23/11/2021, 13.02
CINA-TAIWAN
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Pechino contro le aziende taiwanesi pro-indipendenza di Taipei

Le compagnie di Taiwan che finanziano gruppi e personalità separatisti saranno puniti “secondo la legge”, afferma il governo cinese. Nel mirino quelle presenti in Cina. La multinazionale taiwanese Far Eastern Group sembra la prima vittima. Tensione alta: navi da guerra Usa continuano a passare nello Stretto di Taiwan.

Pechino (AsiaNews) – La battaglia della Cina comunista contro gli “irriducibili secessionisti” di Taiwan sembra allargarsi alle imprese dell’isola che operano nel territorio cinese. Ieri sera l’Ufficio cinese per gli affari di Taiwan ha dichiarato che le aziende legate ai sostenitori dell’indipendenza di  Taipei, compresi i loro finanziatori, saranno “puniti secondo la legge”.

L’affermazione della portavoce Zhu Fenglian è una risposta indiretta a una domanda precisa della stampa: se le recenti multe comminate a un grande conglomerato taiwanese per una serie di violazioni compiute in Cina erano collegate alla lista nera di personalità taiwanesi accusate di separatismo. Il governo cinese ha reso noto l’elenco a inizio novembre: chi ne fa parte non può entrare in Cina, anche attraverso Hong Kong e Macao. Tra le figure di Taipei sanzionate vi sono  il premier Su Tseng-chang, il ministro degli Esteri Joseph Wu e il presidente dello Yuan legislativo (il Parlamento dell’isola) You Si-kun.

La Cina considera Taiwan una “provincia ribelle”, e non ha mai escluso di riconquistarla con l’uso della forza. L’isola è di fatto indipendente da Pechino dal 1949; all’epoca i nazionalisti di Chiang Kai-shek vi hanno trovato rifugio dopo aver perso la guerra civile sul continente contro i comunisti, facendola diventare l’erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912.

Secondo un recente sondaggio commissionato dal Consiglio taiwanese per gli affari con la Cina, l’84,9% degli intervistati ha detto di volere il mantenimento dello “status quo”; l’1,6% guarda alla riunificazione con Pechino e il 6,8% è favorevole all’indipendenza. È da sottolineare che per la presidente taiwanese Tsai Ing-wen l’isola è già uno Stato indipendente.

Zhu ha precisato che Pechino “accoglie e sostiene” gli investimenti delle compagnie taiwanesi e “continuerà a proteggere i loro diritti”. La portavoce cinese ha aggiunto però che la Cina “non permetterà in ogni modo a chi promuove l’indipendenza [di Taipei] o distrugge le relazioni tra le due sponde dello Stretto di Taiwan di fare soldi nella madrepatria”.

Nel mirino di Pechino è finita la multinazionale taiwanese Far Eastern Group. Due sue sussidiare con attività a Shanghai, nel Jiangsu, Jiangxi, Hubei e Sichuan devono pagare sanzioni per un totale di 88,6 milioni di yuan (12,3 milioni di euro). Impegnate nel settore tessile e delle costruzioni, secondo le autorità cinesi Far Eastern New Century e Asia Cement hanno violato una serie di norme locali su ambiente, tasse, salute del personale, sfruttamento del suolo, sicurezza degli impianti norme antincendio.

Come riportano i media taiwanesi, dal 2012 Far Eastern Group ha fatto donazioni a politici taiwanesi di maggioranza e opposizione nelle elezioni presidenziali e legislative, compresi a quelli del fronte indipendentista. Il suo contributo è stato di 133,4 milioni di dollari taiwanesi (4,3 milioni di euro), risultando il primo finanziatore privato nell’arco di tempo considerato. Tra i beneficiari anche il premier Su per la sua campagna del 2018 alla carica di sindaco di New Taipei City.

Oltre alle pressioni economiche e politiche, da tempo la Cina ha intensificato le attività militari aeree e navali nei pressi dell’isola. Ieri una nave da guerra Usa ha effettuato il 10° passaggio da inizio anno nello stretto di Taiwan; per Pechino sarà un ulteriore motivo d’irritazione. Il 21 ottobre Joe Biden ha affermato che in caso di attacco dei cinesi gli Stati Uniti difenderanno Taipei: un’apparente presa di distanza dalla tradizionale “ambiguità strategica” osservata da Washington sull’eventuale risposta a un’aggressione cinese nei confronti di Taiwan.

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