24/07/2025, 08.23
RUSSIA
Invia ad un amico

La politica linguistica di Putin

di Vladimir Rozanskij

Un nuovo decreto firmato dal presidente elenca le varie forme di utilizzo in Russia di parole adottate da altre lingue che le autorità devono ridurre al minimo nella lingua parlata ufficiale. Ma fin dalle origini nel russo si è verificata una continua mescolanza di termini dalle lingue europee ed asiatiche. A partire dalla stessa parola Rus'.

Mosca (AsiaNews) - Il presidente Vladimir Putin ha firmato nei giorni scorsi il decreto sui “Fondamenti della politica linguistica di Stato” della Russia, in cui si segnalano come minacce alla lingua russa, che sta alla base della “comunità esclusiva culturale e civilizzatrice del mondo russo”, le varie forme di utilizzo in Russia di parole adottate da altre lingue, che le autorità devono ridurre al minimo nella lingua parlata ufficiale.

La politica linguistica statale del Cremlino ha quindi lo scopo di promuovere la lingua russa come “patrimonio nazionale della Russia, e uno dei fondamenti della statualità russa”, mezzo di comunicazione a livello internazionale nello spazio post-sovietico, aumentando la sua popolarità anche in altri Stati esteri. La Duma ha approvato una legge che impone la riduzione delle parole straniere nell’ambito pubblico della comunicazione, definita come “difesa della lingua russa dall’eccessivo utilizzo di prestiti dalle lingue straniere”.

Tale impegno non è facile a realizzarsi, considerando che fin dalle origini della Rus’ di Kiev si è verificata una continua mescolanza di termini dalle lingue europee ed asiatiche. Lo stesso termine Rus’, secondo alcune interpretazioni, potrebbe essere un derivato dell’appellativo greco Rhôs, che si trova in alcuni testi dei secoli in cui le tribù slave orientali si riversavano contro i territori dell’impero bizantino, in analogia con i “Rossi” e i “Barbarossa” attribuiti dai popoli italici alle invasioni dei normanni e degli svevi di capigliatura e pelo rossiccio. Per non parlare dei dengi russi, i “soldi” nella variante tatara, conservata ad esempio nei tenge kazachi in ricordo del grande impero dei discendenti di Gengis Khan, o dei kozaki-cosacchi della fine del Medioevo, parenti anch’essi dei kazaki delle steppe centrasiatiche.

I vari commenti sulle reti social russe assumono toni molto critici e ironici riguardo a questa iniziativa, come quello di Aleksandr Plokhotenko che ricorda “un vecchio metodo sovietico di reazione alle comunicazioni ufficiali dall’alto: cerca di capire il contrario di quello che dicono, perché se affermano che tutto va bene, significa che tutto è andato in malora”. Risulta paradossale, secondo molti, che la difesa della lingua e della cultura russa sia proposta da coloro che hanno “investito tanti sforzi, soldi e missili per far sì che tutto ciò che è russo, a cominciare dalla lingua e dalla letteratura, sia visto nel mondo soltanto in modo negativo”.

Risulta evidente, secondo Aleksej Kopytko, che la promozione della lingua russa sia soltanto un’operazione di propaganda, “un compito affidato al ministro degli Esteri, dell’Istruzione, della Cultura e a cento altri organi federali con enormi investimenti per diffondere l’ideologia del mondo russo”, non solo nei Paesi storicamente legati come in Asia centrale, ma anche in Israele, India, Cina, Cuba ed Egitto, magari anche in tutta l’Africa. Avendo bisogno di lavoratori migranti accettabili, in tutti questi Paesi si rafforzano le strutture come il Russkij Dom per insegnare il russo a chi si vuole attirare al lavoro e alla guerra, ed evitare di farli studiare direttamente in Russia.

Un altro commentatore, Anton Belov, ricorda che secondo le statistiche “una parola su dieci di quelle che si usano abitualmente è un anglicismo o un prestito da altre lingue”, e delle restanti nove almeno cinque sono influssi più antichi, soltanto con la desinenza “ikh” per renderla un sostantivo russo, “una vera conquista degli autentici patrioty”, considerando che “Patria” in russo sarebbe Rodina o Otčizna, da cui non si deriva alcun termine per i suoi sostenitori. Andrei Kordočkin propone in questo senso di sostituire il termine prezident con quello di zar, se non fosse che anche quest’ultimo deriva da “Caesar”, c-zar. E le leggi repressive degli ultimi anni indicano come reati più minacciosi quelli di fejk, diskreditatsija, inoagent, operatsija, konstitutsija, prostitutsija contro cui si scagliano i ministry, prokurory, generaly e gli stessi presidenty, e quindi bisognerebbe semplicemente abrogare il kodeks e la magistratura, visto che in questo campo nulla suona come russo. Lo stesso “decreto di sostituzione” propone una quarantina di parole “derivate” da eliminare, mettendo a fianco le sostituzioni gradite, a cominciare dal prezident che diventa glava gosudarstva, “capo di Stato”, visto che in effetti lo “zar” suona poco convincente, e la Federatsija si trasforma in Federalnyj Soyuz, che invece suona molto più gradito, in quanto simile al Sovetskij Soyuz, l’Unione Sovietica che evoca la vera nostalgia della purezza della lingua e della “ideologia di Stato”.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Le nuove vie per salvare le lingue tribali
18/02/2022 11:24
Tensioni tra Mosca e Biškek per la lingua kirghisa
27/07/2023 08:53
La rinascita e la crisi del "mondo russo"
15/01/2022 10:30
Mosca risponde ‘colpo su colpo’ alle sanzioni Usa
16/05/2018 10:26
Le preghiere in kazako dell'ortodosso p. Jakov
04/05/2023 08:47


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
I più letti
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”