08/04/2005, 00.00
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La morte di Wojtyla e il seme della promessa

di Bernardo Cervellera

Città del Vaticano (AsiaNews) - I poveri che egli ha sempre abbracciato; i potenti della terra che egli ha redarguito e incoraggiato; i giovani che egli ha sempre cercato; i vecchi e gli anziani coi quali ha condiviso gli ultimi anni di malattia: tutti si sono dati appuntamento in questo Venerdì di dolore e di Pasqua di risurrezione per circondare di affetto e gratitudine la vita e la morte di Giovanni Paolo II.

Grazie a lui si ritrovano vicini capi di stato islamici, Iran e Siria, e capi di stato  d'Israele e America; rappresentanti di ricchi paesi d'occidente e ambasciatori e fedeli di povere lande africane.

Attorno alla semplice bara di cipresso ruota tutto il mondo globalizzato che, una volta tanto, invece di dividersi, opporsi, sfruttare, si trova radunato e riconciliato. Gli schermi televisivi in Asia,  Africa, America, Europa e Oceania non fanno che moltiplicare all'infinito questo senso di unità globalizzata nella pace, attorno alla testimonianza del papa defunto. Il papa che ha lottato contro le ingiustizie, che ha chiesto la fine del terrorismo, che ha domandato ai grandi di difendere la famiglia e la vita è riuscito a radunare un'assemblea che è più di un simposio politico. Sul sagrato della basilica la bara povera e sobria raccoglie i resti del dono di un uomo che "non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé" e per questo ha scosso il mondo con la sua fede, la sua richiesta di giustizia, la sua offerta di misericordia.

Anche il rito funebre, con il suo doppio registro latino e orientale, rivela un'altra eredità di Wojtyla. Il papa che ha chiesto alla chiesa di "respirare coi due polmoni", d'oriente e occidente, ha ricevuto insieme l'abbraccio delle chiese d'Europa e Medio Oriente, di Russia e d'America; d'Ucraina e dell'India.

Mentre la bara viene acclamata da 15 lunghi minuti di applausi, prima di essere seppellita nella terra del Vaticano, viene alla mente la meditazione del card. Ratzinger alla Via Crucis di quest'anno, richiestagli da papa Wojtyla: "Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Giov. 12, 24). Quest'oggi abbiamo assistito ad un seppellimento, ma anche ad una semina: un mondo più fraterno è possibile e una chiesa risvegliata dal sonno "di una fede stanca" è anche possibile. Quando i milioni gridavano "Santo, santo, santo subito!", riferendosi a una canonizzazione del papa, era un altro modo per dire "Alziamoci, andiamo, vogliamo vivere ciò che abbiamo imparato da lui". Era un funerale, ma pieno di applausi, c'era dolore, ma anche la gioia di una nuova promessa. Il futuro appartiene alla grazia di Dio, ma anche alla nostra responsabilità e alla benedizione del papa "dalla finestra della casa del Padre".
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