05/12/2025, 13.07
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Kurdistan: dal patriarcato caldeo ‘ferma condanna’ per un cimitero cristiano profanato

Diverse tombe scoperchiate, lapidi distrutte nel cimitero cristiano del villaggio di Harmota, nel distretto di Koya. Al momento non si conoscono gli autori del gesto e le motivazioni dietro l’attacco. Ira e indignazione fra i fedeli, per il card. Sako è un gesto “moralmente e religiosamente inaccettabile”. A fine novembre missili contro un giacimento di gas.

Erbil (AsiaNews) - Una “ferma condanna” per un atto sacrilego che ha colpito la comunità cristiana locale, mentre a distanza di giorni ancora non vi sono notizie sui responsabili. È quanto esprime il patriarcato caldeo in una nota inviata ad AsiaNews a firma del primate, il card. Louis Raphael Sako, per “l’attacco al cimitero cristiano” del villaggio di Koya, nel Kurdistan iracheno con tombe profanate, lapidi abbattute e luoghi di sepoltura distrutti. “Questo attacco criminale contro i cadaveri - si legge nella dichiarazione - è moralmente e religiosamente inaccettabile”. “Noi cristiani - prosegue il porporato - abbiamo già pagato un prezzo elevato per conflitti in cui non siamo coinvolti. Chiediamo che le autorità del Kurdistan conducano un’indagine approfondita e professionale e assicurino alla giustizia i responsabili, affinché ricevano la giusta punizione”.

La richiesta di giustizia lanciata dal patriarca Sako si unisce al coro di indignazione e condanna per l’attacco a un luogo sacro, in un’area in cui la convivenza fra cristiani e musulmani (in maggioranza curdi) locali è pacifica. Tuttavia, nelle scorse settimane anche la regione del Kurdistan iracheno ha registrato attacchi e violenze, dai razzi lanciati contro il giacimento di gas di Khor Mor alle proteste sedate con la forza nell’area di Erbil, che hanno fatto registrare anche alcune vittime. 

“Vogliamo assicurare ai cristiani - prosegue la nota del patriarcato caldeo - che sono protetti e al sicuro, altrimenti inizierà una nuova ondata di emigrazione”. Oltre 100 famiglie cristiane vivono ad Harmota e circa 60 nel centro di Koya, per un totale di oltre 700 persone. Harmota rappresenta circa il 9% della popolazione di Koya; nel distretto sorgono due chiese, la più grande delle quali è Maryam Pakiza. “Abbiamo fiducia nel governo regionale - conclude il card. Sako - affinché faccia giustizia e punisca i responsabili di questo crimine efferato”.

A scatenare l’ira e l’indignazione dei cristiani locali la profanazione, stigmatizzata anche dal governo regionale del Kurdistan (Krg), nei giorni scorsi di un cimitero cristiano nel villaggio di Harmota, nel distretto di Koya, provincia orientale di Erbil. Al momento non vi sono maggiori informazioni sugli autori dell’attacco e la matrice del gesto; nel mirino di ignoti almeno una dozzina di tombe che sono state vandalizzate. L’ufficio del primo ministro Masrour Barzani ha diffuso una nota di condanna per un “atto distruttivo e inappropriato” commesso contro “nostri fratelli e sorelle cristiani”. La dichiarazione aggiunge che verranno avviate “le indagini necessarie per identificare e punire” i responsabili del gesto.

Sconcerto e preoccupazione, intanto, si diffondono fra la popolazione cristiana residente nell’area. “Un gran numero di tombe sono state vandalizzate, alcune con martelli, altre con strumenti diversi, e diverse tombe sono state lasciate scoperte” ha spiegato al sito di informazione Rudaw Hawzhin Silewa, membro della comunità cristiana e docente alla Koya University. La portata del danno, prosegue, fa pensare che il gesto di profanazione sia stato effettuato “da più di una persona”, ma al momento “non sappiamo chi sia stato e perché lo ha fatto”. Nei giorni scorsi alcuni rappresentanti della comunità si sono riuniti al cimitero per esprimere la loro indignazione.

L’attacco ha sollevato infine ampie condanne da parte di personalità e gruppi religiosi, politici e civili. Il Movimento democratico assiro (Zowaa) ha detto che rappresenta “un nuovo anello in una catena di incidenti simili che i cimiteri cristiani e i luoghi sacri hanno affrontato negli ultimi anni in diverse aree della regione, tra cui Shaqlawa, Tel Keppe, Zakho e Simele”. Il gruppo aggiunge che tali atti riflettono la diffusione di idee estremiste ostili alla diversità religiosa ed etnica e minano le stesse basi della pace civile nella regione.

Sempre nel Kurdistan aveva destato profonda preoccupazione, oltre che gravi disagi alla popolazione, l’attacco diretto al giacimento di gas di Khor Mor a Sulaymaniyah, che ha causato un’interruzione di corrente con conseguenti danni a civili e istituzioni vitali nella regione. “Questi attacchi insensati e queste dimostrazioni di forza - aveva dichiarato il card. Sako commentando la vicenda -. non fanno che complicare la situazione irachena e non risolvono i problemi”.

Il giacimento di Kormor rappresenta la principale fonte di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale utilizzati per la produzione di energia elettrica nella regione del Kurdistan. Secondo il portavoce del Ministero dell'Elettricità, Omid Ahmad, il bombardamento del campo avvenuto la notte del 26 novembre scorso ha causato una riduzione stimata dell'80% della produzione di elettricità. Il giacimento, situato nel distretto di Chamchamal, è una struttura gestita da Pearl Petroleum, consorzio composto dalle società Dana Gas e Crescent, con sede negli Emirati Arabi Uniti (Eau).

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