22/05/2006, 00.00
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Iran: unico Paese al mondo a giustiziare i minorenni

di Dariush Mirzai

Sebbene abbia firmato la convenzione per i diritti del bambino, che lo vieta, Teheran continua a mettere a morte anche i minori. Tra sei e otto lo scorso anno; forse già due nel 2006.

Teheran (AsiaNews) - L'unico Paese nel mondo a condannare a morte dei minorenni, regolarmente, e a procedere a tali esecuzioni è l'Iran. Il 12 maggio scorso, a Khorramabad, sono stati messi a morte un giovane di 17 anni e uno di 20, ambedue accusati di crimini gravi per i quali – così l'ha giudicato il tribunale – erano complici. Si teme adesso un'altra esecuzione di un minorenne, a Ispahan – se non è già accaduta. La vittima si chiama Ne'mat. Non si sa quasi niente di più…

Magari Ne'mat o il giovane di Khoramabad sarà l'ultimo a essere legalmente messo a morte da uno Stato. Ma sarebbe meglio dire illegalmente. Il Parlamento iraniano prepara con lentezza una legge che, si dice, chiaramente proibisce la condanna a morte di persone minorenni al momento dei fatti incriminati. L'entrata in vigore di queste norme non sarà in teoria una rivoluzione giuridica, perché già adesso, l'Iran è parte alla Convenzione dei diritti del bambino del 1994. Questa Convenzione dell'ONU prevede che i minori di 18 anni godano di regole particolari, che tra l'altro escludono la possibilità della pena di morte.

Ma con la Cina e gli Stati Uniti, l'Iran è uno dei Stati che procedono al massimo numero di esecuzioni. Anche se il diritto internazionale attuale autorizza questa pena, esistono delle regole universali che richiedono un uso limitato e delle garanzie particolari per evitare abusi. L'Iran si è liberamente sottomesso a queste regole ma non le applica. Il calamitoso sistema giudiziaro, usando senza controllo stretto un codice penale discriminatorio (contro le donne e le minoranze) e spesso poco chiaro, continua ad imporre la pena di morte a molti, anche ai minorenni, anche talvolta in fretta e in pubblico.

Tra gli argomenti a favore della pena di morte, ci sarebbe l'esemplarità della pena. Ma in verità, la Giustizia iraniana non rende pubbliche statistiche o elenchi delle condanne a morte. Per parlare di

questo fenomeno e per denunciare i casi i più scandalosi, le NGO si basano sui vari giornali locali iraniani con le loro notizie, pur se sempre lacunosi e talvolta contraddittori. Ed è difficile non pensare che, di fatto, il ricorso a questa pena è piuttosto un modo di governare il Paese, giocando con le passioni della folla quando le esecuzioni sono fatte in pubblico e mantenendo un clima di paura e di repressione.

"Giustizia": quasi non c'è discorso o testo di Ahmadinejad che non contenga questa parola, usatissima dalle autorità iraniana. "Giustizia" a proposito del nucleare, del prezzo del petrolio, della condanna contro l'arroganza imperialistica… Però, l'Iran non è uno Stato di diritto e non applica neppure le norme internazionali di giustizia e d'umanità alla elaborazione delle quali ha partecipato ed alla applicazione delle quali si è obbligato liberamente. Senza entrare nella nebbia delle discussioni sul diritto islamico e le varie scuole di interpretazione, basta parlare della sorte di Ne'mat. Se il tribunale che l'ha condannato ha preso la decisione nell'ignoranza dei trattati firmati dall'Iran, il capo del potere giudiziario, Shahroudi, avrebbe la possibilità – e il dovere – di evitare l'esecuzione. E se l'ayatollah Sharoudi non fa niente, se ne dovrebbe assumere la responsabilità il depositario religioso del potere supremo in Iran, la Guida Khamenei, che ha il controllo sui tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Nel 2005, almeno sei, sette o otto minorenni, secondo le fonti, sono stati uccisi (il)legalmente dalla Repubblica islamica. Nel 2006, già uno, forse due. Secondo diverse fonti, sembra che Ne'mat il 17enne no ha neppure potuto ricorrere ad un avvocato durante il processo.

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