Bangkok sospesa fra timori per le armi cinesi a Phnom Penh e rischi di escalation
Il Consiglio per la sicurezza nazionale definisce le linee guida per gestire la crisi al confine con la Cambogia. Resta la preoccupazione per il sostegno militare cinese a Phom Penh, anche se Pechino minimizza. Condannato all’ergastolo l’omicida di Lim Kimya, ex parlamentare cambogiano che si opponeva a Hun Sen. Ancora ignote le ragioni del gesto.
Bangkok (AsiaNews) - Dalla riunione di oggi del Consiglio per la sicurezza nazionale (National Security Council) thai sono uscite alcune direttive per la gestione della crisi al confine con la Cambogia iniziata in modo cruento alla fine dello scorso maggio: anzitutto la richiesta alla controparte cambogiana di accogliere le condizioni poste da Bangkok prima di qualunque altra iniziativa tra le parti; l’approvazione della costruzione di una barriera sul confine tra i due Paesi; la sorte dei cittadini cambogiani fermati dopo essere entrati in territorio thailandese senza permesso e di cui il governatore provinciale ha disposto l’espulsione entro il 10 ottobre.
La pressione dell’opinione pubblica sul governo guidato da Anutin Charnvirakul è crescente e da qui la necessità di azioni che siano moderate per non innescare un’escalation e, al tempo stesso, efficaci a soddisfare le esigenze di sicurezza nazionale. Con una doppia linea: quella internazionale, come indicato dalle dichiarazioni in sede di Assemblea generale Onu, e quella militare. Per questo ultimo punto, al temine dell’incontro di oggi del Consiglio, il primo ministro Anutin ha confermato l’appoggio dell’autorità civile ai militari e la preparazione al confronto armato, se necessario.
L’opera di definizione della controversie resta affidata al Comitato generale per la frontiera (General Border Committee) che per parte thailandese è guidato dal ministro della Difesa, generale Nathapol Nakphanit. In questo ambito in discussione è anzitutto il ritiro dei contingenti militari e dell’armamento pesante dalle regioni, limitate ma “sensibili” dove il confine tra i due Paesi non è stato ancora delimitato per accordo congiunto.
A complicare il quadro, negli ultimi giorni due elementi hanno contribuito a innescare un’escalation della tensione: il primo l’attesa per la decisione odierna del Tribunale penale di Bangkok che ha condannato all’ergastolo il cittadino thai che lo scorso gennaio ha assassinato in pieno giorno nella capitale Lim Kimya, un ex parlamentare del Partito nazionale per la salvezza della Cambogia (Cambodia National Rescue Party), opposto all’ “uomo forte” del Paese, Hun Sen. Dopo l’omicidio, Ekkalak Pheanoi, che ha avuto il supporto di due cittadini cambogiani, era fuggito in Cambogia da cui è stato poi estradato. L’iniziale condanna a morte è stata ridotta al carcere a vita per la collaborazione dimostrata dall’imputato, anche se restano oscure le ragioni del gesto, fra vendetta personale o esecuzione su commissione.
Più rilevanti invece le reazioni alle notizie circolate sul possibile sostegno militare cinese alla Cambogia anche al culmine delle tensioni fra i due Paesi nei mesi scorsi che hanno provocato decine di morti e 300mila sfollati sui due lati del confine. Il ministro thai degli Esteri Sihasak Phuangketkeow ha cercato oggi di ridimensionare le notizie che hanno sollevato preoccupazione nell’opinione pubblica e richieste di chiarimento da varie parti politiche, dichiarando che l’eventuale fornitura di armamenti a una nazione con cui Pechino ha rapporti molto stretti rientrerebbe in normali pratiche commerciali e “non significherebbe che assistano la Cambogia nell’invadere la Thailandia”. Da parte sua Pechino, attraverso la sua ambasciata a Bangkok ha negato validità a rapporti - incluso quello del New York Times - che suggerivano l’uso di razzi cinesi in manovre precedenti gli scontri di luglio, che avrebbero in qualche modo galvanizzato i cambogiani spingendoli all’azione.