23/10/2025, 09.18
AZERBAIGIAN
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Il tramonto di Mekhtiev, l'uomo di fiducia dei russi a Baku

di Vladimir Rozanskij

Dopo aver rappresentato le caste di potere per mezzo secolo, a 87 anni è stato accusato di voler rovesciare il regime degli Aliev. Il suo arresto è il simbolo della nuova posizione dell’Azerbaigian sull’arena internazionale, che porta a compimento la campagna bellica di riconquista del Karabakh e la ridefinizione dei rapporti con gli altri Paesi del Caucaso e del Medio Oriente

Baku (AsiaNews) - Ha suscitato grande impressione in Azerbaigian l’arresto di Ramiz Mekhtiev, il principale ideologo dell’ultima stagione sovietica, detto il “cardinale Richelieu” di Baku, con l’accusa di tentativo di colpo di Stato. Autentico leader del partito comunista sovietico nel Paese, Mekhtiev aveva ricoperto tutti i possibili ruoli di potere nella successione delle squadre ai vertici tra la fine dell’Urss e l’inizio dell’indipendenza, dal primo presidente Gejdar Aliev al figlio Ilham, attuale capo dell’Azerbaigian. Dopo aver rappresentato le caste di potere per mezzo secolo, ha conservato abbastanza energie per essere accusato a 87 anni di voler rovesciare il regime degli Aliev.

La denuncia delle sue macchinazioni comprende sinteticamente la sua permanenza ai vertici, ricollegando eventi recenti a situazioni passate. In questa fase di tensioni tra Mosca e Baku, Mekhtiev è risultato il capro espiatorio come “uomo di fiducia dei russi”, essendo di fatto di casa al Cremlino dai tempi di Brežnev non tanto come agente segreto, ma piuttosto come “persona di casa” in grado di intendersi con tutti con la sola espressione del viso, al di là delle tendenze politiche o ideologiche. Egli non è soltanto sopravvissuto ai cambiamenti epocali, ma come Richelieu è riuscito a mantenere la sua influenza sugli eventi politici durante svariati decenni.

In Azerbaigian si racconta che Mekhtiev ebbe un ruolo decisivo nella successione degli Aliev tra padre e figlio, quando Gejdar pensava di trasferire i poteri alla figlia Sevil, non fidandosi invece di Ilham, che invece ha poi sempre manifestato la sua gratitudine all’intercessione dello “zio Ramiz”. In seguito l’attuale presidente ha manifestato segni d’insofferenza verso il suo protettore, fino a volersene infine liberare approfittando del conflitto in corso con Mosca per una serie di questione regionali e nazionalistiche, che hanno felicemente coperto la resa dei conti ai vertici del potere di Baku.

Nel 2019 Ilham Aliev aveva concesso a Mekhtiev la somma onorificenza in nome del padre Gejdar, il segnale di congedo dell’ormai attempato consigliere, accompagnato dalla nomina a membro dell’Accademia delle Scienze dell’Azerbaigian, che peraltro è stato costretto ad abbandonare già nel 2022. Da febbraio di quest’anno hanno cominciato a circolare strane voci su un complotto in corso per rovesciare il regime vigente, ordito da un gruppo di cui facevano parte ex-ministri e altre persone altolocate, come l’ex-ministro degli esteri Elmar Mamedjarov, peraltro al tempo già defunto, fino al cosiddetto “amico di Putin”, appunto Ramiz Mekhtiev.

Il suo arresto è secondo molti commentatori il simbolo della nuova politica e della nuova posizione dell’Azerbaigian sull’arena internazionale, che porta a compimento la campagna bellica di riconquista del Karabakh, per proiettarsi su nuovi orizzonti politici, militari ed economici, sciogliendo del tutto i legami con la Russia e ridefinendo quelli con gli altri Paesi del Caucaso e del Medio Oriente, e dello scenario geopolitico globale. È stato del resto facile scaricare su Mekhtiev una valanga di responsabilità attraverso i servizi della stampa governativa, che disponeva di enormi materiali sui tanti anni al potere del “cardinale azero”. Durante la pandemia di Covid-19, Mekhtiev aveva trasformato il sito dell’Accademia delle Scienze in un sito delle sue rappresentazioni sull’ordine mondiale, accusando tutti gli altri di usare la pandemia come strumento di potere.

Da quelle e anche le successive dichiarazioni, Mekhtiev lasciava intendere che il passaggio di potere dopo la fine dell’Urss non doveva essere consegnato nelle mani di una persona, ma si doveva costituire un Consiglio provvisorio in accordo con Mosca, per gestire la situazione senza traumi. Questi e altri giudizi gli hanno meritato l’accusa di “quinta colonna” di Mosca nel diverbio dell’ultimo anno, e secondo le interpretazioni degli ultimi giorni sarebbe stato scaricato dallo stesso Putin per riportare la situazione a un accordo generale, caricandosi della doppia accusa in quanto “doppio agente”.

Ora i rapporti tra Mosca e Baku, dopo l’incontro tra Putin e Aliev a Dušanbe il 9 ottobre e l’arresto di Mekhtiev del 19, possono ricominciare ex-novo, grazie al sacrificio finale dello “zio dei russi e degli azeri” che comunque non rischia la detenzione in prigione o in lager, ma dal caldo della sua villa nelle colline sopra Baku, agli arresti domiciliari, continua a benedire i cambiamenti epocali, che lasciano invariati gli equilibri di potere al confine tra Oriente e Occidente.

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