23/09/2025, 12.17
ASIA - PACIFICO
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Il paradosso della transizione energetica in Asia

Un rapporto dell'Onu rivela che le capacità delle rinnovabili nella regione sono triplicate tra il 2013 e il 2023. Ma in termini percentuali sul mix energetico questa quota di energia - trainata da Cina, India, Vietnam e Laos - resta ferma al 16%, frenata dall’aumento dei consumi, dal declino della biomassa e dal perdurare della dipendenza dai combustibili fossili.

Bangkok (AsiaNews) - Un recente rapporto della Commissione economica e sociale delle Nazioni unite per l'Asia e il Pacifico (ESCAP) rivela che la regione Asia-Pacifico è diventata il motore globale della crescita delle energie rinnovabili. Ma nonostante questo notevole progresso, la transizione energetica nella regione si trova di fronte a un "paradosso strutturale" che ne rallenta l’impatto complessivo.

Nel decennio tra il 2013 e il 2023, la capacità di elettricità rinnovabile installata nella regione è quasi triplicata, passando da 568 gigawatt a 1.785 gigawatt. La Cina, in particolare, ha superato gli obiettivi prefissati per il 2030, raggiungendo 1.408 gigawatt di capacità solare ed eolica entro la fine del 2024. Anche altri Paesi, come India, Vietnam e il Laos, stanno compiendo passi significativi, con l'India che punta a 500 gigawatt di capacità non fossile entro il 2030, il Vietnam che ha visto un'impennata della sua capacità solare e il Laos insieme al Bhutan e al Nepal che in larga parte esportano energia idroelettrica alla regione.

Nonostante l'enorme incremento della capacità, però, la quota di energie rinnovabili nell'approvvigionamento energetico totale della regione è aumentata solo marginalmente, raggiungendo il 16,3% nel 2022. Il rapporto ESCAP spiega questo fenomeno facendo riferimento a due dinamiche: da una parte l’aumento della domanda energetica e dall’altra il declino della biomassa tradizionale. 

La rapida crescita economica e demografica nella regione ha portato a un'esplosione dei consumi energetici, specialmente nei settori industriali e dei trasporti. Questa crescita ha superato l'espansione delle rinnovabili, mantenendo la quota dei combustibili fossili alta. Tuttavia, in molti Paesi in via di sviluppo, l'uso di biomasse tradizionali per il riscaldamento e la cottura sta diminuendo a favore di fonti più moderne, riducendo il contributo complessivo delle rinnovabili al mix energetico.

Il rapporto sottolinea inoltre che la transizione energetica è ancora limitata da una serie di sfide. L'85% dell'approvvigionamento energetico totale della regione continua a dipendere dai combustibili fossili. Il rapporto sottolinea che, se non si interviene, il consumo di petrolio, carbone e gas naturale nella regione è destinato ad aumentare ulteriormente entro il 2050, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, che si affidano a questi combustibili, spesso ottenuti attraverso le importazioni, per sostenere la loro crescita economica.

Un altro aspetto critico riguarda l’efficienza energetica. Il consumo finale di energia nella regione è cresciuto costantemente dal 2000, con un aumento significativo nel settore dei trasporti e dell'industria. Tuttavia, l'intensità energetica (l'energia necessaria per generare un'unità di Pil) sta diminuendo, dimostrando che c'è stato un miglioramento nell'uso dell'energia. Il rapporto suggerisce, però, che i Paesi asiatici dovrebbero raddoppiare i loro sforzi per migliorare l'efficienza, essendo un modo rapido ed economicamente vantaggioso per ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni di combustibili.ù

L'ESCAP incoraggia i Paesi a investire in tecnologie emergenti, come l'idrogeno verde e lo stoccaggio di energia a lungo termine, per superare l'approvvigionamento intermittente delle fonti rinnovabili come il solare e l'eolico. Inoltre, viene evidenziata l'importanza di riforme politiche e normative che favoriscano la creazione di mercati dell'energia competitivi e attraggano investimenti privati.

Finora la maggior parte degli investimenti (circa 528 miliardi di dollari nel 2024) è concentrata in poche grandi economie, lasciando molti Paesi in via di sviluppo con un deficit di finanziamenti. Ad esempio, i dieci Paesi meno sviluppati della regione hanno ricevuto solo l'1,4% degli investimenti totali per la transizione energetica tra il 2020 e il 2023.

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