03/02/2016, 11.14
NEPAL
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Kathmandu nega il rimpatrio a 300mila nepalesi abusati in Malaysia

di Christopher Sharma

Circa un milione di migranti nepalesi lavora in Malaysia. Un terzo di essi ha chiesto di ritornare in patria per problemi legati alla crisi valutaria, insicurezza e perché subiscono tortura. Il Nepal però ancora “soffre per il terremoto e l’embargo indiano” e Kathmandu non sa come reimpiegare i migranti. Kuala Lumpur non sigla contratti regolari, mentre chiede più lavoratrici donne “che finiscono nel mercato del sesso”.

Kathmandu (AsiaNews) – Circa 300mila nepalesi emigrati in Malaysia per lavorare hanno chiesto alle autorità di Kathmandu di essere rimpatriati, a causa di continue torture, insicurezza personale e crisi economica. Ma la madrepatria ha negato il ritorno dei propri cittadini, temendo ripercussioni sull’economia nazionale. Il governo infatti non saprebbe come reimpiegare i lavoratori e perderebbe le ingenti somme provenienti dalle loro rimesse. Baburam Marasini, funzionario del ministero delle Finanze, ha dichiarato: “Il ritorno simultaneo di un numero così elevato di persone avrebbe un grave impatto e metterebbe il Nepal in una situazione di allarme”.

Secondo i dati dell’Apex Development Bank, il massimo istituto finanziario del Paese, circa 4,1 milioni di nepalesi lavorano all’estero e fruttano 1,8 miliardi di rupie al giorno [circa 15 milioni di euro – ndr]. Un terzo di questa somma proviene dalla Malaysia, dove risiede quasi un milione di nepalesi.

Kedar Bogati, direttore generale della Divisione per il lavoro estero, dice: “Nell’ultimo periodo i lavoratori migranti stanno affrontando problemi insoliti in Malaysia. Ci testimoniano grande insicurezza, il crollo della valuta ed episodi di tortura sui luoghi di lavoro”.

L’amministratore riferisce inoltre che il Paese del sud-est asiatico reprime la loro tradizione culturale e le pratiche religiose. Rajan Karki, attivista sociale, conferma: “La Malaysia paga i migranti la metà rispetto a quanto pattuito. Esiste anche un profondo problema culturale, in quanto la maggior parte dei nepalesi è di religione indù ma è costretta a praticare l’islam e a seguire i dettami della fede islamica”.

Bogati aggiunge poi che il Nepal “affronta diversi problemi e instabilità sociale a causa del terremoto dell’aprile scorso e per l’embargo indiano sui beni esportati”, in vigore da quando è stata approvata la Costituzione. Questi sono i motivi principali “per cui Kathmandu ha negato il ritorno, che creerebbe ancora più confusione”.

Da ultimo, il direttore fa notare una certa incongruenza nell’atteggiamento del governo malaysiano. Da una parte è restio a siglare contratti regolari con i migranti, dall’altra di recente ha richiesto l’invio di più lavoratrici donne. Questo perché, riferiscono fonti giornalistiche, migliaia di donne e ragazze nepalesi vengono assunte come domestiche, ma poi sono costrette a prostituirsi. Se si oppongono, vengono violentate e costrette ad avere gravidanze non desiderate. 

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