20/01/2009, 00.00
MEDIO ORIENTE
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Il conflitto di Gaza ha evidenziato le divisioni nel mondo arabo

di Paul Dakiki
Il primo ministro del Qatar parla di “riconciliazione” tra i Paesi arabi, ma alcuni osservatori sottolineano come Hamas si trovi ora davanti ad un bivio: se tornare nella “famiglia” araba o continuare ad essere “un’arma nelle man di Teheran”.
Beirut (AsiaNews) – “Riconciliazione” tra Egitto, Qatar, Arabia Saudita e Siria sull’aiuto da dare agli abitanti della Striscia di Gaza, colpiti dall’attacco israeliano. La notizia è stata data personalmente dal primo ministro del Qatar Sheikh Hamad bin Jassem Al-Thani a Al-Jazeera, la televisione che ha sede a Doha.
 
Mentre l’esercito israeliano continua il ritiro da Gaza e un’altra notte è passata tranquilla, se il ministro del Qatar vede superate le divisioni palesatesi in tutta la loro profondità proprio nella vicenda di Gaza, da più parti si evidenziano i contrasti interni al mondo arabo. E si chiede proprio a Hamas di imparare la lezione e scegliere quale via seguire, se quella che porta al conflitto permanente o quella della ricerca della pace, cioè se quella indicata dall’Iran o quella egiziana.
 
Il quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat, in un editoriale di Abdul Rahman Al-Rashed, general manager della televisione satellitare Al-Arabiya, afferma che il fronte arabo “appare ancora più diviso” di quanto lo fosse durante i giorni della guerra libanese del 2006 e dell’attacco di Hezbollah alla popolazione sunnita di Beirut nel maggio del 2008. “I leader di Hamas – perché non c’è un singolo leader al quale rivolgersi – hanno due scelte a proposito delle loro relazioni estere che possono decidere la sorte del movimento, specialmente se sono consci delle loro forze e delle loro debolezze nei confronti” di Israele. “Hamas è di fronte ad una nuova storia e ha una nuova opportunità per rivedere le sue posizioni, scegliendo se stare nel campo dell’Iran o tornare dalla parte degli arabi”.
 
“Hamas – scrive poi – deve essere sicuro che sarà usato dall’Iran per attaccare gli arabi in un modo senza precedenti, che supera ogni precedente antagonismo”. L’Iran va avanti sulla strada che porta ad un punto “estremamente pericoloso, che comprende il tentativo di creare il caos nei Paesi arabi che gli si oppongono e esplicitamente nel tentativo di distruggere l’Arabia Saudita e incitare l’abbattimento del regime egiziano. Questa temerarietà serve solo ad unire i Paesi arabi contro Hamas. Tuttavia è anche giusto e ragionevole dire che la porta è ancora aperta; tocca a Hamas scegliere tra tornare alla famigli araba o rimanere un’arma nelle mani dell’Iran”.
 
“Hamas – prosegue l’editoriale - è in una buona posizione e deve negoziare con se stesso a proposito dei suoi rapporti con gli arabi, che possono solo rispettare Hamas e assicurare i suoi diritti politici e materiali sul suolo palestinese. Parlando in generale, sappiamo che Hamas non è un’unica organizzazione; malgrado la somiglianza del linuaggio e la facciata politica, c’è un Hamas ostaggio di Damasco e Teheran, i cui leader vivono in alberghi e c’è l’Hamas di Gaza, che ha pagato un alto prezzo per obbedire agli ordini dei loro fratelli che sono a Damasco, il risultato dei quali è sempre stato disastroso. L’Hamas di Gaza deve scegliere tra Teheran e Il Cairo”.
 
Sulle divisioni tra gli arabi, Il Middle East Time nota in un suo editoriale che sia gli israeliani che Hamas si dicono vincitori, ma allora “chi sono i perdenti? Gli arabi, naturalmente. Perché? Il mondo arabo esce da questa guerra più diviso di quanto lo è stato da decenni. Egitto e Siria, i due centri di potere del Medio Oriente, restano profondamente divisi come non sono mai stati”. “E ognuno dei due sta facendo gli straordinari per convincere il resto del mondo arabo che debbono tagliare i legami con lo Stato ebraico (visione siriana), mentre l’approccio egiziano al conflitto è di conservare i negoziati con Israele”.
 
“Il mondo arabo continua a mostrare la sua incapacità di presentare un fronte unico, a parte la retorica dovuta all’altare dell’unità araba. Si riuniscono, si incontrano, rilasciano dichiarazioni, tutto senza una concreta sostanza e uscendo peggio di come erano entrati. Vorranno gli arabi  – conclude l’editoriale – aver imparato dagli errori del passato? Difficilmente, se continuano a farli ancora e ancora e ancora. La guerra è stata tentata per più di 60 anni e senza grandi successi. Forse qualcuno può, come diceva John Lennon, ‘dare una speanza alla pace’”.
 
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