18/11/2025, 13.42
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Il ritorno a Washington di Bin Salman, vero vincitore tra Israele e Hamas

Dopo l’approvazione del piano su Gaza da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il principe ereditario saudita Muhammad bin Salman torna negli Stati Uniti per la prima volta dall’omicidio Khashoggi. Al centro dei colloqui con Trump accordi miliardari su difesa, tecnologia e intelligenza artificiale, inclusa la vendita degli F-35 finora riservati solo a Israele. A Riyadh un ruolo centrale nelle dinamiche regionali senza aderire formalmente agli Accordi di Abramo.

Tel Aviv (AsiaNews) – Dopo l’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu della seconda fase del piano di pace statunitense per Gaza, il presidente Donald Trump si prepara oggi a ricevere a Washington il principe ereditario saudita Muhammad bin Salman (MbS). Una visita che mancava dal 2 ottobre 2018, giorno dell’uccisione nel consolato saudita a Istanbul del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi.

La fase due del piano Trump, già sostenuta da diversi Paesi a maggioranza musulmana (oltre all’Arabia Saudita anche Emirati Arabi Uniti, Qatar, Turchia, Egitto, Giordania, Indonesia e Pakistan), prevede l’invio di una forza internazionale nella Striscia di Gaza e un percorso verso la creazione di uno Stato palestinese. La proposta è passata con 13 voti favorevoli su 15: Cina e Russia si sono astenute senza esercitare il veto.

La visita di MbS dovrebbe concludersi con l’annuncio di nuovi accordi commerciali e di difesa, compreso l’acquisto da parte di Riyadh di una serie di caccia F-35. I sauditi intendono anche ottenere l’approvazione per l’acquisizione di chip avanzati destinati allo sviluppo di software di intelligenza artificiale. Alla cena alla Casa Bianca parteciperanno anche Elon Musk e il golfista Tiger Woods, mentre domani è previsto un forum sugli investimenti con i dirigenti delle principali aziende tecnologiche statunitensi.

Sul quotidiano panarabo al-Sharq al-Awsat, il commentatore Abdulrahman al-Rashid ha scritto che “non è esagerato affermare che il successo delle relazioni saudite-americane avrà un grande impatto sulla stabilità e la prosperità della regione”. Tuttavia è improbabile che Trump e MbS affrontino il tema sul futuro del Medio Oriente e in particolare la questione della normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita.

Con questa visita, infatti, Riyadh dimostra di poter ottenere dagli Stati Uniti gli stessi benefici previsti dagli Accordi di Abramo (la visione per un nuovo Medio Oriente che l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha cercato di far deragliare) ma senza aderirvi formalmente, mantenendo così una posizione più neutrale e indipendente nei confronti di Tel Aviv rispetto ad altri Stati del Golfo. A dimostrare questo nuovo equlibrio è proprio la vendita degli F-35, finora concessi solo a Israele in Medio Oriente.

Trump potrebbe anche annunciare un patto di sicurezza più ampio, modellato sull’intesa siglata di recente con il Qatar. L'accordo con Doha impegna gli Stati Uniti ad adottare “tutte le misure legittime e appropriate, comprese quelle diplomatiche, economiche e, se necessario, militari, per difendere gli interessi degli Stati Uniti e dello Stato del Qatar e per ripristinare la pace e la stabilità”.

Accanto all’omicidio di Jamal Khashoggi - che per anni ha impedito la partecipazione di MbS ad alcuni consessi internazionali - vari commentatori hanno richiamato l’attenzione sulla drammatica situazione dei diritti umani nel Regno (solo l’anno scorso, per esempio, sono state eseguite 300 condanne a morte) e ricordato il ruolo dell'Arabia Saudita nella guerra civile dello Yemen, dove, secondo le Nazioni unite, sono morte almeno 400mila persone.

Allo stesso tempo, la visita alla Casa Bianca appare come la naturale prosecuzione del primo viaggio della seconda amministrazione Trump, che aveva scelto proprio il Golfo (ignorando Israele) per il suo esordio internazionale e durante il quale erano stati annunciati numerosi accordi economici. Un approccio perfettamente in linea con la visione “transazionale” che l’attuale presidente applica ai rapporti diplomatici.

La domanda che molti analisti si pongono è se i i patti che verranno siglati oggi sopravviveranno anche al prossimo inquilino della Casa Bianca. Secondo diversi recenti sondaggi, gli statunitensi sono sempre più critici nei confronti del sostegno militare americano a Israele e del movimento dei coloni sostenuto dai ministri di estrema destra all'interno del governo del primo ministro Benyamin Netanyahu. Il quale, al massimo, può sperare che su pressione di Trump, gli venga concessa la grazia per i processi penali in cui è ancora implicato. 

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