01/06/2021, 10.31
KAZAKISTAN
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La lotta per i diritti degli invalidi kazaki

di Vladimir Rozanskij

Oleg Šarapatjuk chiede in tribunale una nuova protesi alla gamba. Vittima di un incidente di lavoro, come tanti nella sua condizione è ignorato dalle istituzioni del Paese. Servono pensioni più alte e servizi migliori per le persone con diverse abilità. In Kazakistan vivono circa 700 mila invalidi.

Mosca (AsiaNews) – Ieri si è aperto il processo intentato da Oleg Šarapatjuk nei confronti dell’amministrazione di Temirtau per ottenere il suo diritto ad avere una protesi alla gamba. Il 45enne Oleg è invalido; il suo caso è diventato la cassa di risonanza per tutte le persone diversamente abili del Paese, secondo le quali “lo Stato da noi difende il sistema e non la persona”, riporta Radio Azattyk. Il governo ha promesso di rivedere la legislazione in proposito.

Per diversi anni, Šarapatjuk ha condotto da solo questa battaglia. Una volta era un lavoratore sano e robusto, autotrasportatore di una grande azienda: è rimasto privo di una gamba per colpa del datore di lavoro, ottenendo un’invalidità di terzo livello. Avrebbe diritto alla protesi, ma nessuno degli organi preposti si è interessato a lui o ha controllato che gli venisse riconosciuto questo diritto, che gli è stato negato più volte anche in tribunale.

Oleg racconta che è già scaduto il termine di utilizzo della prima protesi provvisoria: “Per legge avrei diritto a quella nuova, visto che questa non aderisce più e mi provoca forti dolori e disagi, portando a un peggioramento generale di tutta la mia salute”. Ad aprile il tribunale aveva dato ragione al datore di lavoro, che riteneva sufficiente l’aiuto iniziale. Una nuova protesi costa oltre 5,5 milioni di tenge (circa 10.500 euro). Gli utenti di Azattyk hanno raccolto per lui 128mila tenge (245 euro), e questo atto di solidarietà lo ha spinto a proseguire la sua lotta, rivolgendosi al tribunale regionale.

Come lo stesso Oleg sottolinea, “sulle reti social molte altre persone nelle mie condizioni chiedono al governo di alzare le quote delle pensioni di invalidità, di metterci nelle condizioni di avere abitazioni accessibili e di fornire almeno qualche servizio essenziale”. Egli fa notare che finora “soltanto alcuni privilegiati riescono a ottenere qualcosa, per vie piuttosto ambigue”. Per legge, le invalidità lavorative devono essere coperte dai datori di lavoro, che sono anche tenuti a pagare in modo regolare lo stipendio a cui il lavoratore invalido avrebbe diritto, e ad assicurare tutti gli altri servizi se ritenuti colpevoli del danno.

Come osserva Irra Belfer, attivista kazaka per i diritti umani, “negli ultimi tempi molti gruppi sociali nel nostro Paese hanno cominciato a denunciare le violazioni dei propri diritti e gli invalidi sono uno di questi gruppo. Man mano che ci si abitua al sostegno reciproco, tutta la società cresce e si rafforza nella difesa delle persone umane. Ci si abitua a parole da noi quasi sconosciute come tolleranza e inclusione”. Secondo Belfer, ancora cinque anni fa in Kazakistan ci si limitava alle “lamentele da cucina”, nel circolo ristretto di amici e parenti, per paura di perdere quel poco che si aveva e di fare danni ai congiunti.

Il superamento della paura per il proprio destino, molto radicato nella mentalità dei kazaki, è provocato secondo gli attivisti dalla politica “inquisitoria” del regime, per cui qualunque richiesta dei cittadini è considerata già una forma di dissenso. I funzionari pubblici sono abituati ai resoconti positivi di sovietica memoria, per cui “tutto va sempre bene” e i piani vengono rispettati anche oltre le attese; per non parlare della corruzione diffusa. Ogni denuncia di discriminazione viene negata, perché “nel piano statale non se ne parla”.

Per garantire a tutti i cittadini un accettabile livello di vita, il Kazakistan ha firmato nel 2015 la convenzione ONU sulla difesa delle persone con diverse abilità. In questi sei anni si sono visti però ben pochi progressi al riguardo. Venjamin Aliev, un altro attivista per i diritti umani, ha affermato che “al momento nel nostro Paese gli invalidi sono la categoria più indifesa, e durante la pandemia le loro condizioni sono peggiorate in modo ulteriore”. In Kazakistan vivono circa 700 mila persone invalide, il 3,7% dell’intera popolazione.

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