11/05/2020, 11.37
CINA
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Pechino, Wang Quanzhang sfida i giudici che lo hanno imprigionato

L’avvocato per i diritti umani ricorre contro la sua condanna a più di quattro anni per “sovversione contro lo Stato”. Per Wang, il tribunale ha violato il codice di procedure penale. Egli ha finito di scontare la pena il 5 aprile. Il suo avvocato: ha subito torture in prigione. Poche chance di ottenere giustizia.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’avvocato per i diritti umani Wang Quanzhang vuole ricorrere in giudizio contro la sua condanna a più di quattro anni di prigione per “sovversione contro lo Stato”. Il 5 aprile, egli ha finito di scontare la sua pena in una prigione dello Shandong, ma ha potuto raggiungere la sua famiglia a Pechino solo il 27 aprile, dopo due settimane di quarantena per il coronavirus e un’ulteriore fermo di sette giorni.

Wang era stato arrestato nel 2015 in un’operazione di sicurezza denominata “709” (in quanto cominciata il 9 luglio di quell’anno), che aveva colpito altri 300 colleghi – fra essi anche alcuni cristiani protestanti e cattolici. Molti di loro sono stati processati e poi condannati; diversi hanno “confessato” in video le loro colpe; altri sono usciti dalla prigione molto provati dal punto di vista fisico e psicologico, a causa delle torture subite.

Wang si è sempre dichiarato innocente, e non ha mai voluto parlare del trattamento subito in carcere. Il suo avvocato, Cheng Hai, ha raccontato di torture subite durante i primi cinque mesi di detenzione: interrogatori che duravano giorno e notte in stanze prive di luce; percosse; obbligo di mantenere determinate posizioni per ore; privazione del cibo; versamento di acqua congelata sul collo.

Quella di Wang è una sfida al regime, dato che le corti cinesi non sono indipendenti e rispondono al potere del Partito comunista. Egli sostiene che le autorità hanno violato il codice di procedura penale, imprigionandolo per oltre tre anni senza processo e negandogli assistenza legale durante le udienze.

Formalmente, Wang è stato condannato per due illeciti civili, compiuti mentre difendeva alcuni seguaci del Falun Gong (movimento spirituale fuorilegge in Cina). Ma egli aveva già scontato una pena amministrativa per questi fatti nel 2013 e nel 2014. Secondo Cheng, Wang non aveva commesso alcun reato e comunque non poteva essere punito due volte per lo stesso reato.

“Per anni ho lottato perché ai miei clienti fosse garantito un giusto processo. Ora dimostrerò come può essere ribaltata una sentenza ingiusta, facendo in modo che i responsabili rispondano delle loro violazioni”, ha raccontato Wang al South China Morning Post.

Oltre ai fedeli del Falun Gong, Wang è salito alla ribalta per aver difeso attivisti politici (tra cui esponenti del Movimento dei nuovi cittadini), comunità cristiane sotterranee  e contadini vittime di espropri ritenuti illegali.

Malgrado la sua riconosciuta abilità, la maggior parte degli osservatori è convinta che egli non otterrà alcuna revisione del processo. Il suo sarà un atto di resistenza politica, dal valore altamente simbolico. Nel migliore dei casi, potrebbe aiutare a rendere pubblico quanto da lui patito in questi anni.

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