06/05/2021, 12.36
VATICANO
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Papa: le frontiere non siano muri, ma luoghi di incontro

Messaggio di Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. “I fedeli cattolici sono chiamati a impegnarsi, ciascuno a partire dalla comunità in cui vive, affinché la Chiesa diventi sempre più inclusiva”. “Il futuro delle nostre società è un futuro ‘a colori’, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Le frontiere non siano più muri, ma “luoghi privilegiati di incontro” tra tutti i componenti di una società “a colori”, capace di “sognare insieme” per costruire il futuro comune attraverso una sviluppo “più sostenibile, equilibrato e inclusivo”. Lo chiede papa Francesco al mondo nel suo messaggio per la 107ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato - che sarà celebrata domenica 26 settembre 2021 - intitolato “Verso un noi sempre più grande”, reso pubblico oggi.

Il titolo scelto per il messaggio, ha spiegato durante la presentazione del documento padre Fabio Baggio, C.S., sotto-segretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, è “un appello a far sì che «alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma solo un ‘noi’» (Fratelli tutti, 35). E questo ‘noi’ universale deve diventare realtà innanzitutto all’interno della Chiesa, la quale è chiamata a fare comunione nella diversità”.

“È un invito rivolto a tutti, perché ci impegniamo a restaurare la nostra famiglia umana”. Così il Papa, nel video sulla prossima Giornata, proiettato per la prima volta oggi in Sala stampa vaticana in occasione della presentazione del messaggio. “Siamo come tanti granelli di sabbia, tutti diversi e unici ma che insieme possono formare una spiaggia bellissima, una vera opera d’arte”.

Il “noi”, scrive Francesco, è quello del progetto creativo di Dio che “ci ha creati maschio e femmina, esseri diversi e complementari per formare insieme un noi destinato a diventare sempre più grande con il moltiplicarsi delle generazioni”.

“Il tempo presente, però, ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato. E questo si verifica specialmente nei momenti di maggiore crisi, come ora per la pandemia. I nazionalismi chiusi e aggressivi (cfr Fratelli tutti, 11) e l’individualismo radicale (cfr ibid., 105) sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa. E il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali”.

“In realtà, siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità”.

Di qui un duplice appello. Ai credenti il Papa chiede di impegnarsi per rendere la Chiesa sempre più cattolica, a “tutti gli uomini e le donne del mondo” di trasformare i muri in ponti.

“I fedeli cattolici sono chiamati a impegnarsi, ciascuno a partire dalla comunità in cui vive, affinché la Chiesa diventi sempre più inclusiva”. “Oggi la Chiesa è chiamata a uscire per le strade delle periferie esistenziali per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito, senza pregiudizi o paure, senza proselitismo, ma pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti. Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta, ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza. «I flussi migratori contemporanei costituiscono una nuova ‘frontiera’ missionaria, un’occasione privilegiata di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo senza muoversi dal proprio ambiente, di testimoniare concretamente la fede cristiana nella carità e nel profondo rispetto per altre espressioni religiose. L’incontro con migranti e rifugiati di altre confessioni e religioni è un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso sincero e arricchente» (Discorso ai Direttori Nazionali della Pastorale per i Migranti, 22 settembre 2017)”.

A tutti gli uomini e le donne del mondo l’appello è “a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso. Il futuro delle nostre società è un futuro ‘a colori’, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme, in armonia e pace”.

“Ma per raggiungere questo ideale dobbiamo impegnarci tutti per abbattere i muri che ci separano e costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi. In questa prospettiva, le migrazioni contemporanee ci offrono l’opportunità di superare le nostre paure per lasciarci arricchire dalla diversità del dono di ciascuno. Allora, se lo vogliamo, possiamo trasformare le frontiere in luoghi privilegiati di incontro, dove può fiorire il miracolo di un noi sempre più grande. A tutti gli uomini e le donne del mondo chiedo di impiegare bene i doni che il Signore ci ha affidato per conservare e rendere ancora più bella la sua creazione”

E se siamo chiamati a “sognare insieme” come “compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra Casa comune, tutti sorelle e fratelli”, non dimentichiamo che “Il Signore ci chiederà conto del nostro operato!”. (FP)

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