17/06/2025, 14.07
INDONESIA
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Jakarta: bufera sul ministro della cultura che ‘nega’ gli stupri del maggio 1998

di Mathias Hariyadi

Il riferimento è alla “tragedia nazionale” che ha coinvolto soprattutto le donne cinesi-indonesiane e conclusa con le dimissioni dell’allora presidente Suharto. Per Fadli Zon le accuse di violenza sessuale non sono “comprovate”. Proteste in patria e all’estero. La Commissione ricorda i risultati dell’inchiesta, che sono “documenti ufficiali” dello Stato. 

Jakarta (AsiaNews) - La controversia innescata dalle frasi pronunciate dal ministro indonesiano della Cultura ha ormai superato i confini domestici, e sta assumendo sempre più una questione di portata internazionale. Ad innescare la polemica le parole di Fadli Zon, che ha respinto le accuse di stupri di massa di donne cinesi-indonesiane durante le rivolte del maggio 1998 - una “tragedia nazionale” conclusa con la cacciata dell’allora presidente Haji Mohammad Suharto - definendole “mere speculazioni”. Frasi che risultano ancor più gravi perché pronunciate da uno dei fedelissimi del presidente Prabowo Subianto, per decenni fra i suoi più stretti collaboratori, ben prima dell’ascesa alla massima carica dello Stato.

In una dichiarazione rilasciata la scorsa settimana Zon ha affermato che le accuse di violenza sessuale di massa durante i disordini avvenuti fra il 13 e il 15 maggio del 1998 siano in realtà “non comprovate”; inoltre, le indagini e i rapporti non hanno presentato prove conclusive. Il ministro ha poi citato la mancanza di dati verificabili - come l’identità delle vittime, i tempi, i luoghi e gli autori - sia nelle indagini dei media che nei risultati della Commissione d’inchiesta congiunta (Tgpf) avviata dal governo. 

Zon ha infine negato di aver sminuito la realtà della violenza sessuali, affermando che le sue osservazioni intendevano sottolineare la necessità di un rigore legale e accademico nelle narrazioni storiche. “La storia - ha detto - deve essere fondata su prove legali e accademiche, soprattutto quando si ha a che fare con dati e terminologia problematici”, per poi difendere l’iniziativa del ministero della Cultura che intende rivedere il curriculum storico nazionale. A seguire, egli ha anche respinto le accuse secondo cui i testi storici aggiornati ometterebbero i racconti e le testimonianze delle donne o sminuirebbero le violazioni dei diritti umani. 

Le parole del ministro hanno innescato polemiche e critiche durissime, alimentando una diffusa indignazione popolare. Gli studenti indonesiani e le comunità della diaspora in Olanda hanno condannato le affermazioni, descrivendole come una distorsione della verità storica e un passo pericoloso verso la cancellazione delle atrocità del passato. Durante un incontro presso l’ambasciata indonesiana all’Aia, i dimostranti hanno chiesto scuse pubbliche e la ritrattazione, avvertendo che tale negazione mina gli sforzi per riconoscere e affrontare 12 casi irrisolti di gravi violazioni dei diritti umani.

Il direttore di Amnesty International Indonesia, Usman Hamid, si è unito al coro di critiche, parlando di deliberato negazionismo. “Definire gli stupri di massa della Tragedia di Maggio 1998 una diceria non è solo impreciso, ma anche irresponsabile” ha sottolineato Usman durante una conferenza stampa tenuta da un gruppo di donne indonesiane venerdì 13 giugno. La Coalizione della società civile contro l'impunità, che comprende 547 organizzazioni e individui, ha definito le osservazioni di Zon una manipolazione della storia. “È un tentativo - afferma in una nota diffusa da KontraS il 15 giugno - di oscurare la verità e sminuire gli sforzi per rivelare la realtà della violenza di genere durante la tragedia umanitaria del 1998”.

Anche la Commissione nazionale per la violenza contro le donne (Komnas Perempuan) ha reagito in modo netto, criticando il ministro. Il commissario Yuni Asriyanti ha dichiarato che negare le violenze sessuali del 1998 equivale a tradire le vittime e ostacolarne la guarigione. “Esortiamo il ministro a ritrattare la sua dichiarazione e a presentare pubbliche scuse ai sopravvissuti e all’opinione pubblica, come atto di responsabilità morale e impegno per i diritti umani” ha affermato ieri Yuni. Komnas Perempuan ha poi ricordato i risultati ufficiali della commissione (Tgpf) che ha documentato 85 casi di violenza sessuale, tra cui 52 stupri, durante i disordini del maggio 1998. Vi sono dunque prove preliminari sufficienti per classificare gli eventi come crimini contro l’umanità ai sensi della legge n. 26 del 2000 sui tribunali per i diritti umani. “I sopravvissuti hanno portato questo fardello in silenzio per troppo tempo. Una negazione come questa non è solo dolorosa, ma prolunga l’impunità” ha detto il commissario Komnas Perempuan Dahlia Madanih. Va infine ricordato che le conclusioni della commissione sono documenti ufficiali dello Stato.

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