31/12/2018, 11.19
ASIA
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Nel 2019 torneranno di moda le guerre religiose

di Bernardo Cervellera

In Iraq, India, Cina si proibisce celebrare il Natale e Capodanno perché “feste straniere”. Il cristianesimo assimilato all’occidente. Ma l’opposizione religiosa ha motivi politici. Anche in occidente. Stati Uniti e Gran Bretagna vogliono difendere i cristiani in Medio oriente, ma provvedono le armi che vanno ai fondamentalisti islamici in Siria. In Italia si denuncia “l’invasione islamica”, ma non si attua nessuna politica a favore delle famiglie e delle nascite. Costruire ponti e lavorare per la convivenza nel rispetto e nella testimonianza reciproci.

Roma (AsiaNews) - A guardare questa fine 2018, è molto probabile che nel 2019 torneranno di moda le guerre religiose. Alcuni segnali sono di questi giorni. L’ultimo in ordine di tempo è una specie di fatwa lanciata dal Gran Mufti dell’Iraq Abdul-Mehdi al-Sumaidaie, che nel sermone di venerdì scorso, 28 dicembre, ha proibito a tutti i musulmani di festeggiare insieme ai cristiani il Natale e il Capodanno perché questo significa “che voi credete nella loro dottrina”. A parte il fatto di definire come “cristiana” la festa di Capodanno, l’atteggiamento del Mufti non è nuovo. Esso ricalca indicazioni che vengono dall’Arabia saudita e diffuse anche in Francia dove diversi imam proibiscono ai fedeli dell’islam di augurare “buon Natale” o “Buon Anno” ai cristiani.

A queste posizioni, fa eco in India la Hindu Janajagruti Samiti, un’organizzazione con base a Goa, che due giorni fa ha esortato tutta la nazione indiana a non festeggiare “il Capodanno cristiano” perché crea “perversione” fra i giovani e chiede a tutti i connazionali di celebrare invece il Capodanno in aprile, nella festa indù di Gudhipadwa. L’atteggiamento della Samiti è solo la punta di iceberg della lotta che i gruppi fondamentalisti indù stanno conducendo contro scuole, chiese, sacerdoti, seminaristi, pastori cristiani e contro moschee ed imam per attuare l’hindutva, l’ideologia secondo cui l’India deve essere solo degli indù.

E che dire dei venti che ricordano la Rivoluzione dei Boxer (1900) in Cina? Qui agli studenti della scuola media ed elementare viene fatto giurare di non festeggiare mai il Natale e il Capodanno perché “sono un attentato alla cultura cinese”! E per rendere ancora più efficace il divieto, in varie città è stato proibito esporre decorazioni e alberi di Natale, organizzare Christmas Parties, chiudendo chiese e controllando raduni di studenti universitari.

In tutti questi casi, la messa insieme di Natale e Capodanno mostra che la lotta di questi personaggi è anzitutto contro l’invasione economica e culturale dell’occidente. Usando cliché del passato, il cristianesimo viene incolpato perché “religione dell’occidente”, passando sopra al fatto che Gesù è nato in Asia e a tutte le testimonianze che danno prova di quanto i cristiani abbiano lavorato in Iraq, India e Cina per il bene di quelle nazioni, anche pagando con la vita.

Ma è importante notare che, invece di verifiche e distinzioni storiche, l’opposizione non si fissa su dati economici o della globalizzazione, ma sulla religione. È un chiaro uso dell’opposizione religiosa per motivi politici. Evocare un’invasione religiosa serve a spingere i sentimenti più profondi delle masse e coagularle nel sostegno alle classi politiche, sempre più distanti dalla fatica delle popolazioni. Ciò è evidente in Iraq, dove la gente si lamenta della poca distribuzione della ricchezza; in India, dove a lato di un’economia rampante vi sono sacche di milioni di poveri; in Cina, dove l’economia sta mostrando segni di fatica, lasciando molti disoccupati. Per tutti è facile indicare un nemico esterno come la causa di tutti i mali; un nemico religioso, per infiammare i cuori; colpire individui religiosi cristiani, di solito non violenti e facili da schiacciare.

Va detto che anche in occidente si sta rischiando di usare la religione per fini politici. Negli Stati Uniti ci sono dichiarazioni in difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e in Cina, da parte di pezzi grossi dell’amministrazione Trump come il vicepresidente Mike Pence e il Segretario di Stato Mike Pompeo. In Gran Bretagna, il ministro degli esteri Jeremy Hunt ha annunciato di voler redigere una mappa della persecuzione dei cristiani per difendere la libertà religiosa nel mondo. Anche in Italia, alcuni personaggi politici cercano di radunare i cristiani per difendere la civiltà europea contro “l’invasione musulmana”. Ai primi direi che se vogliono difendere i cristiani in Medio oriente, sarebbe meglio interrompere le forniture di armi all’Arabia saudita e agli emirati, che in tutti questi anni hanno sostenuto la lotta dei gruppi fondamentalisti in Siria contro i cristiani (e tutti i siriani); ai secondi, farei notare che “l’invasione musulmana” (che con dati demografici alla mano non ci sarà nemmeno fino al 2100) si può contrastare semplicemente con una politica più a favore delle famiglie e delle nascite.

Anche in occidente, dunque, le classi politiche, sempre più distanti dal popolo, sfruttano i sentimenti religiosi per accreditarsi come “servitori del popolo”, mentre in realtà preparano guerre per dare una spinta all’economia mondiale, in così cattivo stato.

In tutto questo emerge però un elemento importante: la religione, data per morta decenni fa, è ritornata alla ribalta. Ma perché i credo non vengano usati per fini politici o guerrieri, è necessario che le persone religiose in ogni cultura costruiscano ponti – come invita sempre papa Francesco – e lavorino per una convivenza che garantisca il rispetto e la testimonianza reciproci.

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