31/10/2003, 00.00
ASIA
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Madre Teresa, modello per la missione del XXI secolo

di Bernardo Cervellera

Madre Teresa è stata beatificata il 19 ottobre, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale. La scelta non è casuale: la beatificazione della Madre è vista dal Papa come la celebrazione di un modello per la missione contemporanea e come un gesto di gratitudine per tutta l'opera svolta da missionari e missionarie che nel mondo lavorano con lo stile di Madre Teresa di Calcutta.

Durante la Messa in piazza S. Pietro, di fronte a oltre 400 mila persone e a tante televisioni collegate, il Papa ha detto: "Non è forse significativo che la sua beatificazione avvenga proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la Giornata Missionaria Mondiale? Con la testimonianza della sua vita Madre Teresa ricorda a tutti che la missione evangelizzatrice della Chiesa passa attraverso la carità, alimentata nella preghiera e nell'ascolto della parola di Dio…. Contemplazione e azione, evangelizzazione e promozione umana: Madre Teresa proclama il Vangelo con la sua vita tutta donata ai poveri, ma, al tempo stesso, avvolta dalla preghiera".

Fino a poco tempo fa il Papa aveva proposto la suora dei poveri all'imitazione dell'India. In occasione della visita ad limina dei vescovi indiani, il 23 maggio scorso, aveva detto:

"L'India ha la fortuna di avere un ricordo diretto della vocazione della Chiesa a servire i più deboli nella testimonianza e nell'esempio di Madre Teresa di Calcutta, che sarà presto beatificata. La sua vita di gioioso sacrificio e di amore incondizionato per i poveri suscita in noi il desiderio di fare lo stesso.... Mentre la Chiesa in India continua a far fronte a queste sfide malgrado la seria mancanza di personale e di risorse, prego affinché prendiate l'esempio di Madre Teresa come modello per le opere di carità nelle vostre comunità".

Con la cerimonia del 19 ottobre Madre Teresa è additata a modello per tutti. :. "Rendiamo lode a questa piccola donna innamorata di Dio, umile messaggera del Vangelo e infaticabile benefattrice dell'umanità. Onoriamo in lei una delle personalità più rilevanti della nostra epoca. Accogliamone il messaggio e seguiamone l'esempio".

Con il suo amore personale a Cristo e la sua vicinanza ai più poveri dei poveri, Madre Teresa è come il modello "al femminile" di tutto quanto il Papa chiede ai cristiani di oggi. Egli vede in questa donna anziana e rugosa, col sorriso di bambina, un esempio vivente della sua proposta alla Chiesa, resa chiara fin dall'inizio del suo pontificato: Cristo è la via della Chiesa, l'uomo è la via della Chiesa (R.H.).

Ma non è un po' esagerato proporre la Madre di Calcutta come modello di tutta la missione? Il suo non è in fondo solo un tentativo - fra mille - di amore agli ultimi? E con tutte le complicazioni, gli squilibri economici, le ingiustizie di un mondo globalizzato, il suo esempio non rischia di essere troppo semplicista? E in una società cosmopolita, delle risposte religiose più diverse, tutta questa esibizione di crocifissi e Madonne non rischia di essere distruttiva di una già difficile tolleranza?

La missione "malata"

In realtà la proposta di Giovanni Paolo II risponde a un'urgente necessità: la missione contemporanea è malata. Nella Redemptoris Missio il Papa parla di un "indebolimento" dello slancio missionario nella Chiesa, segno di una crisi di fede in Gesù Cristo (cfr. R.M. n. 2).

L'Assemblea Generale del PIME nel 2001 ha localizzato "il tumore" in quella che è stata definita "una 'debolezza cristologica', che rischia di ridurre l'evangelizzazione ad una attività prevalentemente sociale, caritativa o di organizzazione pastorale" (Cfr Atti della XII A.G., p. 9).

La missione è essere rapiti dall'amore di Gesù Cristo e comunicarlo a tutti gli uomini perché conoscano questo amore divino, più forte della morte. Al posto di questo amore vivo, travolgente e rinnovatore, la missione cristiana rischia di adagiarsi in uno slancio morale, generoso, ma col fiato corto e timido; oppure nell'organizzare e puntellare qualche rimasuglio di popolo cristiano.

Madre Teresa parla invece della missione come esperienza drammatica: è la scoperta della "sete di Gesù per le anime", del suo amore e del cuore aperto anche di fronte all'indifferenza e al disprezzo.

