19/06/2025, 12.56
PAKISTAN - USA
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Il capo dell'esercito pakistano a Washington: diplomazia, interessi e ombre di guerra

Un incontro privato alla Casa Bianca tra Donald Trump e il potente feldmaresciallo pakistano Asim Munir riaccende i riflettori sul fragile equilibrio tra India e Pakistan dopo le tensioni in Kashmir. Mentre Modi prende le distanze, Trump si attribuisce ancora una volta il merito di aver evitato una guerra nucleare. Sullo sfondo si intrecciano molteplici interessi e il ruolo ambiguo del Pakistan tra Iran, Cina e Stati Uniti. 

Washington DC (AsiaNews) - L’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e il capo di stato maggiore dell’esercito pakistano Asim Munir sarebbe dovuto durare un’ora, ma si è invece protratto fino a due. Il primo ministro indiano Narendra Modi, che era stato invitato a prolungare la propria permanenza a Washington dopo il G7 in Canada, ha declinato l’invito, probabilmente temendo che Trump cercasse solo una “photo opportunity” per attribuirsi ancora una volta il merito di aver terminato il conflitto scoppiato tra India e Pakistan a maggio in seguito a un attentato in Kashmir.

Il feldmaresciallo Munir “era d’accordo con me. Il motivo per cui l’ho fatto venire qui è che volevo ringraziarlo per non essere entrato in guerra” con l’India, ha dichiarato Trump. “E voglio ringraziare anche il premier Modi, che se n’è andato pochi giorni fa. Stiamo lavorando a un accordo commerciale con India e Pakistan. Queste due persone molto intelligenti hanno deciso di non continuare una guerra che avrebbe potuto essere nucleare. Pakistan e India sono due grandi potenze nucleari”.

Il giorno prima dell'arrivo di Munir negli Stati Uniti, il sottosegretario agli Esteri indiano, Vikram Misri, aveva riferito della prima telefonata tra Modi e Trump dopo gli scontri del 7-10 maggio, sottolineando che, al contrario di quanto sostiene Trump, non c’è stata una mediazione da parte degli USA tra i due vicini dell’Asia meridionale: “I colloqui per la cessazione delle azioni militari si sono svolti direttamente tra India e Pakistan attraverso i canali militari esistenti e su insistenza del Pakistan. Il primo ministro Modi ha sottolineato che l’India non ha accettato la mediazione in passato e non lo farà mai”, ha ribadito Misri.

È la prima volta che un presidente statunitense invita alla Casa Bianca il capo dell’esercito pakistano che non sia anche capo di governo, come accaduto spesso in passato durante i periodi di dittatura militare. Asim Munir, già direttore dell’intelligence militare (che si occupa prevalentemente delle questioni interne) e poi dell’Inter-Services Intelligence (ISI, i famigerati servizi segreti per l’estero), è da tempo considerato l’uomo più potente del Pakistan. I recenti successi militari nello scontro con l'India hanno consolidato la sua posizione, eliminando la necessità di rovesciare il governo civile, oggi guidato dal premier Shahbaz Sharif. Si tratta di una dinamica iniziata in seguito alla deposizione dell’ex premier Imran Khan, in carcere da quasi due anni.

La portavoce della Casa Bianca Anna Kelly ha dichiarato che Trump stava ospitando il feldmaresciallo Munir dopo che quest'ultimo aveva chiesto che il presidente venisse candidato al premio Nobel per la pace per aver impedito una guerra nucleare tra India e Pakistan. Tuttavia, il quotidiano in lingua inglese Dawn sostiene che l’incontro non sia stato organizzato attraverso i consueti canali diplomatici, ma sia stato piuttosto il risultato di “sforzi poco convenzionali” da parte di un gruppo di consiglieri, uomini d'affari e altre figure influenti.

Non è chiaro quanto c’entri la guerra attualmente in corso tra Israele e Iran: i pakistani “conoscono l’Iran molto bene, meglio di chiunque altro, e non sono contenti di nulla. Non è che siano cattivi con Israele. In realtà li conoscono entrambi, ma conoscono meglio l’Iran”, ha affermato Trump.

Come ha scritto l’analista Michael Kugelman su X, l’incontro tra Trump e Munir “non dovrebbe essere visto solo attraverso la lente della guerra tra Israele e Iran. C’è stato un impegno tra Stati Uniti e Pakistan su minerali critici, criptovalute e controterrorismo. Trump nutre un profondo interesse personale per tutti questi argomenti. E Munir ha il potere di parlarne. Anche sul Kashmir”. Di recente il Pakistan ha consegnato agli Stati Uniti un membro dello Stato islamico della provincia del Khorasan (IS-K) ritenuto responsabile dell’uccisione di una decina di soldati americani durante il ritiro statunitense dall’Afghanistan, e il generale Michael Kurilla, capo del Comando centrale degli Stati Uniti, nelle ultime settimane aveva elogiato la “partnership fondamentale” con l’esercito pakistano in chiave anti-terroristica in Afghanistan, nonostante l’81% delle armi in dotazione alle forze armate del Pakistan vengano importate dalla Cina. Pechino ha di recente mediato un incontro con i ministri degli Esteri di Pakistan e Afghanistan, concordando di collaborare in chiave anti-terroristica ma anche di espandere i progetti infrastrutturali parte del Corridoio economico tra Cina e Pakistan.

Ma il Pakistan condivide anche un lungo confine con l’Iran (dove vive soprattutto la popolazione di etnia beluci) e le relazioni tra i due Paesi sono caratterizzate da una certa ambivalenza. Alcune fonti interpellate dalla Reuters si aspettavano che Munir facesse pressione per evitare un coinvolgimento statunitense nel conflitto. Islamabad non solo ha condannato gli attacchi israeliani, ma ha intensificato i contatti diplomatici con i Paesi a maggioranza musulmana della regione. Gli esperti, però, ritengono che si tratti più che altro di un tentativo del Pakistan di non essere direttamente coinvolto: nei giorni scorsi era circolata l'informazione falsa secondo cui Islamabad avrebbe potuto intervenire al fianco di Teheran, notizia subito smentita dalle autorità pakistane.

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