05/10/2011, 00.00
VATICANO
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Papa: anche nella “valle oscura” Dio è sempre accanto al suo gregge

All’udienza generale Benedetto XVI commenta ill Salmo 23 e parla della “fiducia” nel Signore che è il pastore che “conosce le sue pecorelle una per una, le chiama per nome, le custodisce come bene prezioso, pronto a difenderle, nulla può mancare”. Appello per le popolazioni del Corno d’Africa, che “ogni giorno muoiono per malattie e per mancanza di cibo di acqua”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Per quanto “difficili, tortuosi o lunghi possano apparire i percorsi della nostra vita”, anche anche desertica, “contro il sole del razionalismo cocente”, se seguiamo il nostro pastore “andiamo sicuri”, “abbandonandoci completamente nelle sue mani” arriveremo e resteremo nella sua tenda per avere la sua ospitalità e vivere accanto a lui nella gioia senza fine.

E’ il senso di uno dei salmi il cui testo è “familiare e amato da tutti”, quel Salmo 23 che comincia “il Signore è il mio pastore non manco di nulla”, al quale Benedetto XVI ha dedicato il discorso che ha rivolto alle 30mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale.

Un incontro che ha visto anche un nuovo appello del Papa “a preghiere e aiuto concreto” per le popolazioni del Corno d’Afrca colpite dalla siccità e specialmente per i bambini che “ogni giorno muoiono per malattie e per mancanza di cibo di acqua”.

In precedenza, nel suo discorso il Papa aveva detto che la preghiera “implica sempre un atto di fiducia” verso un Dio che è buono e misericordioso. Nel salmo del quale Benedetto XVI ha parlato oggi c’è “un riferimento alla pastorizia, il pastore conosce le sue pecorelle una per una, le chiama per nome, le custodisce come bene prezioso, pronto a difenderle, nulla può mancare” se egli è con loro. Le pecore sono “fiduciose e tranquille perché il posto è sicuro, l’acqua è fresca e il pastore è con loro”.

Il salmo fa riferimento a “una terra in larga parte desertica, battuta dal sole cocente, dove il pastore seminomade mediorientale vive con il suo gregge nelle steppe riarse che si estendono intorno ai villaggi. Ma il pastore sa trovare dov'è l'erba e l'acqua fresca, essenziali per la vita, sa portare all’oasi in cui l’anima si rinfranca ed è possibile riprendere le forze e nuove energie per rimettersi in cammino”.

Come dice il salmo “Dio guida verso ‘pascoli erbosi’ e ‘acque tranquille’, dove tutto è sovrabbondante, tutto è donato copiosamente. Se il Signore è il pastore, anche nel deserto, luogo di assenza e di morte, non viene meno la certezza di una radicale presenza di vita, tanto da poter dire: «non manco di nulla». Il pastore, infatti, ha a cuore il bene del suo gregge, adegua i propri ritmi e le proprie esigenze a quelli delle sue pecore, cammina e vive con loro, guidandole per sentieri ‘giusti’, cioè adatti a loro, con attenzione alle loro necessità e non alle proprie. La sicurezza del suo gregge è la sua priorità e a questa obbedisce nel guidarlo”.

E se il gregge si muove dopo il calar del sole, “quando la visibilità si fa incerta, è normale che le pecore siano inquiete, c’è il rischio di inciampare oppure di allontanarsi e di perdersi, e c’è anche il timore di possibili aggressori”. E’ la valle “oscura”, definita con un’espressione ebraica che evoca le tenebre della morte. “Eppure, l’orante procede sicuro, senza paura, perché sa che il Signore è con lui”. Egli ha una “fiducia incrollabile”, “la vicinanza di Dio trasforma la realtà, la valle oscura perde ogni pericolosità, si svuota di ogni minaccia”.

Nella seconda parte del salmo, siamo ancora nel deserto, e siamo nella tenda dove il Signore accoglie “con i segni di una ospitalità generosa e piena di attenzioni. L’ospite divino prepara il cibo”, “è un gesto di condivisione non solo del cibo ma anche della vita, in un’offerta di comunione e di amicizia che crea legami ed esprime solidarietà. E poi c’è il dono munifico dell’olio profumato sul capo, che dà sollievo dall’arsura del sole del deserto, rinfresca e lenisce la pelle e allieta lo spirito con la sua fragranza. Infine, il calice ricolmo aggiunge una nota di festa, con il suo vino squisito, condiviso con generosità sovrabbondante. Cibo, olio, vino: sono i doni che fanno vivere e danno gioia perché vanno al di là di ciò che è strettamente necessario ed esprimono la gratuità e l'abbondanza dell’amore”.

I nemici “devono fermarsi a guardare, senza poter intervenire, perché colui che consideravano loro preda è stato messo al sicuro, è diventato ospite sacro, intoccabile. Quando Dio apre la sua tenda per accoglierci, nulla può farci del male".

"Quando poi il viandante riparte la protezione divina si prolunga e lo accompagna nel suo viaggio”. Ma è un cammino che acquista un nuovo senso, e diventa pellegrinaggio verso il Tempio del Signore, il luogo santo in cui l’orante vuole “abitare” per sempre e a cui anche vuole “ritornare”.

Le immagini di questo Salmo, ha aggiunto il Papa “hanno accompagnato tutta la storia e l’esperienza religiosa del popolo di Israele”, ma “è nel Signore Gesù che tutta la forza evocativa del nostro Salmo giunge a completezza, trova la sua pienezza di significato: Gesù è il ‘Buon Pastore’ che va in cerca della pecora smarrita, che conosce le sue pecore e dà la vita per loro, egli è la via, il giusto cammino che ci porta alla vita, la luce che illumina la valle oscura e vince ogni nostra paura. È l’ospite generoso che ci accoglie e ci mette in salvo dai nemici preparandoci la mensa del suo corpo e del suo sangue e quella definitiva del banchetto messianico nel Cielo”.
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