16/09/2019, 12.02
ISRAELE - PALESTINA
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Israele al voto: Netanyahu, una vittoria contro i processi. I rivali assicurano battaglia

Da Lieberman a Gantz, si rafforza il fronte che vuole mettere fine al dominio decennale del premier uscente. I partiti religiosi possibile ago della bilancia. Rispetto ad aprile non è arrivato il palese sostegno di Trump. Fonti di AsiaNews: una vittoria per Bibi essenziale per mettersi al riparto dalle accuse di corruzione. Forte tensione e preoccupazione, pericolo di atti vandalici nei seggi. 

Gerusalemme (AsiaNews) - Domani gli israeliani andranno alle urne per la seconda volta in meno di sei mesi per le elezioni politiche, per una tornata elettorale che potrebbe consegnare il quinto mandato al premier uscente Benjamin Netanyahu o segnare la fine del decennale dominio. Egli deve affrontare una serie di rivali più che mai agguerriti, dall’ex alleato Avigdor Lieberman al principale sfidante Benny Gantz, leader della coalizione centrista “Blu Bianco”. La vittoria alle urne si rivelerà inoltre fondamentale per scampare alle inchieste per corruzione e i possibili processi. 

Gli ultimi sondaggi confermano l’incertezza, con un possibile testa a testa fra il Likud di Netanyahu e la coalizione “Blu Bianco” di Gantz, con Lieberman e i partiti religiosi ago della bilancia. 

Ad aprile Netanyahu aveva vinto le elezioni, ma non è riuscito a formare una maggioranza in Parlamento (servono almeno 61 seggi su un totale di 120). Oggi la sfida appare ancora più serrata e, rispetto a cinque mesi fa, oltreoceano il presidente Usa Donald Trump non è giunto in soccorso dell’alleato israeliano con un chiaro endorsement in vista del voto. 

Fonti istituzionali di AsiaNews in Israele, dietro garanzia di anonimato, sottolineano che in queste elezioni “Netanyahu si gioca la sopravvivenza nel panorama politico del Paese” e solo con una vittoria “potrebbe mettersi al riparo dai processi incombenti per corruzione”. La situazione nel Paese è “di tensione e di preoccupazione e vi è il pericolo di atti vandalici in alcuni seggi per influire sull’esito del voto, soprattutto fra l’elettorato di origine russa vicino a Lieberman”. Particolare attenzione, prosegue la fonte, viene inoltre riservata “al milione di elettori arabi” attorno ai quali “vi è incertezza sulla reale partecipazione e l’orientamento di voto”.

Secondo le stime almeno 10 partiti dovrebbero riuscire a superare la soglia di sbarramento e fare il loro ingresso alla Knesset, il Parlamento israeliano. I dati mostrano infine una crescita dei partiti di estrema destra, che potrebbero risultare decisivi per una conferma del premier uscente. “Tutti gli schieramenti - conferma la fonte di AsiaNews - lanciano appelli al voto. In particolare, i rivali di Netanyahu sperano in un’ampia partecipazione per scalfirne il dominio”. 

Resta il fatto che la politica israeliana continua a essere fra le più turbolente del mondo occidentale: dalla nascita dello Stato a oggi si sono succeduti 34 governi, in media uno ogni due anni. E domani si terranno le quarte elezioni politiche dal 2013 a oggi. Dal 2009 ai primi mesi del 2019 il governo di Israele è stato sostenuto da una coalizione di destra formata dal Likud (nazionalista e liberale), e una serie di partiti della destra identitaria e religiosa che hanno spesso dettato l’agenda del governo. E da qui provengono alcune delle misure più controverse che il governo ha promosso in questi anni.

In piena campagna elettorale per le politiche, nel tentativo di riconquistare una solida maggioranza alla Knesset, dopo che il voto di aprile si è concluso con un nulla di fatto e l’impossibilità di formare il governo, Netanyahu ha rilanciato l’intenzione di annettere tutti gli insediamenti. Egli ha inoltre promesso di annettere anche la valle del Giordano, scatenando le ire del mondo palestinese e - questa volta - di diverse monarchie del Golfo, in primis l’Arabia Saudita con la quale si registra da tempo un avvicinamento in chiave anti-iraniana.

Sul fronte interno egli ha sbandierato a più riprese il “pericolo arabo”, mentre sul piano internazionale l’obiettivo numero uno degli attacchi resta l’Iran considerato “la più grave minaccia” alla sopravvivenza di Israele. Oltre a rafforzare la politica coloniale, Netanyahu ha anche cercato di piazzare telecamere nei seggi: per garantire la regolarità del voto, secondo gli esponenti del partito di governo; per intimidire gli elettori arabi e gli oppositori, rispondono i suoi avversari che con un voto alla Knesset sono riusciti a bloccare la legge e scongiurare il “grande fratello” elettorale.  

Secondo la fonte di AsiaNews anche l’ufficio di presidenza guarda con attenzione al voto. “Soprattutto dopo il dibattito tv fra Gantz e Netanyahu - spiega - quando il premier uscente interpellato con una domanda diretta non ha chiarito se intende restituire l’incarico nelle mani del capo dello Stato se non sarà in grado di formare un governo. Cinque mesi fa ha spinto per il voto, ora il quadro pone nuovi e più pressanti interrogativi”. La sfida elettorale, conclude, si giocherà “sulla percentuali di votanti e sul ruolo che avranno i piccoli partiti di destra, che potrebbero all’ultimo sostenere la corsa di Netanyahu in cambio di concessioni post voto”. 

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