendo invece decine di migliaia di insediamenti della West Bank.

Il sindaco israeliano di Gerusalemme, Uri Lupoliansky ha annunciato ad AsiaNews che "fondi per un milione e 700 mila dollari stanno per essere sbloccati per garantire l'incolumità di questi palestinesi".

Samuel Martin, responsabile della comunicazione per Caritas Gerusalemme, racconta lo stato d'animo tra la gente che vive ogni giorno come "in un perenne ingorgo di traffico". "Se non si ha la carta d'identità (ID) israeliana sei tagliato fuori dai servizi della municipalità: scuole, lavoro, ospedali, ma anche visite ad amici e parenti, tutto passa per i check point; arrivarci e superare poi i controlli richiede ore".

Secondo Martin, quello che prova la gente è ben visibile "negli occhi dei bambini", che aspettano per andare a scuola tutte le mattine alla fermata del bus: "Rabbia e tristezza si mischiano ed è pericoloso". "Il sistema dei check point - aggiunge – è una prigione, taglia qualsiasi stimolo, mina il concetto stesso di futuro, di programmare: non riesci a sapere neppure quanto impieghi ad andare a lavoro".

Il vice premier israeliano Ehud Olmert ha dichiarato che "ci saranno trasporti organizzati per i 3.655 scolari che si trovano al di fuori della barriera, i quali avranno uno speciale sistema di trasporti". Il ministro ha detto anche che si cercherà di trasferire nei quartieri rimasti fuori dalla barriera i servizi assistenziali, sanitari e almeno parte delle scuole.

Martin spiega, però, che il ricollocamento delle scuole interesserà per la gran parte gli istituti pubblici, il cui trasferimento è finanziato dal governo. "Sono molte, invece, le famiglie che scelgono di mandare i figli in scuole  private, che assicurano un'istruzione migliore, queste però non hanno i soldi per sostenere un ricollocamento e gli studenti avranno seri problemi per raggiungerle".

"In un villaggio alla periferia di Gerusalemme, Kufr Aqab – racconta il responsabile Caritas – ho parlato con vedove angosciate all'idea di figli a scuola a Gerusalemme e loro che non possono raggiungerli in caso di emergenza, se non impiegando ore".

Da tenere presente anche la portata delle conseguenze economiche della costruzione del Muro. Bernard Sabela, professore di Sociologia all'Università pontificia di Betlemme, evidenzia che il "Muro mina la cooperazione economica tra Israele e Palestina e si erge a serio ostacolo per il processo di pace".

"Israele ha bisogno di manodopera: l'assurdo è che andrà ad attingere da filippini o thailandesi  mentre dall'altra parte della barriera dilaga la disoccupazione".

Stessa preoccupazione arriva dagli abitanti del campo profughi di Chouafat, separati dagli altri abitanti di Gerusalemme. "Questo Muro provocherà un aumento della disoccupazione, perché molte persone del campo lavoravano dall'altra parte di Gerusalemme", dichiara ad AsiaNews Jamal Awad, un notabile locale.

Conseguenza diretta è l'emigrazione dei giovani palestinesi che "con salari da fame e precarietà preferiscono andare all'estero". Proprio su questo lavora la Caritas italiana a Gerusalemme. Il capoufficio per il Medio Oriente, Silvio Tessari, ha spiegato che l'organizzazione cattolica dà preferenza a progetti rivolti ai giovani per fornire loro educazione e centri di aggregazioni che li leghino alla loro terra".

Secondo Sabela la comunità internazionale deve lavorare per cercare di regolare l'economia che ruota intorno al Muro. "L'Unione Europea e le organizzazioni internazionali hanno il dovere di fissare una precisa agenda per risolvere il problema delle ripercussioni economiche che comporterà il Muro".
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