17/03/2022, 08.47
KAZAKISTAN
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Il nuovo Kazakistan di Tokaev

di Vladimir Rozanskij

Annunciate riforme politiche e costituzionali. Il presidente kazako vuole eliminare i pericoli che arrivano dal centralismo del potere. Dopo le sommosse di gennaio il Paese tenta di superare la lunga stagione del padre della patria Nazarbaev. I timori per un cambiamento solo “cosmetico”.

Mosca (AsiaNews) – In un messaggio alla nazione, il presidente del Kazakistan Kasym-Žomart Tokaev ha presentato il suo programma di riforme, che prevede il passaggio dal “super-presidenzialismo” a una divisione dei poteri tra presidente e Parlamento, il divieto al capo dello Stato di prendere parte all’attività partitica e quello ai suoi familiari stretti a occupare cariche pubbliche di rilevo. Tra l’altro, il piano contempla anche la registrazione dei partiti e l’istituzione di una Corte costituzionale.

Come ha spiegato il presidente, “alcune persone influenti” hanno cercato di usurpare il potere in Kazakistan durante i disordini di gennaio, ricordando gli eventi che hanno portato alla morte di almeno 238 persone, secondo le ultime cifre ufficiali. Tokaev non ha fatto i nomi dei “traditori”, ma ha detto che i tragici eventi sono stati l’effetto di una “stagnazione” del sistema politico nazionale, una fase che del resto ha portato all’insediamento di tutto l’attuale apparato dirigenziale, a cominciare dallo stesso presidente.

Il pacchetto di riforme annunciato parte quindi proprio dal contrasto al centralismo del potere, per evitare “l’eccesso di influenza della cerchia” che si crea accanto all’autocrate. Il solenne annuncio ha avuto luogo dopo l’arrivo del corteo presidenziale in Parlamento, con il tappeto rosso srotolato davanti a lui, e tutta la dirigenza parlamentare che attendeva davanti all’ingresso in abiti perfetti senza giacconi o colbacchi, nonostante la temperatura abbondantemente sotto lo zero.

Il presidente è stato ricevuto dai capi del Senato e del Mažilis (la camera bassa), Maulen Ašimbaev e Erlan Košanov. Il suo messaggio è stato trasmesso a reti unificate, con aspetti scenografici degni di una “svolta epocale” nella vita del Kazakistan. È in qualche modo il vero inizio della presidenza Tokaev, che nel 2019 era stato messo al posto del “presidente eterno” Nursultan Nazarbaev solo come segnaposto del grande leader.

Ora Nazarbaev, la cui residenza rimane sempre piuttosto incerta, si definisce come “un semplice pensionato”, e nei due mesi abbondanti seguiti alle rivolte di Almaty è stato effettuato un capillare repulisti di tutta la classe dirigente legata all’elbasy, il “padre della patria” ormai definitivamente detronizzato.

Molti attendevano da Tokaev una relazione dettagliata sui fatti di gennaio, sulle vittime e le violenze della polizia, magari anche i mandanti delle sommosse. Tokaev si è limitato a scaricare le colpe sugli anonimi “traditori” che volevano sfilargli la sedia presidenziale, usando come giustificazione le proteste organizzate da “miliziani professionisti”. Tra di loro, ha chiarito il presidente, c’erano alcuni dirigenti dei servizi speciali militari e civili. Gli accusati avrebbero “complicato l’azione delle Forze dell’ordine, diffondendo false informazioni alla dirigenza del Paese su quanto avveniva nelle principali città, prendendo perfino sotto il loro controllo alcuni canali di comunicazione riservati al governo”.

Molte alte personalità dei servizi segreti, della politica e dell’imprenditoria si trovano attualmente sotto custodia, e si cerca di riparare ai danni inferti dai manifestanti a diversi edifici amministrativi di Almaty e di altre città, vittime di devastazioni e razzie. Tokaev ha anche riconosciuto che durante i fermi e gli arresti di gennaio la polizia “si è macchiata dell’uso della tortura, una pratica assolutamente inaccettabile, e le persone coinvolte ne risponderanno davanti alla legge”, anche se non ha accennato a possibili inchieste di organi internazionali.

Per superare il trauma degli scontri di gennaio, e uscire dal panico attuale delle aggressioni belliche (a cui comunque Tokaev non ha fatto esplicito riferimento) è ora necessaria una profonda “trasformazione politica” del Kazakistan, che gli osservatori si augurano non sia semplicemente “cosmetica” e introduca elementi di autentica democrazia in un mondo avvezzo alla dittatura e all’autoritarismo.

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