26/05/2006, 00.00
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In 5mila al "Pellegrinaggio delle asiatiche" alla Madonna del Libano

di Youssef Hourany

Costumi, canti e intenzioni di preghiera in lingue diverse, ieri, al santuario di Harissa.

Beirut (AsiaNews) – Costumi, canti e intenzioni di preghiera in lingue diverse si sono intrecciati ieri al santuario di Harissa per il primo pellegrinaggio delle "ragazze asiatiche". Oltre 5mila donne, molte insieme ai familiari,  provenienti da Filippine, Cina, Sri Lanka, Thailandia, Malaysia ed anche dall'Etiopia hanno percorso a piedi più di sette chilometri per recarsi, nel mese di maggio, dalla Madonna del Libano, rispondendo ad un invio della Commissione episcopale per la pastorale dei migranti e degli itineranti, presieduta dall'arcivescovo maronita di Baalbeck-Deir El Ahmar, mons Semaan Attallah.

 Il "Pellegrinaggio delle asiatiche" è cominciato con una visita alla sede del patriarcato maronita, a Bkerke, dove c'è stata una preghiera per la pace. Le donne hanno voluto esprimere la loro gratitudine verso i libanesi, che si sono mostrati generosi con loro in occasione dello tsunami che ha colpito molti dei loro familiari. Ad Harissa il pellegrinaggio è stato accolto dal rettore del monastero, il missionario libanese maronita padre Hannoun Andrawos ed hanno ascoltato da molti interpreti la storia del Santuario. Fondato nel 1904 e affidato ai missionari libanesi maroniti, ha uno statuto particolare, perché è considerato il santuario nazionale. Situato su quella che i libanesi definiscono una delle colline le più belle del mondo, si affaccia sul Mediterraneo ed è meta, ogni anno, di più di un milione di pellegrini. Ultimamente, i padri missionari hanno anche aperto la "Casa Beit Ania", che può ospitare nelle migliori condizioni, pellegrini di limitate possibilità. La cattedrale della Madonna del Libano è stata visitata nel 1954 dall'allora cardinale Angelo Roncali, futuro papa Giovanni XXIII, e nel 1997 da Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale in Libano. Dal santuario di Harissa, durante l'incontro con i giovani libanesi, indirizzò il suo famoso messaggio sulla particolarità della "formula libanese" per la convivenza di cristiani e musulmani, e consegnò l'esortazione apostolica post-sinodale: "Una speranza nuova per il Libano".

Il significato del pellegrinaggio ed il nesso fondamentale che lega il Libano alla sua Madonna è stato illustrato da p. Andrawos. Dall'inizio dell'anno – ha detto ad AsiaNews - abbiamo accolto più di settecentomila pellegrini, di tutte le confessioni religiose, ed abbiamo potuto assicurare ad ognuno di loro tutto il necessario per poter compiere questo pellegrinaggio nel modo più degno. Abbiamo anche potuto offrire molti 'piatti caldi', grazie alla generosità di molte associazioni caritative". Il rettore del Santuario di Harissa ha rivelato che sono molti i pellegrini che si dicono guariti grazie all'intercessione della Madonna, ed ha parlato dei frutti spirituali che vi si raccolgono. "Ai piedi della Madonna tutti si genuflettono, nessuno può stare indifferente a Harissa; molti giovani, provenienti dai Paesi arabi vicini mostrano il bene acquisito per intercessione della Madonna".

La messa, che è stata presieduta,dal delegato episcopale per la pastorale degli Migranti e degli itineranti, è stata cantata da un coro poliglotta. L'offertorio è stato un momento pieno dei significati, con più di 50 intenzioni in diverse lingue. P. Salim Rizkallah, cappuccino, ha ringraziato Dio per lo spirito di fede che regna soprattutto nei cuori della gente semplice ed ha rivolto un appello ai datori di lavoro perché rispettino la dottrina sociale della Chiesa e la liberta religiosa di ciascun essere umano.  

Mercy, una donna proveniente dalle Filippine, ha definito il pellegrinaggio con parole piene di emozione: "A Harissa – ha detto - abbiamo visto il Cielo aperto". Lisa, una ragazza proveniente dallo Sri Lanka, ha chiesto un maggior accompagnamento spirituale, ringraziando Dio perché i suoi datori di lavoro sono cattolici praticanti che la lascino andare in chiesa quando vuole ed ha chiesto l'erezione di una loro parrocchia personale, dove "poter vivere la nostra messa e non quella degli altri".

Il pellegrinaggio si e concluso con una "fiaccolata" nel quale le asiatiche hanno portato le candele indossando i loro abiti tradizionali e cantando l'Ave Maria in diverse lingue.

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