24/07/2013, 00.00
CINA
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La piaga della tortura “ancora diffusa” nel sistema sociale cinese

di Chen Weijun
Il Rapporto del China Human Rights Lawyers Concern Group presenta casi di violenze efferate contro gli avvocati che difendono i diritti umani in Cina. La storia di Liu Shihui, cui la polizia ha spezzato i piedi perché parlava della Rivoluzione dei Gelsomini, e quella di altri campioni della democrazia che pagano con la violenza il proprio impegno per un vero stato di diritto nel Paese.

Pechino (AsiaNews) - Anche se il governo cinese ha dichiarato  illegale la tortura nel 1996, questa rimane una pratica "diffusa" nelle carceri e nelle caserme nazionali, dove viene usata per estorcere confessioni e "dissuadere" attivisti e avvocati che operano per i diritti umani a proseguire nella loro battaglia. È la denuncia presentata dall'ultimo Rapporto pubblicato dal China Human Rights Lawyers Concern Group, gruppo che riunisce avvocati e procuratori impegnati nella lotta per l'affermazione dello stato di diritto in Cina.

Il Rapporto è stato pubblicato a margine della Giornata mondiale contro la tortura: "Anche se il governo ha messo fuori legge la tortura nel 1996 - si legge nel testo - alla legislazione cinese manca una precisa definizione di cosa sia la tortura. In questo modo gli agenti di pubblica sicurezza hanno una scappatoia legale per continuare a infliggerla ai detenuti. Pechino ha inoltre ratificato la Convenzione Onu contro la tortura, ma non ha dato implementazione agli articoli 1 e 4, quelli relativi alla tortura psicologica e alle confessioni estorte con la violenza".

Per sostenere la propria denuncia, gli autori presentano nel Rapporto alcuni casi "eclatanti" di tortura contro i legali che cercano di sfidare la repressione del regime nelle aule di tribunale. Fra questi vi sono Gao Zhisheng, dissidente e avvocato cristiano noto per la sua difesa delle minoranze religiose; Ni Yulan, che ha lavorato per più di 10 anni nella difesa dei membri del Falun Gong; Zhu Yubiao, uno degli ultimi avvocati a essere condannati per "attività contro-rivoluzionarie"; Tang Jitian, figura-simbolo del movimento weiquan [per la protezione dei diritti].

Per dimostrare che la tortura ha un uso soprattutto politico, il Rapporto cita la storia di Liu Shihui, avvocato per i diritti umani, che il 20 febbraio del 2011 ha messo su internet un messaggio: "Questo pomeriggio alle due ho un appuntamento con la signorina Jasmine al Parco del popolo di Guangzhou. Non è una cosa privata, chi vuole venire è il benvenuto". Il riferimento implicito è alla Rivoluzione dei Gelsomini ["Jasmine" vuol dire gelsomino] in corso nei Paesi dell'Africa settentrionale.

Anche se è probabile che il messaggio di Liu fosse un invito a una manifestazione pacifica, la reazione della polizia è stata tremenda. Cinque agenti di sicurezza lo hanno fermato mentre andava verso il Parco e gli hanno spezzato i piedi. Poi lo hanno portato via e tenuto in detenzione - senza passare da un tribunale - per 108 giorni: cercando di farlo confessare, lo hanno privato del sonno per 5 giorni consecutivi. Le gambe non curate, nel frattempo, hanno raddoppiato di dimensione.

Non riuscendo a ottenere nulla, la polizia lo ha poi liberato, ma gli hanno distruto computer e archivi, che contenevano 20 anni di documenti legali. In seguito, Liu viene sfrattato di casa e gli viene comminata una multa di 300mila yuan (circa 28mila euro). Nell'aprile del 2013, mentre cammina per strada a Suzhou, viene picchiato da agenti in borghese.

Nelle conclusioni, gli autori del testo scrivono: "La modernizzazione e la crescita economica della Cina non hanno migliorato la situazione di uno Stato governato da un Partito unico in maniera autoritaria. Le violentissime repressioni contro il movimento dei Gelsomini e la censura spietata riflettono un deterioramento dei diritti umani. Tuttavia le crescenti pressioni della comunità internazionale, la maggiore consapevolezza della popolazione e il movimento weiquan hanno messo davvero in dubbio questo status quo".

 

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