06/12/2006, 00.00
CINA
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Ospedali cinesi condannati a risarcire i pazienti contagiati con sangue sieropositivo

Condannato per la prima volta un ospedale a pagare oltre 20 milioni di yuan a un gruppo di malati. Negli anni ’90 migliaia di pazienti infettati con trasfusioni in ospedale. Ma i poveri ancora vendono il sangue.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Per la prima volta, le autorità cinesi hanno costretto gli ospedali nazionali a risarcire i pazienti contagiati dall’Aids con trasfusioni di sangue infetto. Un ospedale dell’Heilongjiang è stato costretto a stanziare 20 milioni di yuan per un gruppo di malati contagiati per loro errore.

Secondo gli avvocati delle famiglie, i 18 malati riceveranno ognuno 200mila yuan subito e altri 3mila yuan al mese, oltre al costo delle spese mediche. Le famiglie di chi è morto avranno ciascuna oltre 300mila yuan.

Secondo Wan Yanhai, direttore del Beijing Aizhixing Institute (gruppo impegnato ad aiutare i malati di Hiv), si tratta del massimo risarcimento avvenuto in Cina per ragioni mediche e “aiuterà molti altri malati a ottenere quanto occorre loro”. Per ottenerlo è stata necessaria una battaglia di anni. Le cure sono costose e molti malati non sono più in grado di lavorare.

Quindici di questi malati sono stati contagiati nel 2004 da sangue infetto che l’ospedale ha comprato da venditori illegali. Altri tre hanno ricevuto il virus dal coniuge e una madre ha infettato il figlio di cinque anni. Tre dipendenti dell’ospedale sono già stati condannati a pene tra 2 e 10 anni di carcere.

Molti malati sono morti dopo anni, lasciando piccoli figli che hanno ricevuto la malattia, spesso abbandonati da tutti. L’ong Save the Children organizza l’affidamento a famiglie di molti di questi bambini orfani e infetti.

Ma molti poveri ancora vendono il sangue e c’è chi lo acquista senza controlli. Ieri Jiang Zhongping, imprenditrice di Shanghai, è stata condannata a 6 mesi di carcere per avere organizzato la vendita di sangue. Molti villaggi, scuole e imprese debbono donare una precisa quantità di sangue, ma hanno difficoltà a farlo. Così Jiang ha creato un’organizzazione di “volontari” disposti a vendere il sangue per aiutare scuole e villaggi della zona di Shanghai a raggiungere le loro quote. La donna prendeva una percentuale del prezzo. Simile vendita è vietata dal 2003, dopo che è stato scoperto il traffico di sangue infetto che ha contagiato migliaia di persone negli anni ’90, specie nell’Henan.

Secondo i dati del ministero della Sanità dello scorso novembre, con trasfusioni di sangue in ospedale è stato contagiato il 5,1% dei 183.733 malati ufficiali di Hiv e Aids. Ma il governo centrale e le Nazioni Unite temono che il numero dei malati sia intorno a 650mila. (PB)

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