14/05/2013, 00.00
RUSSIA – CINA
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Patriarca Kirill in Cina chiede riconoscimento ortodossia, ma tace su libertà religiosa

di Nina Achmatova
In Russia, commentatori e analisti s’interrogano sul significato della missione del leader ortodosso nella Repubblica popolare. Per alcuni si tratta di un tassello nella politica estera del Cremlino, volta a rinforzare la rinnovata alleanza geopolitica con la Cina. Per altri, l’obiettivo è solo pastorale: la Chiesa ortodossa ha bisogno di una completa ristrutturazione.

Mosca (AsiaNews) - "E' accettabile, da un punto di vista morale, chiedere il riconoscimento ufficiale in Cina del cristianesimo ortodosso e tacere sulle migliaia di vittime della persecuzione religiosa in questo Paese?". E' una delle domande più ricorrenti, in questi giorni, su siti internet e blog d'informazione religiosa in Russia, dove si sta seguendo la "storica" visita del Patriarca di Mosca, Kirill, nella Repubblica popolare, che si chiuderà il 15 maggio. Il leader dei russo-ortodossi ha già visto il presidente cinese Xi Jinping e ha avuto incontri con i capi delle comunità cristiane locali e i responsabili del Dipartimento cinese degli affari religiosi. Ha auspicato che Pechino conceda all'ortodossia (dopo cattolicesimo, cristianesimo, islam, buddhismo e taoismo) lo status di "religione riconosciuta" dal governo. Ma non ha detto una parola sulla difficile situazione delle libertà religiosa nel Paese. Anzi, ha riconosciuto come interlocutori, proprio le istituzioni che di questa politica repressiva sono responsabili, invitandoli a unire gli sforzi per "rafforzare i valori morali nel mondo".

Nessuno si aspettava qualcosa di diverso. Per molti commentatori, la visita di Kirill ha un carattere più politico-diplomatico, che pastorale. E i toni non potevano essere che di apertura e accondiscendenza. Si tratta pur sempre di quella che lo stesso Xi ha definito la "prima visita di un capo della Chiesa russo-ortodossa e di un leader religioso russo". La missione del Patriarca segue un altro "storico" evento: la visita, a marzo, del neoeletto presidente cinese a Mosca, meta del suo primo viaggio all'estero e chiaro segnale di una rinnovata volontà di rafforzare i rapporti bilaterali tra i due vicini. E di cementare un'alleanza geopolitica, che trova il suo perno nel comune obiettivo di contenere l'influenza americana, nella regione dell'Asia-Pacifico. In quest'ottica, una presenza più strutturata dell'ortodossia obbediente a Mosca - secondo alcuni analisti - rappresenterebbe per Pechino anche la possibilità di formare una sorta di "visibile contrapposizione spirituale" al cristianesimo occidentale, associato tradizionalmente a Vaticano e Stati Uniti.

La Chiesa russo-ortodossa, inoltre, potrebbe rappresentare anche un "intermediario" utile - fanno notare altri - nel dialogo col Cremlino. A Pechino riconoscono nel Patriarcato di Mosca un attore importante attore nell'attuale politica estera russa, con strette connessioni alle stanze del potere. Lo stesso Xi ha invitato Kirill a "giocare un ruolo maggiore" nella cementificazione del rapporto tra le due nazioni.

I commentatori russi sono divisi. Per il direttore della radio Kommersant, Konstantin Von Eggert, la visita del Patriarca in Cina "ha indubbiamente un significato politico". "Alla base - sottolinea l'editorialista, parlando con AsiaNews - vi è il concetto di Russkij Mir (Mondo russo): il rafforzamento, cioè, della presenza del popolo e della cultura russi nel mondo". "Si tratta di vero e proprio 'soft power' - aggiunge - tutti gli interventi del Patriarca all'estero suonano più come azioni di propaganda politica, che non iniziative di carattere spirituale e pastorale".

Anche per Andrei Zolotov - direttore del sito d'informazione Russia Profile ed esperto di questioni religiose - Chiesa e Stato in Russia promuovono una politica estera spesso concordata. A suo dire, però, il Patriarcato rimane un'istituzione indipendente. "A volte le priorità dello Stato coincidono con quelle della Chiesa. Altre volte - ammette - è la Chiesa a influenzare lo Stato, come nel caso dell'inclusione nell'agenda politica di temi come la lotta alla 'cristianofobia' e alla persecuzione dei cristiani". Nonostante ciò - aggiunge l'esperto, contattato da AsiaNews - la visita di Kirill in Cina "ha un significato molto più spirituale, che politico". "La Chiesa ortodossa in quel Paese ha problemi enormi - spiega - la gerarchia ecclesiastica va completamente ricostituita". Da cinquanta anni mancano vescovi, preti e parrocchie. A suo dire, la presenza di Kirill in Cina (che ha celebrato la divina liturgia a Pechino, nella cappella dell'ambasciata russa e a Harbin, dove si concentra la comunità ortodossa) sarà di sollievo e aiuto ai fedeli cinesi (circa 15mila). Secondo Zolotov, di particolare significato sarà la visita del Patriarca alla chiesa di Shanghai. Qui ha operato San Giovanni di Shanghai e San Francisco, uno dei santi ortodossi del XX secolo più venerati.  

 

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