03/02/2023, 10.27
ORTODOSSI
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La morte di Zizioulas, profeta di una teologia libera dalle catene della storia

di Nikos Tzoitis

Il metropolita di Pergamo, grande voce dell’Oriente, è morto a 92 anni mentre si trovava ad Atene. Diceva: “Non esiste libertà senza carità”. E auspicava una Chiesa unita per opporsi all’arroganza degli interessi geopolitici e alle derive nazionaliste.

Atene (AsiaNews) - Il vescovo Ioannis Zizioulas, metropolita di Pergamo - teologo e figura di spicco del patriarcato ecumenico di Costantinopoli - è stato chiamato a ritornare alla casa del Signore. Si è spento ieri all’età di 92 anni in un ospedale di Atene, dove era ricoverato già da qualche giorno. Domani si terranno i funerali.

"La mia mente si sente giovane, ma il mio corpo non mi segue più", mi aveva confidato di recente. In occasione della festa dei grandi padri della Chiesa universale - Giovanni Crisostomo, Gregorio il teologo e Basilio di Cesarea, che cade il 30 gennaio - era stato invitato dal metropolita di Peristeri Grigorios Papathomas a partecipare a un dibattito con il professore e importante politico greco Evangelos Venizelos sul tema “Teologia e società”. Un invito che aveva accettato con giovanile entusiasmo; ma il precipitare del suo stato di salute ci ha privato della sua presenza.

Nelle nostre recenti discussioni il metropolita Zizioulas aveva sottolineato come la teologia non debba essere prigioniera della propria storia, perché la storia è morte, identificandosi con il tempo. E il tempo significa logorio che porta alla morte. “Il nostro pensiero - amava ripetere - deve essere apofatico, contemplativo. Deve avere una visione escatologica della propria esistenza. Lo stesso concetto della nostra Chiesa, che è un raduno di persone con Cristo come punto di riferimento, deve essere espresso attraverso la sinodalità, che scaturisce dalla frase di Cristo: il Padre ed io siamo una cosa sola”.

Sottolineava il problema della mancata comprensione del significato vero della libertà, che è dono di Dio ed esprime l’amore divino per la sua creazione. “Non esiste libertà senza carità”, insisteva. Aggiungendo che “l’unico concetto che il Signore di tutto non comprende è quello di razza e nazione”. E finché la Chiesa resterà “intrappolata in una visione secolarizzata dell’umano divenire, non potrà avere un futuro”.

Il metropolita Zizioulas riteneva che solo una Chiesa unita potesse opporsi all’arroganza degli interessi geopolitici e risparmiare il genere umano dai continui disastri nel suo cammino verso il regno di Dio. “Questa è la grandezza della nostra Chiesa - continuava Ioannis Zizioulas - che vuole trasmettere con fede e certezza il messaggio della Resurrezione, ossia la vittoria della vita sulla morte, perché la morte non costituisce l’ultima parola sulla nostra vita. Come pure l’odio, la violenza e il male non sono l’ultima parola sulla nostra vita, perché essi sono stati sconfitti da Nostro Signore”.

La Chiesa ortodossa, aggiungeva, interpreta e trasmette questo messaggio in vari modi, ma soprattutto con la Divina Liturgia, che rappresenta l’unione dei vivi con i morti in un solo corpo, quello di Nostro Signore Gesù Cristo. “E noi tutti qui uniti nella liturgia, possiamo esclamare che il tempo non può dominarci e il passato non può legarci a tutti i suoi mali, perpetuando il suo odio, le sue paure e malizie. Dobbiamo liberare i nostri animi da quei vincoli che ci trattengono infruttuosamente inchiodati al passato e dobbiamo guardare al futuro”.

Da queste terre dell'Oriente, affermava il metropolita di Pergamo, è venuta la più grande saggezza della storia dell’intera umanità, contenuta in una sola parola: amore. "Una saggezza che il mondo antico, malgrado abbia toccato vette altissime dell’umano sapere, non riuscì mai a concepire”. Quando le autorità turche concedevano i permessi per tornare a celebrare nei luoghi dell’Asia minore dove fiorì il pensiero teologico cristiano, diceva: “Siamo venuti qui per far ricordare loro che siamo vivi e non li abbiamo mai dimenticati”.

Di fronte alle ripetute dichiarazioni di Mosca che sconsigliava la partecipazione di fedeli ortodossi alla preghiera con altre confessioni cristiane, il metropolita Ioannis Zizioulas ricordava: “Nella Chiesa d'Oriente, e soprattutto in quella russa, esiste un’introversione che porta a un certo conservatorismo. Si è incapaci di affrontare le sfide del mondo contemporaneo e si invoca come scusa la tradizione. La vera valorizzazione della tradizione - continuava Zizioulas - avviene soltanto quando noi possiamo ricreare la nostra tradizione. Il suo messaggio non significa staticità, ma ha in sé la dinamica della verità e non teme la sfida del mondo contemporaneo”.

Ricordava che il pensiero teologico non può ignorare le conquiste delle scienze, ma lui aveva ugualmente un approccio apofatico, contemplativo. Aggiungeva che i grandi padri della Chiesa di Cristo con il loro pensiero riuscivano a superare gli steccati della propria epoca e guardavano al futuro. Perché il futuro del genere umano è l’eschaton, il regno di Dio. Per questo spesso biasimava chi, partecipando al dialogo ecumenico, pensava solo a difendere le proprie posizioni storiche , dimenticandosi che il nostro fine ė il regno del comune Signore. E proprio “Ricordarsi del nostro futuro” è il titolo che aveva scelto per il suo testamento, espresso in un nuovo libro che purtroppo ha lasciato incompiuto.

 

Nella foto: il metropolita Zizioulas nella basilica di San Pietro nel 2018 durante la sua ultima partecipazione alla liturgia nella solennità dei Santi Pietro e Paolo con la delegazione del patriarcato di Costantinopoli

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