20/02/2019, 11.38
VATICANO
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Papa: Il Padre ‘che è nei cieli’ ci ama come e più di nostro padre e nostra madre

All’udienza generale, papa Francesco continua la catechesi sul “Padre nostro”. Nei rapporti umani “a volte le dichiarazioni di amore si tramutano in sentimenti di rabbia e di ostilità”. “Se anche tutti i nostri amori terreni si sgretolassero, e non ci restasse in mano altro che polvere, c’è sempre per tutti noi, ardente, l’amore unico e fedele di Dio”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Si può comprendere “la paternità di Dio” paragonandola “alle figure dei genitori”, ma dobbiamo anche superarle. “Se anche nostro padre e nostra madre non ci avessero amato, c’è un Dio nei cieli che ci ama come nessuno su questa terra ha mai fatto e potrà mai fare”. È questo il filone principale dell’udienza generale che papa Francesco ha offerto oggi ai pellegrini radunati nell’aula Paolo VI, continuando la catechesi sul “Padre nostro”.

“Quando parliamo di Dio come ‘padre’ – ha detto il papa - … pensiamo all’immagine dei nostri genitori, specialmente se ci hanno voluto bene”. Ma “nello stesso tempo dobbiamo andare oltre”, perché “l’amore di Dio… è l’amore totale che noi in questa vita assaporiamo solo in maniera imperfetta”.

“Nessuno di noi – ha spiegato - ha avuto genitori perfetti, come noi, a nostra volta, non saremo mai genitori, o pastori, perfetti. Le nostre relazioni di amore le viviamo sempre sotto il segno dei nostri limiti e anche del nostro egoismo, perciò sono spesso inquinate da desideri di possesso o di manipolazione dell’altro. Per questo a volte le dichiarazioni di amore si tramutano in sentimenti di rabbia e di ostilità”.

A dimostrazione della “natura ambivalente dell’amore umano”, il pontefice cita il dio greco dell’amore, “figlio di Poros e di Penía, cioè della scaltrezza e della povertà”, segno di un amore “capace di fiorire e di vivere prepotente in un’ora del giorno, e subito dopo appassire e morire; quello che afferra, gli sfugge sempre via”. E cita anche il profeta Osea, che parla della “congenita debolezza del nostro amore: «Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce» (6,4). Ecco che cos’è spesso il nostro amore: una promessa che si fatica a mantenere, un tentativo che presto inaridisce e svapora, un po’ come quando al mattino esce il sole e si porta via la rugiada della notte”.

“Quante volte noi uomini abbiamo amato in questa maniera così debole e intermittente. Desiderosi di voler bene, ci siamo poi scontrati con i nostri limiti, con la povertà delle nostre forze: incapaci di mantenere una promessa che nei giorni di grazia ci sembrava facile da realizzare… Siamo mendicanti che nel cammino rischiano di non trovare mai completamente quel tesoro che cercano fin dal primo giorno della loro vita: l’amore”.

“Però, esiste un altro amore, quello del Padre ‘che è nei cieli’. Nessuno deve dubitare di essere destinatario di questo amore. Se anche nostro padre e nostra madre non ci avessero amato, c’è un Dio nei cieli che ci ama come nessuno su questa terra ha mai fatto e potrà mai fare”. E dopo aver citato il profeta Isaia (49,15-16), ha aggiunto: “Se anche tutti i nostri amori terreni si sgretolassero, e non ci restasse in mano altro che polvere, c’è sempre per tutti noi, ardente, l’amore unico e fedele di Dio.  Nella fame d’amore che tutti sentiamo, non cerchiamo qualcosa che non esiste: essa è invece l’invito a conoscere Dio che è padre”.

“L’espressione ‘nei cieli’ – ha concluso - non vuole esprimere una lontananza, ma una diversità radicale, un’altra dimensione.  Pertanto, non temere! Nessuno di noi è solo. Se anche per sventura il tuo padre terreno si fosse dimenticato di te, e tu fossi in rancore con lui, non ti è negata l’esperienza fondamentale della fede cristiana: quella di sapere che sei figlio amatissimo di Dio, e che non c’è niente nella vita che possa spegnere il suo amore appassionato per te”.

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