25/06/2025, 14.50
IRAN-ISRAELE
Invia ad un amico

Cardinale di Teheran: oltre la ‘fragile’ tregua, pace ‘responsabilità comune e condivisa’

di card. Dominique Joseph Mathieu*

Nella riflessione finale del suo “diario di guerra” l'arcivescovo Mathieu commenta il cessate il fuoco in vigore da ieri tra Israele e l'Iran, dopo l’intervento Usa. La 'Guerra dei 12 giorni' ha cambiato “la percezione del mondo”. La gratitudine per “la vicinanza” espressa “in molti modi”. "Siamo ancora al diritto di autodifesa. Ma se immaginiamo di concentrare la cura dei nostri fiori e delle nostre piante sul diserbo, rischiamo di avere un terreno sterile". La sfida di trasmettere "amore e non odio".

Teheran (AsiaNews) - “La percezione del mondo è cambiata. Da vicino e da lontano, persone di ogni genere hanno espresso la loro vicinanza in molti modi. Nella prova, abbiamo sentito fortemente una sincera comunione di spirito. Questo ci ha dato la forza di perseverare nel dubbio”. È quanto scrive il card. Dominique Joseph Mathieu, arcivescovo di Teheran-Ispahan dei latini, nella terza riflessione inviata ad AsiaNews in cui racconta la guerra lanciata da Israele all’Iran con l’intervento diretto degli Stati Uniti, prima militare e poi diplomatico. Nelle ultime 24 ore sembra reggere la “fragile” tregua imposta dalla Casa Bianca, ma le ferite della “Guerra dei 12 giorni” restano, come le criticità legate a un cessate il fuoco basato “sulla deterrenza e non su accordi tra i belligeranti”.

Restano le prospettive per un futuro che sia davvero di pace, come auspica il cardinale di Teheran: “Solo quando è stata confermata la cessazione delle ostilità, ciascuno con la propria interpretazione, abbiamo ripreso fiato, sperando - auspica - di tornare al normale ritmo della vita quotidiana”. Da qui l’invito del card. Mathieu a “coltivare lo spirito purificando il nostro cuore”, perché solo attraverso un “impegno attivo nel mondo presente […] prepara una realtà futura e lontana di pace, giustizia e comunione con Dio”.
Di seguito, la riflessione del card. Mathieu inviata ad AsiaNews:

La notte tra lunedì e martedì [fra il 23 e il 24 giugno, ndr] è stata terrificante, con esplosioni e un’intensa attività di difesa. Nelle prime ore di martedì, l’intensità ha raggiunto il culmine, mentre i social media annunciavano che un cessate il fuoco sarebbe entrato in vigore. Non sorprende che la logica della guerra spinga a dare il massimo prima dell’ora concordata, anche se diversa per le due parti coinvolte.

Quando il silenzio delle armi ha regnato a metà mattinata, sebbene un forte odore di bruciato persistesse ancora nell’aria e l’orizzonte a 360 gradi fosse invaso dal fumo, una pace ci ha invaso. Di breve durata, poiché l’annuncio di un attacco e della rappresaglia faceva temere il peggio. Solo quando è stata confermata la cessazione delle ostilità, ciascuno con la propria interpretazione, abbiamo ripreso fiato, sperando di tornare al normale ritmo della vita quotidiana; cosa che la notte tra martedì e mercoledì ci ha offerto, anche se l’orecchio, nonostante il sonno, è rimasto attento al minimo rumore, ormai diventato sinonimo di guerra. I mezzi pubblici ora sono affollati, l’attività riprende e le preoccupazioni della vita quotidiana sono tornate all’ordine del giorno.

Eppure la percezione del mondo è cambiata. Da vicino e da lontano, persone di ogni genere hanno espresso la loro vicinanza in molti modi. Nella prova, abbiamo sentito fortemente una sincera comunione di spirito. Questo ci ha dato la forza di perseverare nel dubbio. E ci siamo messi davanti al Santissimo Sacramento per deporre ai piedi di Gesù l’unica giusta battaglia, quella per la pace e la giustizia. Anche se il sonno era pesante, abbiamo vegliato con lui per la pace per i nostri fratelli e sorelle, qui e in Terra Santa, e in ogni parte del mondo, che vivono questo dramma da troppo tempo, e troppo spesso senza i bisogni più elementari. Questo non deve mai diventare abitudine.

Il cessate il fuoco, che conclude la “Guerra dei 12 giorni”, è estremamente fragile, poiché si basa attualmente sulla deterrenza e non su accordi tra i belligeranti.

Siamo lontani dallo stabilire il rispetto reciproco e la fiducia reciproca. Non si parla in questa fase di riconciliazione. Siamo ancora al diritto di autodifesa, anche in modo preventivo.

Se immaginiamo di concentrare la cura dei nostri fiori e delle nostre piante sul diserbo, rischiamo di avere un terreno sterile, mentre se ci concentriamo sulla bellezza e sul profumo della pianta, allora è con amore che ci prenderemo cura anche dei suoi dintorni. Ma quando si pretende di prendersi cura del giardino di un vicino, anche lontano, perché i suoi semi non diventino invasivi, allora il conflitto non è mai lontano. Dobbiamo arrivare a una strategia comune.

Questo è radicato nella Sacra Scrittura. La cura del giardino riflette il ruolo dell’umanità come amministratore della creazione divina. Abbiamo la responsabilità di curare e rendere produttiva la terra. Si tratta quindi di proteggere, preservare e sovrintendere la creazione; e non di distruggerla. Perché questo bene non ci appartiene, è stato affidato alle nostre cure. Questa responsabilità si estende alle generazioni future e richiede da parte nostra una responsabilità comune e condivisa, anche nella diversità dei mezzi messi in atto. Ciò che vogliamo trasmettere oggi e domani è amore e non odio.

Per arrivarci, dobbiamo coltivare lo spirito purificando il nostro cuore e allineandolo alla volontà di Dio. San Paolino di Nola consigliava: “Quando sei nel campo e guardi la tua fattoria, considera che anche tu sei il campo di Cristo e presta attenzione a te stesso come fai con il tuo campo”.

Un tale impegno attivo nel mondo presente, dove è bello vivere per tutti, prepara una realtà futura e lontana di pace, giustizia e comunione con Dio.

* Arcivescovo di Teheran-Ispahan dei latini

LEGGI QUI LE DUE PRECEDENTI RIFLESSIONI DEL CARD. MATHIEU PUBBLICATE DA ASIANEWS NEI GIORNI SCORSI

"Preghiamo per le trattative, abbattendo muri e ostilità"

"Escalation fa temere il peggio, niente pace senza giustizia"

 

 

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Sierra Leone, sacerdote filippino: Resto qui e sfido l'ebola per i miei fedeli
31/10/2014
Toppo, un tribale nel collegio cardinalizio
14/04/2005
Card. Phan Minh Man: dialogare col comunismo vietnamita
14/04/2005
Conclave: fumata nera per la terza votazione
19/04/2005
Vaticano: chiusa la Sistina, i cardinali in conclave
18/04/2005


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”