La missione perciò, prima di essere opere e da fare, è partecipare alla "sete" di Gesù e rendere presente e vivo il suo amore nella vita del testimone. Tutti conosciamo la preghiera del card. Newman, che Madre Teresa ripeteva ogni giorno: "Caro Gesù,... rimani con me e allora comincerò a risplendere come tu risplendi: a risplendere in modo tale da essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, verrà tutta da te".

In questa riscoperta drammatica, Madre Teresa ha operato una rivoluzione: ha riletto l'esperienza della chiesa in senso missionario. La preghiera e il lavoro (entrambi) come "esperienza di Cristo"; i voti religiosi come dono di Cristo e come mia risposta al suo amore; la vita di comunità come segno della presenza di Gesù; i sacramenti e l'autorità come la garanzia della presenza oggettiva di Gesù nella sua Chiesa.

Nella riscoperta del soggetto della missione (Gesù Cristo- il testimone) si trova anche il vero luogo di sintesi fra Chiesa e mondo, sacramenti e sviluppo, vita di comunità e impegno nel mondo. Solo il soggetto attraversa e vive tutti questi ambiti in unità; al di fuori di questo punto di forza la missione diventa un rompicapo insanabile che ha portato molti ad abbandonare sacramenti, autorità, vita di comunità, voti come un peso, per dedicarsi all'azione, un'azione senza contenuto.

Per Madre Teresa, invece, il Cristo contemplato nell'eucarestia e nel crocefisso era lo stesso che lei incontrava nei moribondi o nei lebbrosi ("Noi laviamo Cristo, curiamo Cristo, vestiamo Cristo..."). E a chi le chiedeva la ragione del suo impegno per i poveri diceva sempre: "Noi non siamo assistenti sociali. Gli operatori sociali si muovono per un progetto; noi ci muoviamo per qualcuno".

La "debolezza cristologica" di cui abbiamo parlato, insieme a una sudditanza alla mentalità efficientista del mondo ha generato altri problemi e impacci alla missione.

Se dovessi definire questo impaccio, potrei descriverlo come una "specializzazione" immobilizzante. I missionari, di fronte alle situazioni culturali e religiosi in cui si trovano, cercano di "specializzarsi" in qualche studio o contenuto: la lingua, la cultura, i testi religiosi, il dialogo, la minoranza, ecc... Lo studio di questi "saperi" particolari sembra non finisca mai e così si rimanda il momento dell'annuncio di Cristo morto e risorto. Anzi, di fronte alla stima che consegue da questo studio su religioni e culture, si teorizza il fatto che "non dobbiamo andare a disturbare e cambiare queste culture"; "ma perché non si lascia un buddista vivere nella sua fede? In fondo Cristo ha già salvato tutti!". A questa posizione contribuisce da una parte un malposto complesso di colpa dovuto al passato colonialista ("mai più imporre qualcosa agli altri!"); dall'altra una concezione statica e sinceramente astratta di culture e religioni, che rischia di rendere il missionario quasi un esperto del WWF per la salvaguardia dell'immobilità del creato! Ma culture e religioni sono modi con cui gli uomini cercano di risolvere con senso il loro desiderio di benessere, di felicità e di mistero. Gli uomini, dunque hanno un rapporto drammatico e storico (mutevole, legato alla libertà) con le culture e le religioni, cercando sempre risposte più adeguate ai loro bisogni.

Madre Teresa ha testimoniato a tutto il mondo che prima, al di sopra e dentro ogni cultura e religione vi è anzitutto l'uomo, l'uomo che ha bisogno di essere amato, accolto, curato, pulito. Questa posizione non porta a un disinteresse verso le culture e religioni, ma anzi a un rispetto maggiore in quanto religione e cultura di quest'uomo. A chi esprimeva il sospetto che attraverso la loro carità, le suore di Madre Teresa facessero del proselitismo, lei ha sempre ripetuto: "Non cerchiamo mai di convertire al cristianesimo coloro che accogliamo. Comunque, col nostro lavoro noi rendiamo testimonianza della divina Presenza. Se i cattolici, i protestanti, i buddisti o gli agnostici diventano con ciò esseri umani migliori, semplicemente migliori, siamo soddisfatti". E a prova del rispetto per tutti, Madre Teresa ricorda che a Nirmal Hriday (il Luogo del Cuore Puro), la casa dei moribondi affianco al tempio di Kali, a Calcutta, ognuno riceve i funerali secondo la sua fede: l'uomo indù riceve l'acqua del Gange prima di morire, per poi essere cremato sui gath; il musulmano riceve funerali musulmani... Chi non ha nessuno, ha perlomeno le suore che onorano la salma e piangono per lui.

