25/03/2019, 10.40
IRAQ
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Mosul, battello affondato: il Parlamento caccia il governatore. Cordoglio della Chiesa caldea

Su richiesta del premier, i deputati hanno votato il licenziamento di Nawfal Hammadi al-Sultan e dei suoi due vice. Card Sako: per la ricostruzione serve l’aiuto della comunità internazionale. Dal giorno della tragedia la città è teatro di proteste. I timori del governo: mantenere la presa per scongiurare una nuova ascesa jihadista come nel 2014. 

Mosul (AsiaNews) - Il Parlamento irakeno ha votato ieri la cacciata del governatore di Ninive, considerato il capro espiatorio della tragedia del battello sul fiumi Tigri del 21 marzo che ha causato la morte di 97 persone, almeno 70 i dispersi. La tragedia ha sollevato l’indignazione popolare e ha investito le massime cariche del Paese: il presidente irakeno e lo stesso governatore, accorsi sul luogo dell’incidente, hanno dovuto abbandonare l’area per sfuggire alle ire dei cittadini.

La Chiesa caldea esprime in una nota, inviata per conoscenza ad AsiaNews, la propria “solidarietà” alla popolazione di Mosul e “sentite condoglianze” ai familiari delle vittime. “In questa occasione - scrive il card Luis Raphael Sako - chiediamo a tutti gli attori politici, sociali e religiosi della provincia di serrare i ranghi e rafforzare gli obiettivi di sicurezza e stabilità”. 

L’auspicio del patriarca è che la tragedia sia occasione per rilanciare il programma di “ricostruzione delle infrastrutture e delle case dei cittadini” in quella che un tempo è stata la roccaforte dello Stato islamico (SI, ex Isis) in Iraq. Una ricostruzione che deve avvalersi del contributo della comunità internazionale, perché “questa operazione costosa supera le capacità dello Stato irakeno”. 

In precedenza anche papa Francesco aveva inviato un telegramma, a firma del segretario di Stato card Pietro Parolin, alle autorità civili ed ecclesiastiche. Il pontefice aveva espresso “vicinanza” a quanti “piangono le perdite umane”, invocando per l’intera nazione irachena “guarigione, forza e consolazione”.

Tornando alla protesta, un gruppo di persone ha scagliato pietre e scarpe (un gesto, quest’ultimo, considerato una manifestazione di disprezzo nella cultura araba) contro l’auto del governatore Nawfal Hammadi al-Sultan. Per sfuggire alla folla, la vettura ha accelerato investendo due persone, una delle quali ha dovuto ricorrere a cure mediche in ospedale. 

In risposta alla sollevazione popolare, il Primo Ministro irakeno Adel Abdul Mahdi ha chiesto in via formale al Parlamento di rimuovere dall’incarico al-Sultan. Secondo l’ordinamento del Paese l’assemblea ha il potere di decidere il licenziamento degli amministratori locali (fra i quali i governatori) su indicazione del premier, in caso di vicende di particolare gravità. Insieme al governatore sono stati licenziati anche i due vice, ottemperando alla richiesta del capo del governo. 

Nella missiva inviata ai deputati, Mahdi ha accusato al-Sultan e i suoi collaboratori di negligenza, mancato adempimento dei propri doveri e ha inoltre parlato di prove che mostrano una cattiva gestione di fondi pubblici e abuso di potere. Secondo alcune fonti locali l’imbarcazione portava un numero cinque volte superiore di persone rispetto alla propria capacità massima. 

La nave, adibita al trasporto persone, era gremita di famiglie e turisti che celebravano il Nowrūz (capodanno curdo) ed era diretta all’isola di Umm Rabaen, località turistica circa 4 km a nord del centro della città di Mosul. Secondo quanto emerso da alcuni filmati, il traghetto si sarebbe inclinato all’improvviso sulla destra imbarcando acqua, per poi capovolgersi ed essere trascinato a valle dalle acque impetuose del fiume.

La tragedia del traghetto è stato l’ultimo, decisivo episodio che ha segnato la cacciata di al-Sultan, da oltre due anni nel mirino del governo centrale perché sospettato di corruzione. Negli ultimi giorni Mosul è stata teatro di proteste quotidiane da parte di cittadini inferociti. “La città deve tornare alla vita di sempre” sottolinea il generale Najim Abed al-Jabouri, uno dei tre uomini che compongono l’unità di crisi voluta dal premier per governare la fase di transizione nella metropoli del nord. “Vanno spenti i focolai di tensione”. Gli fa eco il collega Muzahim al-Khayat, rettore dell’università cittadina, secondo cui “va lanciato alla popolazione un chiaro messaggio improntato alla trasparenza: siamo qui per la gente, altrimenti finiremo per perdere la città come avvenuto nel 2014” con l’ascesa dei jihadisti dello Stato islamico. 

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