02/11/2023, 13.27
PAKISTAN - AFGHANISTAN
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Islamabad espelle anche gli afghani che avevano collaborato con le forze Usa

Il governo pakistano aveva da tempo annunciato di voler rimpatriare oltre un milione di migranti presenti nel Paese "illegalmente" e aveva concesso loro di tornare in Afghanistan in maniera volontaria fino a ieri. In realtà sono stati reigstrati rastrellamenti anche di rifugiati in regola. Gli Stati Uniti hanno inviato a Islamabad una lista con i nomi di ex-collaboratori, che è stata prontamente rifiutata. Ad alimentare le politiche di espulsione sono le tensioni interne e l'aumento degli attacchi dei talebani pakistani.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) - Tra gli afghani espulsi in questi giorni dal Pakistan ci sono anche migliaia di richiedenti asilo e personale che aveva collaborato con le forze americane e alleate in vent’anni di guerra in Afghanistan, individui ai quali era stato promesso un visto per gli Stati Uniti.

L’espulsione di tutti i migranti presenti nel Paese illegalmente era stata annunciata circa un mese fa dal governo di Islamabad, che aveva dato la possibilità di uscire dal Paese in maniera volontaria entro il primo novembre. Le autorità locali hanno comunicato che almeno 200mila persone sono tornate spontaneamente, evitando così l’arresto da parte delle forze di sicurezza pakistane. Sui social sono stati anche circolati video di bambini afghani che salutano i compagni di classe prima di partire. Nonostante le critiche delle Nazioni unite e di diversi gruppi umanitari, in alcune città si sono verificati veri e propri rastrellamenti (anche di rifugiati con i documenti in regola), in seguito ai quali decine di afghani sono stati stipati su camion e autobus per essere trasportati ai valichi di frontiera.

Secondo Sarfaraz Bugti, ministro dell’Interno del governo provvisorio del Pakistan (che resterà in carica fino alle prossime elezioni, previste a gennaio 2024) 1,7 milioni di afghani “non sono registrati” e vivono nel Paese “illegalmente”. Le Nazioni unite sostengono che oltre a 2 milioni di afghani senza documenti, nel Paese risiedano anche quasi 1,3 milioni di rifugiati con un permesso di soggiorno, chiamato “prova di registrazione” (Proof of registration, PoR) e altri 880mila che hanno il diritto legale di rimanere nel Paese, mentre gli scappati dopo la riconquista di Kabul da parte dei talebani ad agosto 2021 sono tra i 600 e i 700mila. Tra i migranti che il governo pakistano vorrebbe rimpatriare in Afghanistan sono comprese anche famiglie che hanno fatto domanda di asilo dopo il ritiro delle truppe statunitensi (circa 60mila individui), persone con permessi scaduti e che non hanno possibilità di rinnovarli, e pure afghani in attesa di ottenere il visto da altri Paesi terzi. 

Alcuni funzionari statunitensi hanno affermato di aver inviato alle autorità pakistane una lista di circa 25mila persone che avevano collaborato con il governo americano, per cui avrebbero il diritto di essere trasferite negli Stati Uniti attraverso un programma speciale (che ha subito enormi rallentamenti). Ieri, però, un funzionario pakistano ha detto a Voice of America di aver rifiutato la lista presentata dagli americani a causa di discrepanze significative: l’elenco è stato esaminato “ma l'abbiamo trovato imperfetto e incompleto”, ha detto l’incaricato in forma anonima. Washington nei prossimi giorni dovrebbe rivedere la lista e inviare agli afgani dei documenti da condividere con le autorità locali per impedire (o almeno ritardare) il rimpatrio, ma persino alcuni cittadini che erano stati incarcerati per “crimini minori” sono stati rilasciati per essere rispediti in Afghanistan: “Questa azione è una testimonianza della determinazione del Pakistan a rimpatriare chiunque risieda nel Paese senza un’adeguata documentazione”, ha scritto sui social il ministro Bugti. 

Secondo diversi esperti, anche se i talebani hanno allestito campi profughi temporanei al di là del confine, il Paese non è pronto ad accogliere il ritorno di migliaia di cittadini. L’Afghanistan da due anni sta cercando di far fronte a una pesante crisi umanitaria: almeno 15 milioni di persone soffrono di grave insicurezza alimentare, che è stata aggravata da disastri naturali come inondazioni e terremoti e una sempre più frequente siccità.

Da decenni il Pakistan accoglie i rifugiati afghani e già in passato si erano verificati rimpatri forzati (ragione per cui in anni recenti gli afghani hanno sempre più frequentemente preferito affrontare il viaggio per arrivare in Europa anziché fermarsi nella regione), ma mai su questa scala, hanno commentato gli esperti, secondo i quali, a determinare le espulsioni sono questioni di politica interna e il deterioramento dei rapporti tra i due Paesi dell’Asia meridionale. I migranti afghani sono trattati da tempo come capro espiatorio, accusati dal governo di Islamabad di favorire il terrorismo e, indirettamente, di ostacolare la ripresa economica del Paese, “rubando il lavoro” ai pakistani. 

In realtà negli ultimi due anni il Pakistan, dopo aver a lungo sostenuto i talebani, ha visto la propria politica ritorcersi contro, subendo un aumento di attentati da parte dei Tehrik-e-Taliban Pakistan o TTP, i talebani pakistani, che, galvanizzati dalla vittoria dei “cugini” afghani, mirano a creare un Emirato islamico anche in Pakistan, prendendo come obiettivi le sedi e le istituzioni governative. 

Non è un caso, infatti, che nelle scorse settimane le autorità talebane abbiano emesso una fatwa che vieta ai propri miliziani di condurre attacchi in Pakistan, dove la violenza non è considerata parte del jihad. Con questo termine gli “studenti coranici” si sono sempre riferiti alla guerra portata avanti per vent’anni contro gli Stati Uniti. 

A giugno diversi combattenti dei TTP erano stati trasferiti verso le aree centrali dell’Afghanistan lontano dal confine, ma non pare sia servito a placare le tensioni con Islamabad, dove a guidare la politica è l’esercito, mentre il governo ad interim, che verrà sostituito nei prossimi mesi, si sta facendo carico delle critiche pubbliche senza andare incontro a particolari conseguenze. Rispondendo alle critiche da parte occidentale, infatti, il ministro Bugti ha sostenuto che le pratiche di espulsione siano del tutto legittime in quanto oggigiorno sono messe in atto da diverse nazioni, anche in Occidente.

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