11/01/2008, 00.00
GIAPPONE
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Il governo giapponese ignora il Senato e rientra nella “guerra al terrore”

Per la prima volta nella sua storia moderna, il governo nipponico ignora il parere del Senato ed approva con il solo parere positivo della Camera il ritorno alle operazioni navali di appoggio alle truppe della coalizione occidentale che operano in Afghanistan. Il premier Fukuda perde consensi all’interno, ma guadagna la stima internazionale.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – Dopo due mesi di stallo, il governo giapponese ha votato oggi a favore del ritorno operativo delle proprie truppe nella “guerra al terrore” dichiarata nel 2001 dagli Stati Uniti. Per farlo, tuttavia, ha ignorato una mozione contraria del Senato per la prima volta nella sua storia moderna.
 
Dopo questa decisione, l’attuale primo ministro Yasuo Fukuda riceverà l’appoggio di molte nazioni occidentali, ma secondo alcuni analisti rischia di perdere consenso all’interno del Paese. Sia i cittadini che i membri dell’opposizione, infatti, lo accusano di aver agito in maniera autoritaria e di aver ignorato il parere contrario alla guerra di buona parte della nazione.
 
La questione dell’intervento nipponico in Iraq ed Afghanistan è esploso per la prima volta lo scorso novembre, quando l’opposizione – che controlla il Senato – ha costretto il governo a far rientrare i propri mezzi nautici dall’Oceano Indiano, dove operavano come “ponte” di carburante per le forze di coalizione di stanza a Kabul.
 
Oggi, i senatori nipponici hanno espresso per la seconda volta il loro parere contrario all’intervento: il rientro nella missione è stato però approvato dalla Camera – controllata dalla maggioranza – ed il governo l’ha adottata. La missione riprenderà il prossimo mese.
 
Secondo Fukuda, l’intervento nipponico “è fondamentale per dimostrare il nostro contributo alla sicurezza internazionale”. Per Tokyo rimane imortante anche il controllo per la sicurezza delle vie di navigazione fra il Medio e l'Estremo oriente, per i rifornimenti energetici che mantengono attiva l’economia nazionale.
 
Per l’opposizione, invece, “il Paese, pacifico sin dalla fine della II Guerra Mondiale, non deve entrare nelle guerre americane”.
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