29/06/2021, 12.18
VATICANO
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Papa: la Chiesa è credibile solo se è libera da paure, ipocrisia e potere

Dopo l’Angelus Francesco ha ricordato che dopodomani ci sarà in Vaticano la giornata per il Libano e ha invitato a pregare perché il Paese possa “superare la grave crisi che sta traversando”. Un invito alla preghiera, infine, per papa Benedetto che oggi festeggia 70 anni di sacerdozio.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile”, ed è una libertà che le viene da Gesù, è “una Chiesa debole, ma forte della presenza di Dio”; “una Chiesa liberata che può offrire al mondo quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo”.

La celebrazione della festa dei santi Pietro e Paolo è, in certo senso, la celebrazione della Chiesa cattolica. E’ il giorno nel quale gli arcivescovi ricevono il pallio, segno di dignità e di fedeltà al successore di Pietro, è il giorno nel quale dal Patriarcato ecumenico viene mandata una delegazione per partecipare alla messa solenne nella basilica di San Pietro per i santi patroni di Roma, è il giorno nel quale la statua di san Pietro viene rivestita degli abiti pontificali e al papa si canta “tu es Petrus”.

Pietro e Paolo sono, nelle parole di Francesco, “due colonne portanti della Chiesa”, “due testimoni della fede”, ma “al centro della loro storia non c’è la loro bravura, ma l’incontro con Cristo che ha cambiato la loro vita. Hanno fatto l’esperienza di un amore che li ha guariti e liberati e, per questo, sono diventati apostoli e ministri di liberazione per gli altri. Pietro e Paolo sono liberi solo perché sono stati liberati”.

I due apostoli, ha detto a qualche migliaio di persone presenti in piazza san Pietro per la recita dell’Angelus, “non sono stati ammiratori, ma imitatori di Gesù. Non sono stati spettatori, ma protagonisti del Vangelo. Non hanno creduto a parole, ma coi fatti. Pietro non ha parlato di missione, ha vissuto la missione, è stato pescatore di uomini; Paolo non ha scritto libri colti, ma lettere vissute, mentre viaggiava e testimoniava. Entrambi hanno speso la vita per il Signore e per i fratelli”. Al tempo stesso “ci provocano”, chiedendoci di metterci in gioco. “Quante volte, ad esempio, diciamo che vorremmo una Chiesa più fedele al Vangelo, più vicina alla gente, più profetica e missionaria, ma poi, nel concreto, non facciamo nulla! È triste vedere che tanti parlano, commentano e dibattono, ma pochi testimoniano. I testimoni non si perdono in parole, ma portano frutto. Non si lamentano degli altri e del mondo, ma cominciano da sé stessi. Ci ricordano che Dio non va dimostrato, ma mostrato; non annunciato con proclami, ma testimoniato con l’esempio”.

“Come Pietro – aveva detto all’omelia -  siamo chiamati a essere liberi dal senso della sconfitta dinanzi alla nostra pesca talvolta fallimentare; a essere liberi dalla paura che ci immobilizza e ci rende timorosi, chiudendoci nelle nostre sicurezze e togliendoci il coraggio della profezia. Come Paolo, siamo chiamati a essere liberi dalle ipocrisie dell’esteriorità; a essere liberi dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio; liberi da un’osservanza religiosa che ci rende rigidi e inflessibili; liberi dai legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati”.

Pietro è stato “amato gratuitamente” da Gesù che “ha scommesso su di lui. Lo ha incoraggiato a non arrendersi, a gettare ancora le reti in mare, a camminare sulle acque, a guardare con coraggio alla propria debolezza, a seguirlo sulla via della Croce, a dare la vita per i fratelli, a pascere le sue pecore. Così lo ha liberato dalla paura, dai calcoli basati sulle sole sicurezze umane, dalle preoccupazioni mondane, infondendogli il coraggio di rischiare tutto e la gioia di sentirsi pescatore di uomini. Ha chiamato proprio lui a confermare nella fede i fratelli (cfr Lc 22,32). A lui ha dato le chiavi per aprire le porte che conducono all’incontro con il Signore e il potere di legare e sciogliere: legare i fratelli a Cristo e sciogliere i nodi e le catene della loro vita (cfr Mt 16,19)”. Tutto ciò è stato possibile solo perché “Pietro per primo è stato liberato”.

Anche Paolo è stato liberato. “E’ stato liberato dalla schiavitù più opprimente, quella del suo io” è stato liberato “anche dallo zelo religioso che lo aveva reso accanito nel sostenere le tradizioni ricevute (cfr Gal 1,14) e violento nel perseguitare i cristiani. L’osservanza formale della religione e la difesa a spada tratta della tradizione, invece che aprirlo all’amore di Dio e dei fratelli, lo avevano irrigidito. Era un fondamentalista. Da questo Dio lo liberò; e, invece, non gli risparmiò tante debolezze e difficoltà che resero più feconda la sua missione evangelizzatrice: le fatiche dell’apostolato, l’infermità fisica (cfr Gal 4,13-14); le violenze e le persecuzioni, i naufragi, la fame e la sete”.

“Toccati dal Signore, anche noi veniamo liberati. E abbiamo sempre bisogno di venire liberati, perché solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile. Come Pietro, siamo chiamati a essere liberi dal senso della sconfitta dinanzi alla nostra pesca talvolta fallimentare; a essere liberi dalla paura che ci immobilizza e ci rende timorosi, chiudendoci nelle nostre sicurezze e togliendoci il coraggio della profezia. Come Paolo, siamo chiamati a essere liberi dalle ipocrisie dell’esteriorità; a essere liberi dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio; liberi da un’osservanza religiosa che ci rende rigidi e inflessibili; liberi dai legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati”.

“Chiediamoci: le nostre città, le nostre società, il nostro mondo, quanto hanno bisogno di liberazione? Quante catene vanno spezzate e quante porte sbarrate devono essere aperte! Noi possiamo essere collaboratori di questa liberazione, ma solo se per primi ci lasciamo liberare dalla novità di Gesù e camminiamo nella libertà dello Spirito Santo”.

Dopo la recita della preghiera mariana Francesco ha ricordato che dopodomani ci sarà in Vaticano la giornata per il Libano e ha invitato a pregare perché il Paese possa “superare la grave crisi che sta traversando”. Un invito alla preghiera, infine, per papa Benedetto che oggi festeggia 70 anni di sacerdozio.

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