01/06/2005, 00.00
CINA - GIAPPONE
Invia ad un amico

La guerra diplomatica fra Tokyo e Pechino

di Pino Cazzaniga

Tokyo (AsiaNews) -  Alla luce degli avvenimenti degli ultimi 2 mesi, le relazioni tra Cina e Giappone ci sembrano talmente tese che siamo tentati di dire che i due colossi dell'Asia orientale sono in stato di guerra diplomatica. E le guerre - diplomatiche o militari - hanno sempre effetti nefasti. Individuiamo 3 date che indicano lo sviluppo della tensione: il 9 aprile, il 23 aprile e il 23 maggio.

Il 9 aprile a Pechino folle arrabbiate di giovani cinesi hanno malmenato cittadini giapponesi, rovinato negozi e ristoranti e lanciato pietre contro l'ambasciata nipponica. La polizia ha lasciato fare e il governo cinese, in seguito, ha "istruito" le masse a rispettare le regole diplomatiche. Ma al ministro degli esteri giapponese, che chiedeva il riconoscimento del male fatto e il risarcimento dei danni, Pechino non ha risposto.

Il 23 aprile si è avuto a Jakarta (Indonesia) l'incontro al vertice tra Koizumi e Hu Jintao con risultato positivo: pur non essendoci stata una dichiarazione congiunta, ambedue hanno dichiarato che le buone relazioni tra i due paesi erano di grande importanza e che si sarebbero impegnati per migliorarle. Riteniamo che vada attribuito al governo giapponese il merito del risultato positivo dell'incontro per l'intenso lavorio diplomatico preparatorio e soprattutto per la limpida dichiarazione di pentimento del premier giapponese di fronte a 100 leaders afro-asiatici, Hu Jintao compreso. Si sperava che l'incontro di Jakarta fosse l'inizio di un cammino di ravvicinamento.

Il 23 maggio l'annullamento improvviso e scortese dell'incontro Wu-Koizumi ha infranto le speranze, almeno temporaneamente. Il 24 maggio il ministero degli Esteri cinese, attraverso il suo portavoce Kong Quan, ha gettato la maschera. Il motivo della repentina partenza di Wu Yi da Tokyo non era un urgente impegno di Stato ma l'irritazione del governo di Pechino per le ripetute visite di Koizumi al santuario shintoista Yasukuni.

Mentre la vice-primo ministro cinese era in Giappone, trattata con particolare cordialità, Tsutomu Takebe e Tetsuo Fukushiba, rispettivamente segretari del Partito Liberal Democratico e del Komeito - i due partiti di coalizione governativa - si trovavano a Pechino per colloqui con alti rappresentanti del partito comunista e del governo cinesi. L'incontro dei 2 ufficiali giapponesi con Hu Jintao è avvenuto il giorno 22.

Il presidente cinese, come era facilmente prevedibile, ha ribadito i motivi della preoccupazione del suo governo nel confronti della leadership giapponese: il problema delle visita al santuario Yasukuni, l'annacquamento di alcuni testi di storia in uso nella scuole e le simpatie del Giappone verso Taiwan. "Abbiamo sviluppato le relazioni tra Cina e Giappone passo dopo passo come  quando, costruendo un edificio, si pone un mattone sull'altro. Ma – ha messo in guardia - per distruggere un edificio basta un istante". Nello stesso tempo, tuttavia, ha di nuovo sottolineato l'enorme importanza delle relazioni tra i due paesi e ha ringraziato il governo di Tokyo per la calorosa accoglienza offerta alla vice premi-ministro. Poche ore dopo Wu Yi riceveva l'ordine di annullare l'incontro con Koizumi.

Irritata l'opinione pubblica giapponese. Secondo un'inchiesta dell'Asahi Shimbun circa il 50% dei giapponesi è contraria alle ripetute visite di Koizumi al santuario Yasukuni; tuttavia almeno il 51 % ritiene "incomprensibile" l'atteggiamento della Cina. Delle tensioni sino-giapponesi è preoccupata anche la diplomazia internazionale. Oggi, forse piú che mai, una guerra diplomatica tra Cina e Giappone è nociva non solo per le due nazioni ma per la prosperità e la pace nell'Asia orientale.  Si pensi, per esempio, al problema della Corea del nord, dove la Cina svolge una funzione di mediazione fra tutti i paesi interessati, fra cui anche il Giappone.

È molto probabile che i veri motivi del comportamento anormale della diplomazia cinese non siano quelli dichiarati. Hidehito Fujiwara, analista del quotidiano giapponese Asahi, ritiene che la Cina ha rischiato la scortesia diplomatica per motivi di politica interna. Quando nel 1972 Cina e Giappone hanno normalizzato le relazioni, il governo cinese si è dato gran pena per placare i forti sentimenti antigiapponesi del popolo. Oggi in un clima un po' più democratico, questo è particolarmente difficile.

La leadership cinese deve aver calcolato che il rischio del biasimo internazionale per la rottura del protocollo diplomatico fosse meno pericoloso del rischio politico di una resistenza popolare.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Doha muove la diplomazia per rilanciare le relazioni con sauditi ed emirati
27/08/2021 09:03
Tokyo, Abe è partito per l’Iran: tenterà di mediare con gli Usa
12/06/2019 11:10
Le ‘ambigue’ relazioni di Dušanbe con l’Afghanistan (pre) talebano
10/11/2023 08:26
L'Asia minacciata dalla xenofobia fra Cina, Giappone e Corea
17/12/2005
Le Isole Salomone scelgono la Cina: Taiwan rompe le relazioni con Honiara
16/09/2019 15:06


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”