02/12/2025, 16.27
LIBANO - VATICANO
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Leone XIV: il Libano da ‘messaggio’ a ‘missione’ col coraggio di cambiare la storia

di Fady Noun

Ai responsabili libanesi, il papa raccomanda: “Lasciamo cadere le armature delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all'incontro reciproco”. Per il pontefice la pace deve essere sia “obiettivo che mezzo”. In 150mila alla Messa conclusiva sul lungomare. Ieri sera la cena in Nunziatura con alcuni capi religiosi musulmani.

Beirut (AsiaNews) - Un “Libano missione” che sembra prendere il posto del tradizionale “Libano messaggio”. È quanto papa Leone XIV lascia dietro di sé nell’ultimo giorno della sua visita dal 30 novembre al 2 dicembre nel Paese dei cedri, seconda tappa del primo viaggio apostolico proveniente dalla Turchia. E la missione che gli viene affidata - difficile agli occhi degli uomini - è quella di essere “una profezia di pace” e “il profumo gradevole di Cristo” per tutto il Levante. Un Oriente trasformato in un’arena in cui, come nell’antica Roma, uomini, nazioni e frontiere sono in balia delle belve feroci.

Nella battaglia che li attende, il papa ha esortato i libanesi, e i giovani in particolare, ad armarsio di “coraggio” capace di “trasformare la storia” e di chiudere la bocca ai leoni. La parola “coraggio” è stata trasmessa a voce alta dagli altoparlanti installati sul lungomare di Beirut (waterfront) ai circa 150mila fedeli che hanno assistito alla messa, secondo una stima dell’agenzia Afp.

Una celebrazione solenne in cui, nelle prime file, sedevano con le loro mogli il presidente della Repubblica Joseph Aoun, il presidente della Camera Nabih Berri e il presidente del Consiglio dei ministri Nawaf Salam, nonché quasi tutti i personaggi di spicco del Paese, cristiani e musulmani. La funzione religiosa che ha concluso la tappa in Libano è stata celebrata dopo due visite: la prima, commovente fino alle lacrime, al convento delle Suore della Croce, che ospita un ospedale psichiatrico; la seconda al luogo dell’esplosione di oltre mille tonnellate di nitrato di ammonio nel porto di Beirut del 4 agosto 2020. 

La deflagrazione aveva devastato i quartieri della capitale affacciati sul porto, causando oltre 235 morti, senza contare i disabili permanenti. Il papa aveva pregato in silenzio e acceso una fiamma ai piedi di un monumento ai caduti di nuova concezione, per commemorare quello che molti considerano “un crimine” e non un semplice “dramma”. Cinque anni dopo è ancora in corso un’indagine per determinare le cause dell’esplosione e punire i responsabili, sebbene nel tempo diversi ostacoli siano stati frapposti all’indagine da Hezbollah e dai suoi alleati sciiti.

L'incontro coi giovani nella sede patriarcale maronita

La sera prima, Leone XIV aveva sollevato l’entusiasmo travolgente di quasi 20mila giovani che si accalcavano sulla strada e sul sagrato della sede del patriarcato maronita. Il tema della serata era stato delineato dal patriarca maronita card. Béchara Raï nel suo discorso di benvenuto: “State contemplando una gioventù - ha detto il porporato - che cerca un futuro nel proprio Paese. I nostri giovani vogliono costruire un nuovo Libano dove la fede sia una forza e il pluralismo una ricchezza. La gioventù del Libano vi ama e vi aspetta con cuore ardente, desiderosa di sentire dalla vostra bocca una parola di speranza in mezzo ai tempi difficili che sta attraversando”.

A questa attesa, il pontefice aveva risposto: “La storia del Libano è intessuta di pagine gloriose, ma è anche segnata da ferite profonde, lente a rimarginarsi. Queste ferite hanno cause che vanno oltre i confini nazionali e si intrecciano con dinamiche sociali e politiche molto complesse. Cari giovani, forse vi rammaricate - ha proseguito - di ereditare un mondo lacerato dalle guerre e sfigurato dall’ingiustizia sociale. Eppure vi è speranza, e questa speranza risiede in voi”.

