03/05/2006, 00.00
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Il mese mariano in Libano, speranza per un momento difficile

di Youssef Hourany

Domenica prossima, la festa di Nostra Signora del Libano cade in un clima di sfiducia verso il mondo politico. Ma il patriarca Sfeir: "la nostra situazione resta migliore di quella degli altri Paesi della regione".  

Beirut (AsiaNews) – Il mese di maggio nel Paese dei cedri ha un suo gusto particolare, dovuto alla devozione verso la Madonna, presente nella vita dei libanesi. Decine di migliaia di persone, anche non cristiane, si recano ogni anno nel santuario mariano della Nostra Signora del Libano, a Harissa, nel distretto di Kesrouan, vicino alla sede del patriarca maronita, a Bkerke, fondato dal patriarca maronita Elias Houeik, nel 1905, su una delle colline più belle della montagna libanese. Ci venne anche Giovanni Paolo II, nel maggio del 1997, durante il suo viaggio in Libano, quando consegnò l'esortazione apostolica post-sinodale, "Nuova speranza per il Libano", e affidò i giovani alla protezione materna di Maria, Madre di Dio e del Libano.

Il Santuario di Harissa, quest'anno, si è rivestito con un abito nuovo, grazie ai lavori di restauro della grande basilica, costruita con l'aiuto di molti libanesi, cristiani e musulmani.

Quest'anno, i missionari maroniti, che custodiscono il santuario fin dalla sua fondazione, hanno organizzato una serie di iniziative per implorare il perdono di Dio e l'intercessione della Madonna, che "non abbandonerà mai i suoi figli". Lo ripetono molti libanesi, che hanno ancora l'usanza di radunarsi nelle loro case, con i famigliari, per recitare il Rosario e pregare la Madonna, considerata "l'unico rifugio" per tutti i libanesi, soprattutto in questo periodo difficile della storia nazionale, a causa dello sviluppo drammatico della situazione politica nel Paese, che sta vivendo momenti di tensione, anche se il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha sostenuto che essa è migliore di quella dei Paesi vicini. "E' vero – ha detto ieri – che il Libano sta incontrano dei problemi, ma bisogna dire che tutti i Paesi della regione hanno gli stessi e la nostra situazione resta migliore di quella esistente in Iraq e in Palestina".

"La nostra chiesa – racconta padre Elia Kmeid, rettore del Santuario mariano di Nostra Signora del perpetuo soccorso, la chiesa che fu colpita dalla esplosione di tre bombe il 27 febbraio 1994, durante la messa, con la morte di undici persone – è sempre piena di gente. Abbiamo quattro messe quotidiane: la gente si rifugia nella nostra chiesa per implorare l'intercessione della Madonna che ha salvato la vita di molti durante quella domenica nera del 27 febbraio 1994". P. Kmeid ripete le parole di Giovanni Paolo II, che definì il crimine "una offesa contro Dio, contro l'uomo e contro la storia nobile del Libano". "I giovani – continua padre Kmeid - affollano la chiesa perché non hanno più fiducia negli uomini politici e nei loro progetti e trovano nella Madonna l'unica garanzia per rimanere nella terra dei padri. Molti frequentano la chiesa martire e passano notti in bianco vicino all'icona della Madre di Dio".

"Vogliamo la pace, la vera pace che deriva dalla fede in Dio". Imad El Achkar, uno dei giovani responsabili dell'organizzazione del mese di maggio, afferma: "Non abbiamo nessuna fiducia nei nostri responsabili politici. Perché mai dovremmo seguire i progetti di politici che ormai hanno fallito? Quando entro nella chiesa, spontaneamente prendo il Rosario e comincia a pregare, perché sono convinto dell'efficacia della preghiera, l'unica maniera per salvare il Libano".

Domenica prossima, la prima del mese di maggio, festa di Nostra Signora del Libano, come ogni anno il cardinale Sfeir andrà al santuario di Harissa per presiedere la celebrazione eucaristica e la processione con l'icona della Madonna, con la presenza delle massime autorità del Paese. Il profondo legame tra il Libano e la Madonna, sarà senz'altro sottolineato oggi dai vescovi maroniti nella loro riunione mensile del primo mercoledì del mese, sotto la presidenza del patriarca Sfeir, che ha ammonito in una dichiarazione recente contro il "flusso migratorio che rischia di vuotare il Libano dalla sua vera ricchezza, che sono i giovani". Il patriarca ha lanciato un appello forte a tutti i maroniti perché non abbandonino il Libano, esprimendo, in un incontro con i rappresentanti dell'Unione democratica cristiana, la sua fiducia nel futuro del Paese, a condizione che "l'unione dei maroniti faccia delle loro anime una chiesa per la patria, e non della patria uno strumento a loro servizio".

 

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