Hasina (in esilio) condannata a morte, lo spettro della violenza politica sulle elezioni
Un tribunale di Dhaka per i crimini di guerra ha condannato l’ex prima ministra per “crimini contro l’umanità” legati alla repressione delle proteste studentesche del luglio 2024. La capitale è stata blindata con esercito e polizia, mentre in città sono esplosi scontri e proteste. Dall’esilio in India, Hasina definisce il verdetto “politicamente motivato” mentre il figlio Sajeeb Wazed minaccia il boicottaggio delle elezioni di febbraio se non sarà revocato il bando sull’Awami League.
Dhaka (AsiaNews) – L’ex prima ministra del Bangladesh Sheikh Hasina è stata condannata a morte da un tribunale locale per “crimini contro l’umanità” commessi durante le rivolte anti-governative di luglio dello scorso anno. La sentenza è stata annunciata oggi, 17 novembre, da un collegio di tre giudici presieduto da Md. Golam Mortuza Majumder. Le autorità di Dhaka hanno predisposto un perimetro di sicurezza nelle ore precedenti la sentenza, con l’impiego dell’esercito e della polizia per sedare gli scontri. Alcuni studenti all’università di Dhaka hanno festeggiato distribuendo dolci dopo l’annuncio.
Il verdetto è stato emesso dal Tribunale per i crimini di guerra, un tribunale speciale istituito a Dhaka nel 2010 (per ironia della sorte) dalla stessa Hasina per processare i crimini di guerra commessi nella guerra per l'indipendenza (o di liberazione) del Bangladesh del 1971. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno criticato il tribunale per la mancanza di imparzialità e sollevato diversi dubbi sulla trasparenza del processo.
Secondo la sentenza l’ex premier, leader dell’Awami League, ha impartito ordini contro i manifestanti che risultano essere crimini di guerra, anche se la fattispecie di questo reato viene giudicata dalla Corte penale internazionale, e non dai tribunali nazionali. Le stesse accuse sono state rivolte all’ex ministro dell’Interno Asaduzzaman Khan Kamal (che insieme ad Hasina si trova in India) e all’ex ispettore generale della polizia, Chowdhury Abdullah Al-Mamun, unico imputato che oggi era presente in aula.
Il primo capo d’accusa afferma che Sheikh Hasina, il 14 luglio, aveva “incitato lo Stato e le forze alleate”. Secondo il tribunale, Asaduzzaman Khan Kamal e Chowdhury Abdullah Al Mamun, in qualità di “comandanti superiori”, hanno poi ordinato alle forze di sicurezza di attaccare i manifestanti, commettendo “crimini contro l’umanità come uccisioni sistematiche, tentativi di omicidio, torture e altri atti disumani su larga scala”, e tutto ciò - hanno aggiunto i giudici - “è stato compiuto con la consapevolezza degli imputati”.
Il secondo capo d’accusa afferma che Sheikh Hasina “ha ordinato l’uccisione e l’eliminazione dei manifestanti utilizzando elicotteri, droni e armi letali contro la folla studentesca”. Il terzo capo d’accusa sostiene che i membri del precedente governo e “terroristi armati dell’Awami League sotto il loro controllo” hanno effettuato “un attacco sistematico contro studenti innocenti e disarmati e contro la popolazione civile”. Come parte di questa operazione, il 16 luglio la polizia “ha ucciso brutalmente Abu Sayeed, uno studente della Begum Rokeya University di Rangpur, sparandogli più volte”. In seguito, “il suo referto autoptico è stato modificato quattro volte”.
Secondo le stime delle Nazioni unite, nei disordini dello scorso anno sono morte almeno 1.400 persone e che migliaia sono rimaste ferite tra il 14 luglio e il 5 agosto dello scorso anno, data che ha segnato la fuga della Hasina dal Bangladesh. L’Onu ha descritto gli eventi come “la peggiore violenza politica in Bangladesh dal 1971”.
Il verdetto ha provocato scontri nella capitale, Dhaka. Hasina, dall’India, ha definito la sentenza “di parte e politicamente motivata”, mentre la pena di morte, secondo lei è un tentativo di “annullare la Lega Awami come forza politica”. Dopo l’istituzione di un governo tecnico guidato da Muhammad Yunus (che ha definito la sentenza “storica”, richiamando i cittadini alla calma), le opposizioni hanno chiesto l’esclusione della Lega Awami dalle prossime elezioni, che si dovrebbero tenere a febbraio del prossimo anno.
Sajeeb Wazed Joy, figlio di Sheikh Hasina, ha minacciato di boicottare le votazioni “se il divieto sull’Awami League non verrà revocato”, aggiungendo che “il movimento potrebbe diventare violento se la situazione dovesse peggiorare”. Joy ha fatto queste dichiarazioni in un’intervista di ieri 16 novembre alla Reuters.
Anche Joy vive in esilio a New Delhi dall’agosto 2024. Ha dichiarato che l’India gli sta fornendo piena protezione e che “lo sta trattando come un capo di Stato”. E poi ha aggiunto: “Sappiamo esattamente cosa accadrà con il verdetto. Lo trasmetteranno in diretta. La condanneranno e forse le daranno anche la pena di morte.” E ha ribadito le intenzioni a prendere parte alle prossime elezioni: “Non permetteremo elezioni senza l’Awami League. Il nostro movimento diventerà più forte e faremo tutto ciò che è necessario fare. Se la comunità internazionale non farà qualcosa, alla fine ci sarà violenza in Bangladesh prima delle elezioni”.
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