23/02/2024, 09.19
CINA
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Pagode e scritte inneggianti al Partito: la ‘sinicizzazione’ della moschea di Najiaying

Le autorità hanno ultimato la trasformazione di uno dei luoghi simbolo dell’islam cinese. Abbattuti i minareti, mentre una frase all'ingresso invita all’obbedienza e alla gratitudine verso Pechino. Un cambiamento che riguarda anche altre moschee della zona, dove vive una nutrita comunità musulmana Hui. Come per le chiese, vietato l’ingresso ai bambini. 

Pechino (AsiaNews) - “Obbedisci al partito. Sii grato al partito. Segui il partito”. Il processo della “sinicizzazione” delle religioni imposto dal presidente Xi Jinping non risparmia l’islam, come emerge in questi giorni da quanto avvenuto nella moschea di Najiaying, nello Yunnan, teatro lo scorso anno di scontri fra fedeli e polizia. Le autorità hanno infatti abbattuto parte della struttura, cancellando i caratteristici minareti, per darle una forma più “consona” all’ideologia del partito comunista. E corredarla con una scritta che campeggia all’esterno, condivisa sui social e in rete, che “riscrive” i dettami della fede musulmana. Un residente dell’area di nome Ma, interpellato da Radio Free Asia (Rfa), riferisce della riapertura dell’edificio dopo mesi di lavori che ne hanno stravolto l’immagine: “È stata rinnovata - racconta - e la cupola è stata trasformata in un edificio in stile cinese in seguito alla demolizione”.

Un cambiamento radicale che non riguarda solo il luogo di culto di Najiaying, ma che ha coinvolto tutte le moschee dell’area in cui vi è una grande comunità musulmana Hui vittima di profondi stravolgimenti finalizzati a cambiarne l’identità. E a trasformare la “sottomissione” ad Allah e al profeta Maometto espressa dalla parola islam, in obbedienza cieca ai dettami di Pechino e del suo leader Xi Jinping. Le distruzioni, parte della politica di “sinicizzazione”, hanno raggiunto il loro culmine nel 2017 trasformandosi in repressione aperta e su scala nazionale che ha colpito attività e luoghi di culto cristiani, buddisti, musulmani e tibetani. 

La moschea di Najiaying risale al XIII secolo ed era un luogo di culto musulmano ispirato a un tempio in stile cinese. L’attuale edificio è frutto di un rinnovamento risalente al 2004, con la realizzazione di una cupola in stile arabo e quattro torri, in grado di contenere sino a 3mila persone per la preghiera. Oggi la moschea è un importante luogo di culto per la comunità musulmana locale, non solo per i fedeli ma per le stesse autorità che volevano riportarla allo stile cinese di un tempo nel quadro di un progetto più ampio di “sinicizzazione” di luoghi di culto e religioni. Una politica che ha innescato la rivolta dei fedeli della zona che, nel maggio scorso e a più riprese hanno ingaggiato scontri durissimi con la polizia, ma che non sono serviti e proteggere l’antica struttura. 

“Circa il 90% delle moschee della zona” conclude Ma (che non ha voluto fornire il cognome per il timore di essere identificato) “sono già cambiate” in nome della politica imposta dal partito. 

Secondo quanto sottolinea Ma Ju, studioso musulmano di origini cinesi che vive negli Stati Uniti e con legami consolidati con la comunità islamica di Nagu, l’intrusione delle autorità nelle questioni religiose a Najiaying non si è limitata alla struttura esterna della moschea. Si sono registrate anche pressioni e imposizioni dalle autorità finalizzate a un cambiamento organizzativo e gestionale del luogo di culto. “Le autorità hanno usato il processo di ricostruzione anche per riorganizzare il comitato di gestione democraticamente eletto della moschea” accusa Ma Ju. “Ora non ci sono più elezioni democratiche, ma nomine fatte direttamente dall’ufficio governativo per gli Affari religiosi e dal Dipartimento del lavoro del Fronte unito” che, sotto la guida del partito, ha il compito di “correggere” la rotta di organizzazioni e gruppi esterni per seguire la linea ufficiale. “Diverse scuole collegate alla moschea - conclude lo studioso islamico - sono state vietate e ai bambini [come avvenuto in altre zone per le chiese cristiane] non è permesso entrare”. Gli fa eco il commentatore di attualità Guo Min secondo cui i cartelli ricordano ai musulmani che in Cina il Partito comunista è il “potere supremo”. “Il Partito comunista - avverte l’esperto - ora richiede a tutti i credenti di amare il proprio Paese e la propria religione e sostiene che il patriottismo è parte dell’islam”.

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