06/07/2022, 12.07
MEDIO ORIENTE
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Per gli arabi la democrazia ‘indebolisce’ l’economia, il modello è quello cinese

Sono i risultati emersi da una inchiesta condotta fra fine 2021 e primi mesi del 2022 da Arab Barometer in sette nazioni arabe e nei Territori. La democrazia per la maggioranza non garantisce stabilità e sviluppo. Sempre più persone “frustrate” dalle condizioni di vita, la situazione peggiore in Libano. 

Beirut (AsiaNews) - Gli arabi stanno perdendo sempre più fiducia nel sistema democratico, quale fattore primario ed essenziale per garantire stabilità economica e sviluppo nel Medio oriente e Nord Africa. È quanto emerge da una inchiesta commissionata dalla sezione araba della Bbc agli esperti di Arab Barometer (legata alla Princeton Università e al Center for Political Studies), che ha interpellato quasi 23mila persone sparse per nove nazioni della regione e all’interno dei Territori palestinesi. La maggioranza ritiene che in una democrazia l’economia risulta essere “più debole”, a conferma di un sostanziale fallimento dei moti legati alla Primavera araba. 

Michael Robbins, direttore di Arab Barometer, fra i coordinatori dell’indagine che si è svolta fra la fine del 2021 e la primavera 2022, conferma che vi è stato un “notevole cambiamento” nelle opinioni sul valore della democrazia dall’ultima indagine 2018/19. “Vi è una crescente consapevolezza che la democrazia - sottolinea - non è una forma perfetta di governo” mentre aumenta il numero di persone “affamate, in cerca di pane, frustrate per il sistema in cui vivono”. 

In tutte le nazioni coinvolte dalla ricerca, oltre la metà dei rispondenti dice di preoccuparsi maggiormente della “efficacia” delle politiche governative più della forma di governo, che risulta essere meno importante. In sette nazioni e nei Territori palestinesi, più della metà ritiene che il proprio Paese abbia bisogno di un leader forte, autorevole e carismatico che sappia “piegare le regole” se questo serve per realizzare progetti e garantire lo sviluppo. 

La questione economica rappresenta la sfida più grande seguita da corruzione, instabilità politica e sociale e la pandemia di Covid-19. Solo in due nazioni l’economia non è una priorità o non rappresenta comunque il problema più critico: sono l’Iraq, dove i cittadini guardano con più preoccupazione alla corruzione, e la Libia dove l’elemento chiave è l’instabilità.

Almeno una persona su tre in ogni Paese interpellato afferma che, nell’ultimo anno, ha finito le scorte di cibo prima ancora di avere il denaro sufficiente per acquistarne dell’altro. La lotta per portare cibo in tavola è più sentita in Egitto e Mauritania, dove oltre il 65% degli interpellati afferma di essere spesso in condizioni di privazione o bisogno. L’inchiesta è stata elaborata in gran parte prima dell’invasione russa dell’Ucraina a febbraio, che ulteriormente esacerbato l’insicurezza alimentare in tutta la regione, soprattutto Egitto, Libia e Tunisia che si basano in gran parte sulle esportazioni di grano dall’area teatro del conflitto.

Gli esperti dedicano una sezione particolare al Libano, che risulta ultimo fra tutti i Paesi presi in esame con meno dell’1% dei rispondenti secondo cui la situazione economica attraversata al momento risulta essere “buona”. La Banca mondiale ha descritto la crisi economica attraversata da Beirut come “una delle più gravi” dalla metà del diciannovesimo secolo. Nel complesso la maggior parte delle persone non si aspetta che la situazione possa migliorare nei prossimi anni, con meno di un terzo dei rispondenti fiduciosi in una svolta in positivo nel prossimo triennio. Il futuro è “incerto”, conclude Robbins, e i cittadini della regione potrebbero essere indotti a cercare sistemi politici “alternativi” come il modello cinese, sistema autoritario e monopartitico, che agli occhi dei rispondenti avrebbe “portato fuori dalla povertà un numero enorme di persone”. Ed è questo “rapido sviluppo” che “molti stanno cercando”.

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