Ricordando ai giovani che sono ricchi di “speranza” e di “tempo” Leone XIV li ha esortati ad agire per la pace con i mezzi della pace. “La pace non è autentica quando è il prodotto di interessi di parte. È vera solo quando faccio agli altri ciò che vorrei fosse fatto a me” ha proseguito, prima di riprendere le parole di Giovanni Paolo II: “Non vi è pace senza giustizia, né giustizia senza perdono”. La serata, caratterizzata da vari balli e animazioni sceniche eseguiti dai giovani, nonché da testimonianze, si è conclusa con l’impegno comune a “rimanere” in Libano, nonostante il disagio di una tale scelta.

“Sogno che vi è stato affidato”

Le parole rivolte ai giovani sono state riprese, ma questa volta rivolte ai responsabili e a tutti i libanesi, durante la messa finale sul lungomare. Nel corso della cerimonia, Leone XIV ha affermato: “Voi siete i destinatari di una bellezza rara con cui il Signore ha arricchito la vostra terra e, allo stesso tempo, siete spettatori e vittime del modo in cui il Male, sotto molteplici forme, cerca di oscurare questa magnificenza [...], essa è offuscata dai numerosi problemi che vi affliggono, dal contesto politico fragile e spesso instabile, dalla drammatica crisi economica che vi opprime, dalla violenza e dai conflitti che hanno risvegliato antiche paure”.

Ciononostante, ha proseguito il pontefice, “Gesù non rende grazie al Padre per cose straordinarie, perché rivela la sua proprio ai piccoli […]. La caratteristica di cui ci ha parlato Gesù è quella di un piccolo ramo che cresce su un tronco, un piccolo ramo che promette la rinascita quando tutto sembra morire. È così che viene annunciato il Messia, che viene nella piccolezza del germe, e può essere riconosciuto solo dai piccoli, da coloro che sanno riconoscere gli splendori nascosti, le tracce di Dio nelle storie apparentemente perdute”.

Uscire da chiusure etniche e politiche

“Siamo invitati ad essere abbastanza lungimiranti da riconoscere la piccolezza del germe che cresce e germoglia anche nel mezzo di una storia dolorosa” ha proseguito il papa. Le piccole luci che brillano nella notte, i piccoli germogli che spuntano, i piccoli semi piantati nei giardini di questo tempo, li possiamo vedere anche noi, anche qui, anche oggi. Penso alla vostra fede, semplice e autentica, radicata nelle vostre famiglie e alimentata nelle scuole cristiane [...]”.

“Siamo chiamati - ha poi aggiunto - a coltivare questi germogli, a non scoraggiarci, a non cedere alla logica della violenza e all’idolatria del denaro. […] Abbiamo un solo modo per farlo. Disarmiamo i nostri cuori, abbandoniamo le armature delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all’incontro reciproco, risvegliamo nel profondo di noi stessi il sogno di un Libano unito dove trionfino la pace e la giustizia”. Unendo il gesto alla parola, si è appreso che al termine dell’incontro interreligioso di ieri il pontefice ha invitato i capi religiosi musulmani a cena alla Nunziatura.

“Questo è il sogno che vi è stato affidato - ha concluso papa Leone XIV - ciò che il Dio della Pace mette nelle vostre mani. Libano, rialzati, sii una casa di giustizia e fratellanza, sii una profezia di pace per tutto il Levante”. E in un discorso finale, prima di imbarcarsi per fare rientro a Roma, il pontefice ha evocato la situazione instabile e difficile in cui versa il Libano meridionale [per gli attacchi dell’esercito israeliano, ndr] e ha invitato i libanesi a dare prova di “coraggio” per cambiare il corso della storia, ma sempre attraverso il dialogo e “i mezzi della pace”. 

 

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