22/05/2024, 12.20
LIBANO - IRAN
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La morte di Raisi e le ‘ripercussioni’ sul fragile ‘scenario libanese’

di Fady Noun

Il presidente iraniano e il ministro degli Esteri usciti di scena con l'esplosione del loro elicottero erano tra i responsabili della paralisi del Paese dei Cedri. Ma a Beirut è opinione diffusa che non avrà un impatto immediato sulle regole di ingaggio tra Hezbollah e Israele al confine meridionale, né sulle elezioni presidenziali. Più grave lo scenario in caso dovessero emergere conferme della teoria dell’attacco deliberato. 

Beirut (AsiaNews) - Con tre giorni di lutto e l’apertura di un registro per le condoglianze all’ambasciata iraniana nella capitale, il Libano ufficiale ha rispettato nella forma la morte del presidente e del ministro degli Esteri della Repubblica islamica nello schianto del loro elicottero il 19 maggio. Il capo della diplomazia di Beirut Abdallah Bou Habib ha addolcito la pillola, finendo per affermare che il suo omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian, anch’egli deceduto nell’incidente, era “un amico del Libano”. Tuttavia, per quanto riguarda l’opinione pubblica e nella sfera dei partiti che rappresentano i cristiani e i sunniti, i due uomini non saranno rimpianti.

Entrambi, infatti, come Hezbollah appartengono al campo ultraconservatore che dall’8 ottobre ha “preso in ostaggio” il Libano e lo ha impegnato in una guerra senza fine con Israele. Questa fazione è anche accusata di essersi adattata perfettamente alla vacanza presidenziale che perdura dall’ottobre 2022, di aver bloccato il Parlamento e di aver impedito che qualsiasi mediazione araba, francese o americana, indipendente dall’Iran, avesse successo. Fra le alte sfere è opinione comune che in nessuno di questi ambiti la scomparsa di Raisi avrà conseguenze; al contrario, il timore è quello di un ulteriore indurimento delle posizioni della Repubblica islamica.

In ogni caso, per misurare le ripercussioni di questo grave incidente sul Libano è necessario prima stabilire le possibili conseguenze di questa morte nello stesso Iran, aggiungono questi ambienti sopracitati. Infatti, non è a livello del presidente della Repubblica che si sentiranno i risvolti della morte dei due alti ufficiali, quanto piuttosto dalle parti della guida suprema. Come è noto, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi era destinato - o comunque puntava - a succedere all’attuale grande ayatollah, l’85enne Ali Khamenei. La sua scomparsa crea dunque un vuoto che potrebbe acuire le contraddizioni interne al sistema iraniano, esacerbando i rapporti tra i Pasdaran, l’ala radicale del potere, e i “chierici” riformisti. In questo senso, a Beirut è opinione diffusa che l’ala più dura mantenga la presa sul Paese e che lo schianto dell’elicottero non farà altro che rafforzarla.

Incidente fortuito o attentato?

Allo stato attuale della situazione, oltre a possibili rivalità interne che emergeranno per quanto riguarda la successione di Khamenei, a Beirut si guarda con estrema attenzione agli sviluppi dell’inchiesta sulle cause dell’incidente dell’elicottero presidenziale. Fonti vicine a Hezbollah affermano, dietro garanzia di anonimato, che i contorni di “ciò che è accaduto” rimangono “estremamente poco chiari”. È vero, dicono, che per il momento le autorità considerano la causa accidentale collegandola alla presenza della nebbia, ad un guasto nelle apparecchiature elettroniche di un vecchio elicottero [privo di mezzi di ricambio per le sanzioni occidentali] e della lentezza delle operazioni di soccorso.

“Se questi sono i fatti - affermano le fonti - vi è da aspettarsi che il regime continuerà a funzionare senza cambiamenti”. “Tuttavia, l’ipotesi di un incidente provocato [in modo deliberato] non è stata esclusa da alcuni” secondo i quali l’obiettivo dichiarato era quello di “eliminare Raisi dalla corsa per diventare Guida Suprema”. Ecco dunque che, secondo questa versione che circola anche a Beirut, l’incidente potrebbe essere il risultato di un complotto interno.

Infine, vi è la teoria considerata “plausibile” in alcuni ambienti diplomatici dell’Europa orientale in Libano - e che rappresenta lo scenario più grave e complesso anche per il Paese dei cedri - di un attacco architettato dallo Stato israeliano. Anche in questo caso si tratta di una ipotesi, ma - pur avendo Israele negato il suo coinvolgimento - restano elementi a favore di questa teoria: in primo luogo, il fatto che l’elicottero presidenziale sia stato l’unico dei tre velivoli facenti parte del convoglio a precipitare; in secondo luogo, le minacce del 16 aprile fatte dal ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant, secondo cui i cieli del Medio oriente sono “aperti” all'aviazione israeliana, che potrà “colpire il nemico ovunque si trovi”.

Da ultimo la vicinanza dell’Azerbaigian, Paese con cui Israele ha stretti legami militari e da cui l’elicottero proveniva dopo la cerimonia di inaugurazione di una diga. Questa sarebbe, ovviamente, la versione più grave, che potrebbe scatenare un grave conflitto regionale. Anche se la sua veridicità dovesse essere accertata, però, gli iraniani potrebbero scegliere di tenerla segreta per preservare i loro punti di forza, come si sottolinea negli ambienti diplomatici libanesi già menzionati. Secondo una fonte vicina a Hezbollah, la disponibilità della guida suprema ad affermare, alla notizia dell’incidente, che non vi sarà alcun vuoto di potere, si spiegherebbe - quindi - con la volontà di evitare ogni sorta di problema che potrebbe ostacolare la successione o minare il potere.

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