La rivoluzionaria dell'amore

L'interesse all'uomo, come "prima e fondamentale via della Chiesa" (cfr RH. N. 14), a quest'uomo, questo individuo di fronte a me, è anche ciò che ha reso Madre Teresa refrattaria alle ideologie sociali. L'analisi marxista e rivoluzionaria, del cambiamento delle strutture, della lotta di classe ha affascinato per diversi decenni non pochi missionari che si trovavano immersi in contraddizioni e miserie spaventose ed erano impazienti di alleviare le sofferenze dei poveri. Ma per questo si affidavano al "cambiamento delle strutture", lasciando sullo sfondo (e spesso dimenticando) i poveri che si voleva servire. Madre Teresa si è sempre definita una "rivoluzionaria dell'amore". A chi l'accusava di sfamare i poveri con "i pesci", ma non di insegnare loro "a pescare", lei faceva notare che i suoi poveri "sono così deboli da non riuscire a tenere in mano nemmeno la canna da pesca". Per Madre Teresa l'importante non era mantenere lo status quo, o risolvere i problemi: al centro di tutto vi sono sempre e prima le persone segnate dai problemi e dallo status quo.

Questa posizione di attenzione all'uomo ha permesso a Madre Teresa di non rimanere impastoiata nelle dialettiche ideologiche fra capitalismo e comunismo, nelle scelte di campo fra rosso e nero. E così, lei, accusata dai progressisti di essere un "deterrente" della rivoluzione, è divenuta la critica più netta del mondo capitalista e del suo materialismo. Grazie a lei è emersa - dopo un periodo di messa in ombra - una definizione più profonda e più completa di povertà, non ridotta al solo elemento economico e materiale:

"Oggi i poveri sono affamati di pane e di riso e di amore e della viva Parola di Dio;

sono assetati di acqua e di pace, di verità e di giustizia;

sono nudi - spogliati dei loro abiti, ma anche della loro dignità umana e della compassione per il nudo peccatore.

I poveri sono senza casa - privi di un tetto e di quattro mura, ma anche di un cuore gioioso che tutto comprenda, copra, ami.

Sono malati - bisognosi di cure mediche, ma anche di un tocco gentile, d'un sorriso pieno di calore....". (Cfr K. SPINK, Madre Teresa. Una vita straordinaria, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1997, p. 323).

Questa nuova - evangelica - qualità della povertà richiede una risposta subito. Il fascino della rivoluzione, la critica e il rifiuto della situazione presente, assieme alla programmazione di un lontano futuro paradisiaco, hanno finito per lasciare i missionari insoddisfatti e arrabbiati, delusi, immobili. Anche tanto mondo cristiano, dopo le feroci critiche al capitalismo e lo scandalo delle ingiustizie, ha finito per sprofondare in un borghesismo complessato e inerte.

Ad ognuno dei suoi poveri Madre Teresa ha cercato di donare "in fretta", qualcosa per vivere. In fretta, secondo l'esempio di Maria che "raggiunse in fretta" la casa di Elisabetta che stava per partorire. E in fretta anche senza delegare a un cambiamento futuro, alle strutture sociali, ai governi, agli altri, meno che a se stessi. Con il suo metodo del raccogliere i poveri "ad uno ad uno" ha generato case per i moribondi, per i bambini abbandonati, scuole, villaggi per i lebbrosi, cliniche per i malati di Aids, case per anziani, per ragazze madri. In tal modo Madre Teresa è divenuta il simbolo della "fantasia della carità", quella che il Papa chiede a tutti i cristiani per la missione nel Terzo Millennio (cfr. Novo Millennio Ineunte, n. 50).

Alla fantasia della carità non può mancare un ingrediente importante nella missione, che tutti cerchiamo di nascondere o evitare: il fallimento. A Madre Teresa, applaudita da re, regine e principesse; onorata da capi di stato e di religioni, non è stato risparmiato il fallimento: quando nel 1991 ella scrisse a George Bush Sr e a Saddam Hussein perché in nome della carità verso i popoli e verso Dio non iniziassero la (I) Guerra del Golfo, i suoi messaggi rimasero inascoltati. E quando per diversi anni ha bussato e visitato la Cina, sperando di aprire anche là una casa per l'accoglienza ai poveri, le è stato risposto che in Cina "non vi sono poveri" . Ancora di più, Madre Teresa è stata oggetto, in vita e in morte, di campagne stampa che la definiscono "una persona demagogica e oscurantista", lei che voleva essere la "luce di Cristo". Madre Teresa non ha perso tempo in bilanci: ha vissuto i fallimenti come "una sottomissione alla volontà di Dio", che non hanno fermato la sua attività, ma l'hanno resa ancora più creativa e più feconda.

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