22/02/2023, 12.24
TURCHIA - SIRIA
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La tragedia del terremoto riapre il dibattito sui progetti atomici di Ankara

di Dario Salvi

A Mersin è in costruzione - dovrebbe partire entro fine anno - una centrale nucleare di fabbricazione russa. I favorevoli ricordano che il 20% degli impianti nel mondo sorgono in zone sismiche. E la Rosatom assicura che l’impianto può sostenere un sisma di magnitudo 9. Attivisti e società civile invocano un fronte comune fra governo e opposizioni per bloccare il progetto.

Milano (AsiaNews) - Il devastante terremoto del 6 febbraio scorso in Turchia (e Siria), con le migliaia di scosse di assestamento che sono seguite al sisma principale, alcune delle quali di forte intensità, hanno riaperto il dibattito sulla tecnologia nucleare per la produzione di energia. Ankara, con la collaborazione del gigante russo Rosatom, sta costruendo una centrale ad Akkuiu, nella provincia meridionale di Mersin, che prevede la realizzazione di tre reattori ad acqua pressurizzati Vver-1200 - in costruzione - e un quarto allo stadio preliminare. Il completamento dei lavori dovrebbe avvenire entro il 2026, fornendo al Paese quasi 27,5 terawattora all’anno (pari a circa il 9% del fabbisogno), ma le voci critiche si moltiplicano.

Nei giorni scorsi gli attivisti della “Piattaforma anti-nucleare” di Mersin, epicentro dei piani atomici del governo turco, hanno promosso una conferenza stampa in cui hanno ricordato che la città, sebbene meno colpita di altre dal terremoto, resta comunque zona sismica. L’appello lanciato dalla sede della Human Rights Association (İhd) è indirizzato a governo e opposizioni, perché si crei un fronte comune - a prescindere dall’esito delle elezioni del 14 maggio - contro il piano atomico. 

Osman Koçak, portavoce della piattaforma, afferma che “l’ondata sismica mostra come, nonostante tutti i progressi scientifici e tecnologici dell’umanità, di eventi naturali possiamo fare stime, ma non possiamo prevedere tempi, luoghi, portata e la distruzione che ne deriverà”. Egli ricorda poi i terremoti e gli tsunami che hanno investito, fra il 1953 e il 2023, l’area di Mersin dove è in fase di realizzazione l’impianto atomico. Ed è per questo, conclude, che le smentite di Rosatom su effetti negativi derivanti dal terremoto sulla centrale e la sua capacità di resistere a un sisma di magnitudo 9 risultano essere “totalmente prive di fondamento”. 

Intanto Turchia e Siria continuano a tremare, con altre due scosse in queste ore di magnitudo 6,4 e 5,8 che hanno colpito la provincia di Hatay provocando altre sei vittime e quasi 300 feriti, alcuni dei quali in modo grave. Nuovi morti che si vanno ad aggiungere agli oltre 46mila decessi già accertati, per un bilancio sempre più drammatico; feriti si registrano anche in Siria, ad Aleppo e Idlib. 

L’impianto di Akkuyu dista 338 km circa dall’epicentro del terremoto del 6 febbraio e, almeno sulla carta, dovrebbe sostenere scosse di grande intensità. Tuttavia, come insegna la tragedia della centrale di Fukushima in Giappone, una nazione peraltro abituata ai movimenti tellurici, non vi sono certezze sulla tenuta in caso di incidente. Al riguardo a poco valgono - almeno per la popolazione turca - le rassicurazioni degli esperti russi secondo cui “vi è una possibilità di uno ogni 10mila anni” di terremoti di magnitudo 9. 

Un funzionario turco, contattato dall’Associated Press, afferma che non vi sono piani “immediati” di revisione del progetto e l’esperto statunitense Andrew Whittaker, ingegnere civile alla Buffalo University, invoca “cautela” ma “non vi sono particolari motivi di preoccupazione”. Ciononostante, per gli attivisti anti-nucleare la minaccia resta. Ed è reale, tanto da preoccupare movimenti nell’isola di Cipro (sia nella parte turca, che greca), fra le più esposte in caso di un disastro atomico. Di contro, i favorevoli rilanciano dati della World Nuclear Association secondo cui circa il 20% dei reattori costruiti e funzionanti nel mondo si trovano in zone dalla “significativa” attività sismica. Anche in questo caso viene citato il Sol Levante, dove sorge la Hamaoka Nuclear Power Plant in una regione in cui si possono verificare eventi fino a 8,5 di magnitudo. E in Turchia è stata scelta l’area di Mersin perché considerata “fra le più sicure” della regione in termini sismici. 

A questo si devono infine aggiungere aspetti commerciali e di geopolitica, in una situazione internazionale di forte tensione causata prima dalla guerra in Siria - dove Ankara e Mosca, partner nella costruzione, erano divise dal sostegno (o dalla lotta) al presidente Bashar al-Assad - e oggi dalla guerra russa in Ucraina. L’impianto, il cui primo dei quattro reattori dovrebbe essere operativo entro la fine dell’anno, avrà una capacità totale di 4.800 megawatt di elettricità, fornendo circa il 10% del fabbisogno del Paese. Secondo i dati del governo, se la centrale elettrica - il cui costo è di oltre 20 miliardi di euro - iniziasse a funzionare oggi, potrebbe fornire da sola abbastanza elettricità per una città di circa 15 milioni di persone, come Istanbul. Rosatom ha una partecipazione del 99,2% nel progetto ed è incaricata della costruzione, manutenzione, gestione e smantellamento. 

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