L’inarrestabile crollo demografico della Russia
Nonostante i dati segretati da Rosstat diversi osservatori sostengono che la popolazione russa sia ormai scesa sotto la soglia dei 140 milioni con le morti che costantemente superano le nascite. Proprio le regioni con una demografia tradizionalmente di maggiore crescita sono quelle che contano la maggiore quantità di caduti sul fronte ucraino
Mosca (AsiaNews) - Nonostante i continui appelli del presidente Vladimir Putin e del patriarca di Mosca Kirill, che invitano i giovani a ripopolare le campagne creando famiglie con figli numerosi per “vivere serenamente nelle nostre sterminate pianure e far crescere la Russia del futuro”, la popolazione russa continua a scendere sempre più velocemente di numero, a causa della guerra e della fuga all’estero, ma anche per il rifiuto delle persone a credere nei sogni idilliaci proposti dai leader politici e spirituali del Paese.
Il sito Idel.Realii ha discusso della questione con due demografi indipendenti, il tataro Salavat Abykalikov e il baškiro Aby Šukjurov, secondo i quali la crisi demografica, evidente anche nelle repubbliche tatare tradizionalmente più prolifiche, ha ormai “un carattere sistemico”. Il politico russo Sergej Mironov, leader del partito “Russia Giusta – per la verità”, ha affermato che “ogni anno dalla carta demografica della Russia scompare l’equivalente di una grande città”. Anche solo dai dati dell’istituto statistico Rosstat per gli ultimi anni, che ora sono stati segretati, si può evincere che negli ultimi cinque anni la popolazione sia scesa di quasi due milioni, quasi ormai sotto la soglia dei 140 milioni, nonostante ufficialmente si continui a parlare di 145 milioni di abitanti.
Secondo le statistiche il 2024 è stato il primo anno da moltissimo tempo in cui le morti hanno superato le nascite, 1,8 milioni contro 1,2 milioni, e proprio questi dati non saranno pubblicati per il 2025. La tendenza è destinata a peggiorare ulteriormente, considerate le sempre maggiori limitazioni all’immigrazione, e l’enorme numero di vittime della guerra che non sembra interrompersi, e che in estate ha visto una campagna militare estrema con perdite sempre più numerose. Proprio le regioni con una demografia tradizionalmente di maggiore crescita, come il Tatarstan e il Baškortostan, sono quelle che contano la maggiore quantità di caduti sul fronte ucraino, anche se queste cifre sono ancora meno facili da controllare e ovviamente non risultano in nessuna statistica ufficiale.
Non a caso la repubblica tatara di Kazan è quella che cerca di mantenere maggiori aperture all’arrivo di migranti, sia dall’Asia centrale che da altre zone e altre regioni della stessa Federazione russa, e quella baškira di Ufa mantiene ancora una minima prevalenza delle nascite sulle morti. Anche da queste, come da tutte le altre regioni, la fuga all’estero per la guerra si conta sempre ufficiosamente in centinaia di migliaia di persone, considerando che molti emigrano non definitivamente, ma ritornano sempre più di rado. Il numero dei matrimoni sembra invece in controtendenza: dall’inizio dell’operazione speciale in Ucraina, e le prime grandi mobilitazioni, le persone hanno cominciato a sposarsi in massa, anche considerando i vantaggi economici dei contratti per la guerra, ma questo in realtà non ha portato a un aumento della natalità e alle tanto desiderate “famiglie numerose”.
La guerra del resto ha ispirato la grande propaganda per l’aumento delle nascite, cercando in tutti i modi di stimolare le gravidanze delle giovani e anche delle minorenni, considerando il capitale della generazione sotto i 25 anni quello decisivo per invertire la tendenza demografica negativa e garantire il futuro. Molto dipende anche dalle condizioni economiche delle varie regioni; il Tatarstan ha un’industria petrolifera molto sviluppata, che permette di mantenere fasce più ampie di abitanti rispetto alle regioni più povere come la Buriazia, Tuva, Altaj e l’Ossezia del nord, che hanno gli indici demografici peggiori in tutta la Russia, per non parlare del divario tra le capitali di Mosca e San Pietroburgo e tutto il resto del Paese.
Uno degli strumenti su cui il governo russo basa la sua politica demografica è il “capitale materno”, i sussidi concessi per i secondi, terzi e ulteriori figli, che secondo i programmi dovrebbero garantire “tra i 2 e i 2,5 milioni di nascite all’anno”. In realtà, secondo gli esperti queste misure al massimo affrettano le nascite in quelle famiglie che già avevano intenzione di generare altri figli, ma non porta a una vera moltiplicazione della popolazione infantile. Ora in molte regioni cercano di introdurre anche le “multe per l’aborto”, sperando di dissuadere le giovani dall’interruzione di gravidanza, ma non è con la carota e il bastone che si possono davvero aumentare le vite delle persone, e garantire il futuro di un grande Paese in declino.
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