Patriarca Pizzaballa: accordo a Gaza ‘nuovo inizio’, pensare ‘a come ricostruire’
Attesa la ratifica ufficiale dopo la riunione del governo israeliano. In una nota il primate latino di Gerusalemme parla di “una prima fase” che rappresenta però una “buona notizia”. P. Romanelli invoca una “pace giusta e permanente”. Raggiunto il consenso sulla liberazione dei prigionieri e il ritiro delle truppe, restano ancora nodi irrisolti da definire nelle fasi successive.
Gerusalemme (AsiaNews) - “È un primo passo, una prima fase” pur rappresentando certamente una “buona notizia” che rende “molto felici”. È quanto scrive il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, commentando l’annuncio nella notte del presidente Usa Donald Trump del raggiungimento dell’accordo di pace a Gaza - quantomeno della prima fase - fra Israele e Hamas. Un via libera raggiunto in queste ore dai mediatori dei due fronti riuniti a Sharm el-Sheik, in Egitto. Oggi pomeriggio è atteso il via libera del governo israeliano dopo la riunione del gabinetto di sicurezza, cui dovrebbe seguire la firma ufficiale di una tregua a lungo sospirata dalla popolazione della Striscia, che ha festeggiato in queste ore pur continuando i bombardamenti. Felicità e soddisfazione anche dai parenti degli ostaggi israeliani, che saranno liberati entro i tre giorni successivi all’ufficializzazione della tregua e l’avvio del ritiro delle truppe con la stella di David.
Il primate latino molto si è speso in questi due anni per la fine del conflitto a Gaza e il ritorno degli ostaggi nelle mani di Hamas dall’attacco a Israele del 7 ottobre 2023. Il porporato ha più volte condannato la barbarie compiuta dal movimento estremista che controlla la Striscia, pur invocando la fine della guerra e l’eccidio di una popolazione ridotta alla fame e allo stremo. E non ha mancato di visitare personalmente - nelle due occasioni in cui il governo israeliano lo ha permesso - la parrocchia di Gaza, anch’essa colpita dai missili, e portare aiuti umanitari e beni di prima necessità.
Rinnovando l’invito alla giornata di preghiera per la pace indetta da papa Leone XIV per l’11 ottobre il porporato avverte che “naturalmente ve ne saranno altri [di passi], e certamente sorgeranno altri ostacoli. Ma ora dobbiamo gioire di questo passo importante che porterà un po’ più di fiducia per il futuro e anche nuova speranza, specialmente per i popoli, sia israeliano che palestinese”. Il cardinale scorge “qualcosa di nuovo e di diverso” e una “nuova atmosfera” per i negoziati, sebbene “la vita dentro Gaza resterà terribile ancora per molto tempo”. “Speriamo - conclude - che questo sia solo l’inizio di una nuova fase in cui possiamo, poco a poco, iniziare a pensare non più alla guerra, ma a come ricostruire”. Prioritario il soccorso umanitario e l’ingresso incondizionato di aiuti sufficienti per la popolazione sofferente, accompagnato da un cammino di guarigione e di riconciliazione tanto per i palestinesi quanto per gli israeliani.
Fra le prime reazioni all’annuncio dell’accordo si registra quella di p. Gabriel Romanelli, il parroco della chiesa latina della Sacra Famiglia a Gaza, che ha condiviso con i fedeli e le centinaia di persone ospiti della Chiesa le sofferenze e le atrocità del conflitto. In una nota sui social il sacerdote argentino del Verbo Incarnato auspica una “pace giusta e permanente a Gaza”, mentre la vita della comunità continua a scorrere come ogni giorno con la celebrazione della messa, il Rosario e la recita dei salmi. Oggi, in particolare, p. Romanelli cita il Salmo 115 che afferma: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia”. Un richiamo alla preghiera e al ringraziamento a Dio, perché sia fonte di “misericordia” e di “giustizia” tanto invocate e attese nella Striscia come in tutta la Terra Santa.
Secondo le prima informazioni, l’accordo raggiunto da Israele e Hamas mediato dal presidente Usa Donald Trump - o almeno la sua prima fase, perché i passi successivi restano incerti - dovrebbe prevedere: il rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas, in cambio della liberazione di 1950 prigionieri palestinesi (di cui 1700 arrestate dall’inizio della guerra), ma sembrerebbe escluso il più famoso e controverso, Marwan Barghouti. A questo si accompagna il parziale ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, con la riapertura del valico di Rafah su entrambi i lati. Lo scambio dei prigionieri dovrebbe avvenire entro 72 ore dalla firma, ma secondo alcune fonti potrebbe essere finalizzato già entro domenica 12 ottobre.
Previsto inoltre, entro i primi cinque giorni, l’ingresso giornaliero a Gaza di almeno 400 camion di aiuti umanitari. Sempre oggi alle 14 ora di Gerusalemme si riunisce il governo israeliano per votare il piano di pace, già formalmente approvato dopo il via libera del primo ministro Benjamin Netanyahu, dal quale dovrebbe emergere anche la lista ufficiale dei prigionieri palestinesi. Di contro, non risultano ulteriori informazioni sulla forza di stabilizzazione che sarà chiamata a garantire il cessate il fuoco nella Striscia e la stabilizzazione dell’area, oltre a supervisionare il disarmo di Hamas. Una questione tutt’altro che secondaria e che giustifica forse l’approccio volto alla cautela e l’assoluto riserbo tenuto dalle parti coinvolte nelle trattative, parte di una “strategia complessiva” invocata di recente ad AsiaNews da Bernard Sabella per una vera pace nella regione.
In questa fase non mancano le voci critiche dell’accordo nella fazione ultra-religiosa e radicale del governo israeliano, a partire dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich che parla di emozioni “contrastanti”. Da un lato la “gioia” per il ritorno dei prigionieri dopo oltre due anni, cui si affianca la “grande paura” per lo “svuotamento” delle prigioni [israeliane] e il “rilascio della prossima generazione di leader del terrore”. A chiusura della nota, il leader pro-colonie avverte che non bisogna tornare “alla via di Oslo” e alle “idee sbagliate del 6 ottobre”.
Di tenore completamente diverso le parole del segretario generale Onu Antonio Guterres che, in una notam, accoglie “con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia - conclude - nel mediare questa svolta disperatamente necessaria. Esorto tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo”. In queste ore le Nazioni Unite hanno diffuso un rapporto aggiornato delle devastazioni a Gaza City, in cui l’83% delle strutture è andato distrutto e 81mila unità abitative danneggiate. Soddisfazione viene espressa anche dal presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, che esprima “la speranza che questi sforzi serviranno come preludio per raggiungere una soluzione politica sostenibile”. L’obiettivo, aggiunge, resta “la fine dell’occupazione israeliana” e la creazione di “uno Stato palestinese lungo i confini del 4 giugno 1967”. Un ringraziamento, infine, viene espresso al presidente Usa Trump che dovrebbe volare in Egitto per officiare la firma ufficiale dell’accordo di pace e poi, raccogliendo l’invito di Netanyahu, tenere un discorso alla Knesset.
(Foto pubblicate oggi sulla pagina Facebook di p. Romanelli)
20/02/2025 15:16