01/01/2023, 13.17
VATICANO
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Papa: Maria è la chiave della speranza e della pace

Nel primo giorno dell'anno - Giornata mondiale della pace - Francesco ha affidato alla Madre di Dio "i figli che soffrono e non hanno più la forza di pregare, i tanti fratelli e sorelle colpiti dalla guerra in tante parti del mondo". All'Angelus l'appello: "no al riarmo, le risorse vadano a salute, alimentazione, educazione, lavoro". L'affidamento di Benedetto XVI "fedele servitore del Vangelo" all'intercessione di Maria.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “All’inizio di quest’anno, abbiamo bisogno di speranza come la terra della pioggia”. E “la chiave della speranza è Maria, e l’antifona della speranza è l’invocazione Santa Madre di Dio”. Lo ha detto questa mattina papa Francesco nell’omelia in cui nella basilica di San Pietro ha celebrato nel primo giorno del 2023 la solennità di Maria Santissima Madre di Dio, che per la Chiesa è la Giornata mondiale della pace.

Francesco ha ricordato come sul titolo di Maria Madre di Dio siano stati scritti tanti libri e grandi trattati. “Ma tali parole - ha aggiunto - sono soprattutto entrate nel cuore del santo popolo di Dio, nella preghiera più familiare e domestica, che accompagna il ritmo delle giornate, i momenti più faticosi e le speranze più audaci: l’Ave Maria”.

“Preghiamo la Madre in modo speciale per i figli che soffrono e non hanno più la forza di pregare – ha proseguito il pontefice -, per tanti fratelli e sorelle colpiti dalla guerra in tante parti del mondo, che vivono questi giorni di festa al buio e al freddo, nella miseria e nella paura, immersi nella violenza e nell’indifferenza! Per quanti non hanno pace acclamiamo Maria, la donna che ha portato al mondo il Principe della pace (cfr Is 9,5; Gal 4,4). In lei, Regina della pace, si avvera la benedizione che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,26). Attraverso le mani di una Madre, la pace di Dio vuole entrare nelle nostre case, nei nostri cuori, nel nostro mondo”.

Ma come fare ad accoglierla questa pace? Francesco ha indicato l’esempio dei pastori che “andarono senza indugio” alla grotta di Betlemme. “Per accogliere Dio e la sua pace - ha commentato - non si può stare fermi, non si può stare comodi aspettando che le cose migliorino. Bisogna alzarsi, cogliere le occasioni di grazia, andare, rischiare”. Ha invitato a chiedersi: “Io, quest’anno, dove voglio andare? Verso chi vado a fare del bene?”. “Di fronte alla pigrizia che anestetizza e all’indifferenza che paralizza, di fronte al rischio di limitarci a rimanere seduti davanti a uno schermo con le mani su una tastiera, i pastori oggi ci provocano ad andare, a smuoverci per quel che succede nel mondo, a sporcarci le mani per fare del bene, a rinunciare a tante abitudini e comodità per aprirci alle novità di Dio, che si trovano nell’umiltà del servizio, nel coraggio di prendersi cura”.

E poi i pastori si fermano a vedere il bambino nella mangiatoia. “Quante volte – ha commentato ancora papa Francesco - presi dalla fretta, non abbiamo neanche il tempo di sostare un minuto in compagnia del Signore per ascoltare la sua Parola, per pregare, per adorare, per lodare… La stessa cosa avviene nei riguardi degli altri: presi dalla fretta o dal protagonismo, non c’è tempo per ascoltare la moglie, il marito, per parlare con i figli, per chiedere loro come vanno dentro, non solo come vanno gli studi e la salute. E quanto bene fa mettersi in ascolto degli anziani, del nonno e della nonna, per guardare la profondità della vita e riscoprire le radici. Chiediamoci dunque se siamo capaci di vedere chi ci vive accanto, chi abita il nostro palazzo, chi incontriamo ogni giorno nelle strade”.

Rivolgendosi poi a mezzogiorno ai fedeli presenti in piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus papa Francesco ha affidato ancora all’intercessione di Maria Benedetto XVI, “fedele servitore del Vangelo e della Chiesa” morto ieri. Prendendo spunto poi dalla tenerezza della Madonna ha indicato il “prendersi cura” degli altri come via della pace.

“In questo giorno, che san Paolo VI volle dedicare alla preghiera e alla riflessione per la pace nel mondo – ha aggiunto dopo la preghiera - sentiamo ancora più forte, intollerabile il contrasto della guerra, che in Ucraina e in altre regioni semina morte e distruzione. Tuttavia non perdiamo la speranza, perché abbiamo fede in Dio, che in Gesù Cristo ci ha aperto la via della pace”. “L’esperienza della pandemia – ha concluso - ci insegna che nessuno può salvarsi da solo, ma che insieme possiamo percorrere sentieri di pace e di sviluppo. Nel mondo intero, in tutti i popoli sale il grido: no alla guerra! No al riarmo! Le risorse vadano allo sviluppo: salute, alimentazione, educazione, lavoro”.

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